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Orwell 1984

Antonio Barone 14 marzo 2024


Letteratura e Cinema: mi è sempre piaciuto questo binomio! Mi è sempre piaciuto vedere le trasposizioni cinematografiche di grandi capolavori della letteratura mondiale di tutti i tempi e poi farne un confronto. Questo perché solo in pochissimi casi si può affermare che un film è riuscito ad eguagliare, se non superare il romanzo da cui è stato tratto il soggetto.
Uno di questi pochi film è, secondo il mio personale e modesto parere, Orwell 1984. Un film prodotto in Gran Bretagna e uscito nelle sale cinematografiche nello stesso anno, appunto il 1984, in cui è ambientato il romanzo distopico 1984 del romanziere inglese George Orwell.
Diretto da Michael Radford, la pellicola ha ripreso così fedelmente molte pagine del libro al punto che alcune scene sono state girate nello stesso giorno in cui sono ambientate nel romanzo. Gli interpreti sono John Hurt, Suzanna Hamilton e il grandissimo Richard Burton, alla sua ultima apparizione cinematografica.
Nel film, come nel romanzo di Orwell, viene descritta la vita piatta e ripetitiva del protagonista, Winston Smith, il quale conduce una misera esistenza nello stato immaginario di Oceania. Winston lavora come impiegato in un angusto e squallido locale presso il Ministero della Verità e al servizio di una società in cui i potenti hanno saputo sfruttare le tecnologie e il progresso a loro vantaggio, riuscendo a dominare sugli altri esseri umani, soggiogandoli e sottomettendoli al proprio potere.
Il Grande Fratello (The Big Brother), vero protagonista del romanzo 1984, è il “deus ex machina” di tutta la narrazione. Nessuno lo ha mai visto o incontrato di persona; tuttavia, questi riesce a farsi temere da tutti gli abitanti di Londra, sfruttando a suo favore il grosso potenziale della tecnologia e della comunicazione mediatica.
Big Brother is watching you”… “il Grande Fratello ti sta guardando” : questa la frase che domina in ogni angolo di Londra. E in ogni casa, il volto con i baffi del misterioso Grande Fratello appare sempre in appositi teleschermi, per controllare ogni singola attività dei cittadini londinesi. Ogni cosa parla del Grande Fratello e tutti sono costretti a sottomettersi a questa sorta di divinità invisibile ma onnipresente, che tutti devono temere e a cui tutti devono obbedire.
Il Grande Fratello riesce a creare una società in cui ogni pensiero è controllato, dove la realtà è fittizia, e le notizie arrivano ai cittadini solo nel modo in cui vuole il Partito del Grande Fratello. Il Ministero della Verità provvede ad aggiornare e “rettificare” ogni giorno le cronache dei quotidiani, adattandole alle esigenze del Partito; così una guerra in corso il giorno prima, può non essere mai esistita il giorno dopo.
Del resto, in una società del genere, dove nessuno è in grado di pensare autonomamente e ogni cosa ha perso il suo reale significato, non è difficile creare una massa informe di uomini indistinti, senza volto e senza personalità. Cittadini - Automi che non hanno aspirazioni e che non vogliono crearsi una posizione sociale personale e autonoma, che non vogliono difendere i propri ideali, perseguire i propri sogni, ma si limitano a seguire passivamente e incondizionatamente i voleri del leader, badando bene di non uscire fuori dai limiti da lui imposti.
Questa è la società del Grande Fratello: una società in cui una sola persona è riuscita a porre alle sue dipendenze un’intera società, e lo ha fatto sfruttando la tecnologia, dando vita ad un popolo che non sa pensare, che non riesce ad agire, che parla attraverso un sistema linguistico nuovo fatto di pochi caratteri ed essenziali parole; una società in cui vige il “bipensiero”, dove «la guerra è pace, l’ignoranza è forza e la libertà è schiavitù»; dove nulla più ha senso, se non il Grande Fratello e il Partito.
Il sistema linguistico o la “neolingua”, molto simile agli sms che i giovani, ma ormai anche i meno giovani, scambiano tra loro: le emoticon, le abbreviazioni, i loro “grz :)” o “tvb”, non sono molto diversi dai “granfrat” o “ingsoc” della neolingua del Grande Fratello.
Oppure uno dei reality show televisivi più seguiti dagli italiani, per fermarci solo al nostro Paese, è proprio il Grande Fratello, in cui delle persone comuni o dei personaggi più o meno noti, convivono nella stessa casa, circondati da centinaia di telecamere attraverso le quali il pubblico può seguirli in diretta.
O, infine, Facebook, attraverso cui tutti possono controllare la vita, le attività, i passatempi degli oltre un miliardo di utenti attraverso le foto e i post che essi condividono.
Questo era ciò che George Orwell, nel 1948, in un mondo da poco uscito dalla seconda guerra mondiale, aveva immaginato che potesse succedere trentasei anni dopo. Oggi, dopo ottant’ anni, in qualche maniera, è possibile affermare che questa realtà distopica si è in parte avverata. Certamente è una visione apocalittica, a tratti anche angosciante, che prende una posizione critica nei confronti del progresso e dei media, come già affermava il grande Umberto Eco in un suo saggio del 1964; ma, riflettendoci bene, questa visione non è molto diversa dalla società di oggi.
Anche quella di oggi è una società fondata sui media, che spesso può anche portare ad essere pilotati nelle scelte e nelle nostre posizioni ideologiche e sociali. Infatti, la comunicazione, attraverso la costruzione di sterminate reti fisiche, l’elaborazione sempre più avanzata dell’Intelligenza Artificiale è passata dall’essere un’esclusiva dello Stato al diventare di pubblico dominio, raggiungendo ogni singolo individuo e divenendo così una potente arma di propaganda e di coercizione.
Dunque, anche nella nostra società attuale vige il “Big Brother is watching you”, una sorta di regola non scritta per cui si sta tutti con gli auricolari in metropolitana, con lo smartphone in mano, continuamente connessi sui social, e non si riesce più a relazionarsi, a parlare, a stringere rapporti veri, autentici…
Il Grande Fratello, in qualche modo, è ancora nella nostra società, è ancora in mezzo a noi!

Foto di Artie_Navarre, Pixabay

Antonio Barone

Vive a Licodia Eubea, piccolo centro della provincia catanese, nel comprensorio dei Monti Iblei. Da 35 anni lavora nel mondo della scuola come docente di materie umanistiche nei licei. Scopre la scrittura durante gli anni universitari, come naturale espressione del proprio mondo interiore e della relazione con l’Altro, alternando la scrittura poetica a quella dei racconti. Ha curato, inoltre, la prefazione e la presentazione di numerosi libri e la realizzazione di numerose mostre.

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