• So chi sei.
• Com’è possibile?
• Io sento.
• Sono venuta perché si parla tanto di te, ma sono scettica.
• Ti sbagli. Una grande forza ti ha condotto da me, tu hai solo seguito essa.
• Di che parli?
• Dell’amore.
• Credo che l’amore sia una convenzione tra uomini, un modo come un altro per catalogare le attività umane.
• È triste trovarsi di fronte una giovane donna che non crede nell’amore. Come vedi il tuo futuro?
• Non lo vedo, Non credo in esso. Vivo di attimi. Di oggi, adesso, in questo momento.
• Tutto ciò è fuorviante, figliuola.
• E perché mai?
• Perché vivi di attimi sterili, slegati tra essi. Tu non credi nel futuro perché lo temi. Cosa ti spaventa?
• Mi spaventa il giorno in cui dovrò sparire, in cui smetterò di respirare, mi spaventa sentire sparare.
• Non sarebbe meglio sperare?
• In cosa dovrei sperare? Viviamo in un mondo dove il denaro è padrone, dove l’apparenza è il più potente inganno di questo secolo, dove nascere al di là o al di qua di un mare decide le sorti della vita.
• L’ amore, la speranza, i giovani. Ecco ciò in cui bisogna sperare. In Senegal esiste un modo di dire “la persona che vive di speranza è preferibile a quella sazia”.
• Quindi meglio sperare che essere ricchi?
• Sperare aiuta a credere, ad avere fede, ad avere un’anima. Un uomo senza speranza non si può definire tale.
• Insegnami a sperare allora. Insegnalo a quelli come me, a una generazione disillusa, insegnalo a una donna che cammina sola di notte per strada, insegnalo a un bambino che non può alzarsi da una sedia a rotelle, insegnalo a chi per sopravvivere fugge dalla sua terra per ritrovarsi qui tra quattro invisibili mura di intolleranza ... Insegnaci come sperare che qualcosa in futuro potrà cambiare.
• Ascolta, gli esseri umani non sono perfetti né mai lo saranno. Non siamo la specie più forte del pianeta, né la più veloce e probabilmente neanche la più intelligente. L’unico vantaggio che abbiamo è la capacità di cooperare con gli altri, siamo capaci di compassione, di eroismo, di amore. Tutto ciò ci rende più forti, più veloci, più intelligenti. Ed è per questo che siamo sopravvissuti ed è per questo che vale la pena vivere.
• Eppure il male talvolta sembra avere il sopravvento.
• Non bisogna volgere lo sguardo solo al malvagio, al dolore, alle disgrazie, il rischio è quello di vivere “una profezia che si autoavvera”, di credere nel mondo che vogliamo vedere. Noi abbiamo l’obbligo morale di guardare insieme verso chi sacrifica sé stesso per salvare la vita altrui, chi combatte ogni giorno per garantire un mondo migliore alle future generazioni, chi fa del bene agli altri senza volere nulla in cambio. Ognuno di noi può fare qualcosa di concreto. Non dimenticare che la cooperazione, la comunità, l’amore, possono davvero cambiare il futuro.
• Ma…

Un’opulenta signora mi strattonava per svegliarmi, visto che l’autobus aveva raggiunto il capolinea. Una nube di polvere proveniente dal finestrino si confuse con quella dei miei pensieri. Avevo sognato? Eppure il ricordo era vivido! Frastornata scesi e, con la schiena dolorante per via degli urti subiti a causa di una strada tropicale, mi recai al mio alloggio. Un odore intenso di frittura e spezie permeava la mia stanza. Mi sedetti sul letto con la testata in legno noce intarsiato mogano quando fui attratta da una effigie. Un brivido lungo la schiena: il volto raffigurato era del santone con cui avevo parlato poche ore prima. Era lui, ne ero certa. Dopo una doccia per schiarire i pensieri mi ricongiunsi col mio gruppo per il tour safari. Esitante mostrai l’immagine di quel volto e chiesi chi fosse. Mi spiegarono che si trattava di una entità che appare in sogno a chi lo invoca ardentemente. Sbiancai in volto e negai di averlo sognato. In fila, mentre ero intenta ad agitare il ventaglio per allontanare quella calura che non mi dava tregua, un bambino dagli occhi infiniti mi disse una frase in swahili. Vedendomi perplessa, la guida tradusse: “Io lo sogno ogni notte, lui è come un padre per me. Mi insegna ad avere fiducia nel futuro e costruirlo giorno dopo giorno”. Gli sorrisi fingendo serenità mentre svagatamente riponevo il ventaglio in borsa perché non avevo più caldo.

Foto di Nicolae Baltatescu, Pixabay