L'opera buffa, come ci spiega Wikipedia, è un genere dell'opera italiana e si distingue per l’importanza data all’azione scenica, per la presenza di pochi personaggi, per le trame semplici, spesso ispirati alla commedia dell’arte e quindi con soggetti realistici e linguaggio gergale.
Ma Opera buffa, e la cosa non è casuale, è anche il titolo di un album pubblicato, nel 1973, da Francesco Guccini. Un album, conoscendo la discografia del cantautore emiliano, anomalo, che arriva dopo quattro dischi (Folk beat n.1, Due anni dopo, L’isola non trovata e Radici) che avevano segnato la crescita del cantautore modenese sia in termini musicali che come poetica.
L’album è stato inciso dal vivo tra il “Folk Studio” di Roma e “L’Osteria delle Dame” di Bologna e si tratta di un vero e proprio unplugged, in quanto live erano state registrate solo la voce e la chitarra di Francesco e solo in un secondo momento le canzoni sono state arricchite da arrangiamenti sovra incisi in studio che lo rendono musicalmente più corposo, accentuandone in questo modo anche il carattere grottesco e goliardico (anche se Guccini in principio non era molto convinto che fosse necessario aggiungere altri strumenti alla sua chitarra, ma poi si era fatto convincere da Pier Farri, il produttore del disco).
Le canzoni che vi sono registrate Francesco le utilizzava come intercalari “leggeri”, eseguite tra un brano “serio” e l’altro, e questo disco dà l’occasione, a chi fino a quel momento non aveva avuto modo di apprezzare il Guccini dal vivo, di conoscere anche il suo lato ironico, umoristico.
Sei sono le tracce incluse: quattro inedite (Di mamme ce n'è una sola, La genesi, Fantoni Cesira e Talkin' sul sesso), una (Il bello) già incisa su un 45 giri nel 1968 (e ripresa due anni dopo da Lando Buzzanca), e un’altra (La fiera di San Lazzaro) che è una canzone popolare bolognese. Nella copertina dell’LP Guccini scrive che il disco «è nato per caso, ma non a caso. L'idea c'era da tempo, una specie di “altra faccia di…”, o fermare in un certo modo qualcuna di quelle serate “dal vivo”, col pubblico attore che parla e ride e io che gigioneggio, recito, mi diverto».
In parte cantato e in parte parlato, e chi conosce Guccini sa che questa “mescolanza” è sempre stata presente nei suoi concerti, il cantautore modenese nelle sei tracce spiega, scherza, risponde al pubblico, che in parte partecipa anch’esso con commenti, risate e applausi.
Le sei tracce presenti sono tutte divertenti e per certi aspetti dissacranti.
Il disco si apre con Il bello, un tango in cui l’autore prende di mira il bello da balera, il tombeur des femmes di periferia: “Mentre la notte tenebrosa impera, risalto al volo sulla mia Gilera: per questa sera ho troppo amato e sono stanco, la notte tutto in bianco non posso fare perché sono anemico! Olè!”. Si continua con Di mamme ce n’è una sola, una presa in giro delle melanconiche canzoni italiane degli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso: “Le mamme son tutte bianche, son curve e stanche; io voglio tornare, mamma, da te. Se un dì me ne andai non lo voglio far più, io voglio tornare per sempre laggiù dalla mia mamma italiana... eh ?...e non lasciarla mai più...”.
Il primo lato del disco si chiude con La genesi, la canzone forse più conosciuta dell’intero album e quella certamente più dissacratoria. Guccini la introduce dicendo che si tratta di una «canzone molto più seria e impegnata (rispetto alle altre), oserei dire impegnatissima», ma quando poi aggiunge che le è stata ispirata «a me succede poche volte, però questa canzone mi è stata ispirata direttamente dall’alto», capiamo subito dove si andrà a parare. La genesi altro non è che una rilettura in chiave ironica della nascita del mondo secondo il racconto la religione cristiana, dove un Dio annoiato da un cosmo deserto e senza televisione, per errore prima crea l’universo e, dopo, l’uomo con tutto quello che gli resta: “C’era un po’ di formaggio e due scatolette di Simmenthal, cioè lui li mise assieme e poi... Prese un poco di argilla rossa, fece la carne, fece le ossa, ci sputò sopra, ci fu un gran tuono ed è in quel modo che è nato l'uomo... Era un venerdì tredici dell’anno zero del Paradiso”.
Il lato B si apre con Fantoni Cesira, con la quale prende di mira il sogno che hanno tante ragazze di diventare delle star del cinema e che per realizzarlo sono disposte a tutto: “E la morale di questa storia al giorno d'oggi non è tanto strana: per aver soldi, la fama e la gloria bisogna essere un poco puttana!”
Si continua con Talkin’ sul sesso, un blues parlato nel quale, lo dice il titolo, tratta la questione sessuale, argomento caldo il quel periodo, toccando temi come l’assenza di educazione sessuale nelle scuole e gli attacchi del mondo cattolico alla pillola anticoncezionale e al divorzio: “E quindi uniamoci gridando al mondo: a morte il sesso, serpente immondo! Basta l'amore! Fate la guerra... sano rimedio per questa terra... Non più sovrappopolazione! Non più divorzi! La coscienza è a posto! E ci penseranno i superstiti!".
Il disco si chiude con La fiera di San Lazzaro, nel quale si racconta di un “baratto” tra due giovani, che scambiano due piccioni con un rapporto sessuale. Un brano pieno di doppi sensi a sfondo sessuale che viene spiegato ai non bolognesi dallo stesso Guccini, che ne traduce il testo man mano che lo canta.
Gli arrangiamenti del disco sono di Pier Farri ed Ettore De Carolis, e tra i musicisti che hanno suonato ci sono l’americana Talia Toni Marcus (che poi diventerà la violinista di Van Morrison) al violino e alla viola e Tony Esposito alle percussioni.
Ma Opera buffa non è un disco da leggere. Bisogna ascoltarlo per comprenderne la sua vera carica dirompente, che ha ancora adesso, nonostante abbia già cinquant’anni.
Quindi, adesso, è il momento di cliccare su questo link e godervi questo bel disco.
Meno Occhipinti, giornalista e scrittore, è nato a Ragusa nel 1961. È tra i fondatori di questo mensile e ha collaborato con il quindicinale La Città e con il portale di informazione Italianotizie.it
Ha pubblicato i romanzi Le parole sono chiuse (1996) e Fragili legami (1998). È stato l’addetto stampa del Padua Rugby e ne ha raccontato la nascita nel libro Ragusa Rugby, genesi di una passione (2018). Nel 2021, insieme a ‘U Gaddru, ha pubblicato Ragusa grande di nuovo, una raccolta di articoli satirici, e nel 2023 ha pubblicato Interviste, i musicanti, i teatranti, gli altri.
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