In questi giorni di grande ritorno dalla villeggiatura, e dopo la grande abbuffata dei festeggiamenti per San Giovanni Battista, riprende il dibattito sui centri storici di Ragusa. In molti citano a modello il corso di Modica, pieno di vita e movimento sia in inverno che in estate. La gente lì passeggia! A Ragusa sembra che ogni luogo sia sempre deserto. Dove sono tutti quanti?
Mi sono posta la stessa domanda tante volte e la mia riflessione è giunta ad una conclusione quasi matematica: Ragusa ha troppo, con poco più di 70.000 abitanti e numerosi centri di interesse. Si pensi ad una bella serata di primavera, quante sono le possibilità, senza uscire dal territorio comunale? Si può “scendere” a Ibla, oppure a Marina di Ragusa, restare in centro, oppure andare a Donnafugata. A questo aggiungi due centri commerciali, la sempre più ridotta capacità di spesa e l’indole del ragusano medio, sempre un po’ pantofolaio, e il gioco è fatto!
Questa sensazione di “vuoto” è diffusa: si lamentano gli esercenti di Ibla, quelli del centro storico e dei centri commerciali. E fuori stagione anche Marina si sente abbandonata.
Cosa può fare l’amministrazione per gestire il “passeggio” del ragusano? L’unico modo sarebbe dirigere il traffico pedonale: ma si potrebbe mai imporre “Oggi tutti a Ibla, domani in Via Roma”? Così posta, la questione appare ridicola e paradossale, come se non ci fossero problemi più importanti e significativi.
Ma in realtà, dietro alla questione si nasconde un bisogno di socialità e relazione, per fortuna ancor vivo nella comunità ragusana.
A soddisfare questa esigenza c’è la nostra città dei balocchi: Marina di Ragusa. Avendo vissuto per molti anni a Catania, e usato a lungo le mie vacanze per viaggiare anziché per villeggiare (finché i miei figli me lo hanno permesso), ho avuto modo di osservare in modo quasi antropologico le abitudini iblee e l’apparentemente illogica transumanza nella frazione balneare.
Perché “calari” a Marina è un rito irrinunciabile? Perché attrae anche chi fa pochi bagni? Credo, perché, per un periodo più o meno lungo, si viva in un ambiente urbano ideale, pianeggiante, dove si può andare in bicicletta e muoversi a piedi. Ma soprattutto si recupera la rete di relazioni che la vita in condominio o nella villetta rende difficile. Si incontra la compagna di scuola delle elementari, lo zio che ha cambiato quartiere o il collega di lavoro. I nonni possono godersi in modo più rilassato i nipotini, i giovani universitari ritornano dalle rispettive sedi e mantengono vive le relazioni di gruppo. Anche chi vive altrove da tempo ritrova la sua Ragusa. Nella mappa degli ombrelloni e delle postazioni di spiaggia, che mutano a seconda degli orari e delle fasce di età, si ritrova la rassicurante sensazione di essere comunità. Questo fa sì che il ragusano approvi incondizionatamente ogni euro speso “e Mazzaredi”. Generazioni di amministratori che si sono avvicendate hanno contribuito al risultato odierno: il mare come bene comune, fruibile da tutti; un lungomare democratico che ha imparzialmente contenuto dietro l’arenile sia le ville che i condomini; un sistema di piazze, da poco accresciuto dagli spazi del porto e dall’area fitness al limite orientale dell’abitato.
Un risultato non scontato, se paragonato agli scempi di tante borgate balneari, figlie di abusi e sanatorie. Nel cittadino ragusano, anche se spesso non in maniera consapevole, c’è l’orgoglio per Marina di Ragusa che identifica come la proiezione migliore della propria comunità e del senso civico che la contraddistingue.
È anche questo che lo porta a svenarsi per un appoggio estivo a Marina, che sia di proprietà o in locazione? Certo, ci sono anche sotterranee ragioni di status o ben razionali motivazioni di investimento immobiliare.
Ma se domani l’amministrazione realizzasse panchine refrigerate o prese per la ricarica dei cellulari sotto sabbia, pochi avrebbero da obiettare. Mentre invece si contestano gli investimenti per i percorsi nelle vallate o per la metropolitana di superficie: immaginare una città migliore ed a misura d’uomo non è necessario quando abbiamo già il nostro piccolo eden, anche se a tempo determinato! Invece, possiamo e dobbiamo credere nella possibilità di servizi pubblici efficienti, di spazi pubblici animati e di una vita di comunità anche in città. Se questi appartengono alla volontà collettiva diventano obiettivo prioritario dell’amministrazione, come lo sono sempre stati i servizi, le infrastrutture, e l’ordine di cui tutti godiamo a Marina di Ragusa.
Dopo aver lavorato nell’ambito della gestione dei beni culturali, da circa vent’anni insegna Italiano e Storia negli istituti superiori.
Ha anche insegnato Storia dell’Arte presso la Struttura Didattica Speciale di Lingue nella sede di Ragusa dell’Ateneo di Catania. Ora si dedica nel tempo libero all’Associazione Insieme in Città, che si occupa di Urbanistica Partecipata e cittadinanza attiva. Anima, con altre amiche, il gruppo di lettura L’ora dei Libri.
Dopo aver scritto saggi di Storia dell’Arte, storia dell’Architettura e di Urbanistica, da poco sta sperimentando la scrittura narrativa. Alcuni suoi racconti sono già stati pubblicati in raccolte edite localmente..
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