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Da “Pensatori” a “Programmatori”

Antonio Barone 14 novembre 2023


È innegabile che, sia in un passato più o meno recente che nella società attuale, molti sono stati affascinati e moltissimi altri lo sono ancora dall’avvento di Internet, dal diffondersi della comunicazione digitale, dalla positiva efficacia che questi mezzi dimostrano nel "riprodurre" il reale, nel fornire informazioni, ormai a livello planetario; e per ultimo la creazione di una “intelligenza artificiale”.
Siamo ormai sempre più convinti che i mass media (radio, tv, giornali...) hanno la capacità di poter “plasmare” il pubblico; ed ancora, che tale mezzi siano neutrali rispetto al messaggio proposto: valido o non-valido; è solo il contenuto che trasmettono quello che conta realmente. Quando la tecnologia Internet cominciò a muovere i primi passi, negli anni cinquanta del secolo scorso, gli “addetti ai lavori” erano convinti che il meccanismo della comunicazione mediale fosse molto meno prevedibile di quanto si potesse immaginare: i cosiddetti riceventi erano (e lo sono maggiormente oggi) tutt'altro che bersagli passivi.
Quindi c'è chi ha pensato e pensa ai media come a degli strumenti efficaci di diffusione e di convinzione. Abbiamo la tendenza a giudicarli negativi quando sono gli altri ad usarli, mentre sono sempre positivi quando sono "nostri"; li riteniamo nostro possesso, indipendentemente dall’ uso che ne facciamo. Indispensabile è averli!
Eppure dei cambiamenti importanti sono avvenuti e stanno avvenendo: gli studi di settore ma soprattutto l'esperienza di questi ultimi anni hanno messo in evidenza che i media non sono semplici moltiplicatori di messaggi per un numero crescente di riceventi. In gioco c'è molto di più. I media di cui l’Homo tecnologicus attualmente dispone - in particolare quelli che usano il codice digitale e le nuove tecniche di tele-trasmissione - non stanno soltanto modificando tutti, proprio tutti, gli strumenti e i dispositivi di cui ci serviamo; essi stanno modificando, nella sua struttura, il nostro modo di comunicare.
È cambiato il nostro modo di approcciarsi con il reale, il nostro modo di vivere lo spazio e il tempo. In concreto, il “nostro spazio” si è dilatato sia verso l'infinitamente grande sia verso l'infinitamente piccolo. Ed esploriamo il reale che è attorno a noi, con sempre maggiori possibilità di controllo, in tutte e due le direzioni.
Altra novità è riscontrabile nelle fasi di elaborazione, memorizzazione e diffusione dell'informazione. Ormai non disponiamo solo di immagini, solo di suoni, di ogni epoca, di ogni cultura, di ogni parte del mondo. Sono diventati “nostri”, programmi sempre più complessi in grado di simulare il reale, la cosiddetta la realtà virtuale.
Un altro aspetto che l’era digitale ha messo al centro è la dimensione relazionale: nuove forme di interazione si stanno diffondendo sotto i nostri occhi, tanto da aver preso ormai il sopravvento su quelle tradizionali. Con delle novità davvero interessanti: la tecnologia digitale applicata alla comunicazione non dà soltanto potere a chi lo ha sempre avuto e lo continua a gestire, ma offre anche strumenti straordinari ai suoi innumerevoli fruitori. Adesso tutti vogliono dire la propria, tutti rivendicano il diritto a prendere la parola ed esprimere la propria opinione: con Internet e con la diffusione dei vari social è sempre più difficile che il “centro resti sempre e comunque centro, e che la periferia resti sempre e comunque periferia”.
Con Internet tutti i siti si trovano in una situazione di “parità”, che tu sia seduto nella tua comoda poltrona, a casa, oppure che ti trovi nel cuore dell’Africa; che tu sia nella caotica New York, oppure nella quiete di un paesino di provincia.
Ultimo aspetto, ma non meno importante, la variabile tempo: grazie ad Internet tutto questo sta avvenendo con una accelerazione che rende impossibile un rapporto costante, certo, puntuale sulla situazione: mentre si cerca di fare il punto, la situazione è già cambiata. Questa è la dinamica del mondo della tecnologia; e non è diversa la vicenda delle mode culturali: si inventano continuamente nuovi nomi, nuovi prefissi che tra di loro si scavalcano, si interscambiano: post-..., neo-..., neopost-..., postneo..., facendo risultare obsoleti, superati anche termini che hanno contraddistinto interi decenni di ricerche.
Se il progresso tecnologico applicato ai mezzi di comunicazione non si arresta, sarà superato anche parlare di comunicazione di massa; già da qualche tempo l'espressione è stata riformulata in “massa di comunicazioni”, intendendo con questa espressione che ora sono le comunicazioni ad essere considerate un insieme indistinto e non più il vastissimo pubblico di fruitori, nel quale possiamo ritrovare gruppi e singole individualità capaci di orientarsi autonomamente.
Col rischio di mutuare irrimediabilmente “dall’uomo che pensa all’uomo che programma”.

Foto di Joshua Woroniecki, Pixabay

Antonio Barone

Vive a Licodia Eubea, piccolo centro della provincia catanese, nel comprensorio dei Monti Iblei. Da 35 anni lavora nel mondo della scuola come docente di materie umanistiche nei licei. Scopre la scrittura durante gli anni universitari, come naturale espressione del proprio mondo interiore e della relazione con l’Altro, alternando la scrittura poetica a quella dei racconti. Ha curato, inoltre, la prefazione e la presentazione di numerosi libri e la realizzazione di numerose mostre.

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