«I need something to change your mind».
Mi chiedo come, in quelle riviste che decenni fa in Italia proponevano i testi delle canzoni (a vantaggio di quanti non compravano gli LP ma ascoltavano la radio e compravano cassette “pirata” - oggi ci sono internet e le piattaforme streaming), come questa, nel 1979, venne tradotta.
Forse correttamente, perché allora nel mondo editoriale c’era più cura, attenzione, professionalità.
Oggi – ma mi rifiuto categoricamente di cercare in rete per tutela del mio equilibrio… mentale – sono certo che quel verso finirebbe con l’essere tradotto con “Ho bisogno di qualcosa per cambiare la tua mente”.
Del resto, in Italia le persone che mi abbiano ammesso di non conoscere la lingua inglese si contano sulle dita di una mano.
E già li vedo, quelli che battagliano sui social su questo brano, dove un uomo dice di voler cambiare la mente di qualcuno, forse una donna. Coinvolgendo tutto il resto del testo, frainteso di conseguenza.
E no.
Più banalmente, chi canta (è David Byrne nei Talking Heads, recentemente tornati sul grande schermo con la versione restaurata di Stop making sense, film - concerto del regista Jonathan Demme) vorrebbe far cambiare opinione all’interlocutrice (o interlocutore, chissà).
«False friend!», avrebbe bollato l’anziana insegnante di inglese. Non proprio, o meglio: non solo.
“Mind”, in inglese, significa sia “mente”, che “opinione”.
Ecco, forse è questo l’insegnamento che la mia lingua madre avrebbe, in questo caso, da dare agli italofoni, oltre che di se stessa (esercizio inutile, come detto, a sentir gli italiani).
Mi si dirà: “ma esiste anche opinion”! Esatto.
Quel “mind” esprime qualcosa di più intimo, radicato, meritevole di rispetto. Ma comunque suscettibile di cambiamenti.
Ora, appurato che sia gli anglosassoni che gli italici sono esseri umani (a prescindere da suprematismi che fino a pochi anni fa avremmo bollato come “residui” ed invece tornano ad essere dominanti), quel “qualcosa” che è espresso dall’inglese “mind” esiste anche nelle teste di tutto il resto dell’umanità.
Italia compresa.
Eppure, a navigare sui social networks, non si direbbe. Oggi non vedo confronto, rispetto, condivisione.
E non vedo neppure tentativi di persuasione. Intendo, leciti, legittimi, anche forti ma per l’appunto persuasione, non imposizione.
Vedo presunzione, arroganza, violenza.
«You’re entitled to an opinion», scrisse e disse il geniale Tony Wilson, giornalista e produttore discografico. Maestro di citazioni ed esercizi filosofico-dialettici, Wilson parafrasava, rivolgendola a chi negava a se stesso di esprimersi (da buon anarchico il suo pensiero andava a chi non aveva voce) l’errata argomentazione (“informal fallacy”, in Inglese) «I’m entitled to an opnion».
Lo so, lo so, conoscete tutti e tutte l’inglese come e più di me e di Re Carlo III, ma lasciatemelo tradurre.
«Ho diritto ad avere la mia opinione».
Suona familiare? Lo si legge ogni giorno decine, centinaia di volte sui social media, spesso a corredo delle esternazioni più assurde ed aberranti.
Ecco, ora esercitatevi a capirla, la differenza fra “mind” ed “opinion”.
Perché c’è.
Anche in Italia.
(Da Wikipedia, l'enciclopedia libera)
- L'effetto Dunning-Kruger (EDK) è una distorsione cognitiva nella quale individui poco esperti e poco competenti in un campo tendono a sovrastimare la propria preparazione giudicandola, a torto, superiore alla media.
«Se mi chiedete quale sia la singola caratteristica che renda una persona soggetta a questo autoinganno, io direi che è respirare». (David Dunning)
Foto di Nevit Dilmen
Roman Henry Clarke è nato in Sicilia, allungando l’oceanica lista dei britannici nati fuori dai confini dell’allora Impero. Ha vissuto un po’ ovunque in Europa. Ha studiato molte cose in autonomia, ma all’università ha scelto le scienze sociali, laureandosi in Scienze Politiche. Giornalista per deformazione, fotografo per vocazione, consulente universitario per serendipità. Cristiano metodista, anarchico, libertario, è papà single di Stevie, che è in cima al suo mondo, senza in questo fare a pugni con le proprie passioni e convinzioni.
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