... e quando si saluta è consigliabile sorridere...
Un grande professionista del sorriso amava dire che il giorno della vita più sprecato è il giorno in cui non ridiamo... e a nostro modesto avviso aveva senza dubbio ragione.
E per sorridere bene bisogna mostrare i denti, possibilmente puliti e bianchi: serve, quindi, un buon dentifricio e oggi le proposte sono tante, forse troppe.
Così non era certamente un secolo fa, periodo in cui si inizia a pensare al prodotto - il dentifricio - e allo strumento - lo spazzolino.
Pare che già gli antichi Egiziani – 3.000 avanti Cristo - usavano rametti sfilacciati da un lato che strofinavano sui denti. Il prototipo dello spazzolino nasce in Cina alla fine del 400: setole di maiale infilzate in un osso o nello stelo di bambù. Bisogna aspettare gli anni trenta del secolo scorso - epoca in cui viene scoperto il nylon - per la creazione dello spazzolino sintetico, strumento fondamentale per usare il dentifricio.
In quegli anni, tuttavia, non tutti usavano dentifricio e spazzolino ma tutti - chi poco e chi molto - sorridevano se non altro per confermare quanto diceva il grande Pirandello che per tutti “il sorriso è il riflesso dell’anima e può nascondere sia la felicità che il dolore più intenso”.
E in questo “tutti” rientriamo noi siciliani.
I più vicini alla natura, tra questi i contadini, di certo i meno facoltosi, usavano le foglie della salvia. Basta raccoglierne una, strusciarla sui denti e si raggiunge l’obiettivo desiderato: denti bianchi, puliti e, last but not least, alito fresco. Ingredienti tutti e tre necessari per poter fare un buon sorriso.
Metodologia che possiamo seguire ancora oggi: è sufficiente avere a portata di mano un vasetto di salvia, metodo “domestico” da utilizzare con la dovuta attenzione e con la giusta frequenza possibilmente dopo aver consultato il proprio dentista...
…buona salvia a tutti o, per meglio dire, buona salvia a vossia.
Aldo Adamo nasce a Ragusa il 18.08.58. Nel lontano 1977 (o giù di lì) raggiunge l’agognata maturità classica e inizia la sua odissea “universitaria” che lo porta prima a Trento, dove si iscrive in Sociologia, poi a Catania, dove prosegue gli studi in Giurisprudenza … ma non raggiungerà mai la laurea anche perché, specie in quei tempi, si dedica al suo hobby preferito: la pigrizia. Dopo alcune brevi esperienze di lavoro (da impiegato bancario ad agente di commercio) trent’anni fa approda nella sua Itaca: un vivaio che pian piano diventa anche garden; qui diventa “sciuraru”, slang siciliano che sta per fiorista, insieme alla moglie, donna bella e paziente, che oltre ad affiancarlo nel lavoro gli da due splendide figlie. Affannosamente cerca di riposarsi ma per svariati motivi non ci riesce. Si occupa di bonsai, ama molto la lettura e la cucina (non come cuoco ma da utente) ed è anche socio fondatore dell’AICC.
Architetto per errore, crede di essere cieca o almeno trova nella presunta cecità la giustificazione al suo confuso stato emozionale nei confronti dell'Architettura. Nel 2020 discute la tesi di dottorato dal titolo: Architettura Dark. Il ruolo dell'Architettura tra deserto e desertificazione in Sicilia. Le parole chiave della tesi sono: deserto e retro innovazione.
Temi indagati anche nelle sue pubblicazioni:
Saggio L. Adamo, Terre (F)rigide. Frigidità e altri rischi legati alle limitazioni dello squilibrio culturale, postfaz. in M. Navarra, Terre Fragili, (a cura di Liliana Adamo) LetteraVentidue Edizioni, Siracusa, 2017.
L. Adamo, Bibliografia ragionata, in Air Fundamental. Collision between inflatable and architecture, (a cura di Vincenzo Latina e Marco Navarra), LetteraVentidue Edizioni, Siracusa, 2018.
L. Adamo, Shanghai, in Platform for Change. A Farm Cultural Park Guide, a cura di ANALOGIQUE (Claudia Cosentino, Dario Felice, Antonio Rizzo), LetteraVentidue Edizioni, Siracusa, 2019.
L. Adamo, FakeCollage, in Dossier Collage, a cura di Fabio Cappello, Rossella Ferorelli, Luigi Mandraccio, Gian Luca Porcile, Genova University Press, Genova, 2021.
Gli ultimi anni della sua formazione si incrociano con la sua infanzia trascorsa in campagna e da questa simbiosi nasce la passione per l'Agritettura. Tutto ciò che è sperimentale, radicale e speculativo alimenta la sua curiosità. Come Henri Laborit “prova un certo scetticismo nei confronti di ogni descrizione personale espressa con linguaggio cosciente” e consiglia di non prendere troppo sul serio le parole su scritte.
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