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La forma della bellezza

Salvatore Desari 14 marzo 2024


PierPaolo Pasolini, giornalista, scrittore, regista, opinionista indipendente e soprattutto intellettuale scomodo, oltre alla letteratura e al giornalismo, tramite i quali aveva rappresentato la maggior parte del suo pensiero si dedicò instancabilmente anche al cinema, girando anche otto o dieci ore al giorno con la macchina da presa sulle spalle per riprendere la vita reale, le persone non costruite, quelle che lui considerava non contaminate dal progresso, in Italia e all’estero. Si dedica quindi al cinema, che lui stesso considera una lingua transnazionale, al pari se non maggiore della letteratura, valevole per tutte le nazioni del mondo, la cui caratteristica principale è per Pasolini quella di rappresentare la realtà non attraverso dei simboli o dei filtri ma attraverso la realtà stessa. Forse poco conosciuto è il suo piccolo documentario di circa 16 minuti che dedica alla bellezza dei paesaggi, una lezione dal vivo per mettere in evidenza il rischio di perdere la memoria dei luoghi a cui teneva così tanto dal titolo La forma della città. Chiama con sé Ninetto Davoli, attore a lui molto vicino, per raccontare ciò che vede concentrandosi in particolar modo su Orte, un piccolo borgo elevato su una collina vicino Viterbo.
Realizzato nel 1970, quello affrontato da Pasolini con questo documentario è un tema attualissimo, c’è già in lui un’estrema attenzione verso l’aggressione alla natura e al paesaggio perpetrata da un progresso senza visione, in cui è l’uomo a voler dominare la legge della natura e non viceversa, un’aggressione che è forse alla base di molti problemi attuali. Pasolini quindi si arma di cinepresa, e realizza un docufilm, rappresentato da immagini reali, il paesaggio, e dalla sua voce, che elogia la lentezza ribellandosi al progresso che brucia le tappe, cancellando rapporti umani e centri storici.
Con l’apporto di varie inquadrature, parla del suo concetto di bellezza e di memoria scegliendo Orte, un borgo ancora quasi compatto e ancora quasi perfetto, che rievoca nella sua forma tutta la sua storia, ma che col tempo sta già cominciando a deformarsi e ad incrinarsi, a deturparsi a causa di elementi estranei, come “quella casa messa lì senza una logica”, o “quelle case moderne dall’aspetto orribile che si attaccano a quello stupendo acquedotto” che lui stesso considera elementi disturbatori di quella perfezione, provocandogli turbamento e angoscia.
Nei pochi minuti del filmatosi concentra anche su un semplice e anonimo selciato, quello che a detta di Pasolini sembra non voler dire niente ma che si deve difendere come difendiamo il nostro patrimonio letterario e artistico, e lo dice nel suo tono coerente al suo pensiero quando parla di “questa stradina, questo selciato sconnesso e antico, è sì un umile cosa, eppure io penso che questa stradina, un piccolo sentiero di terra battuta così umile, sia da difendere con lo stesso accanimento, con la stessa buona volontà, con lo stesso rigore con cui si difende un’opera d’arte di un grande autore”.
La visione de La forma della città può trascinarci in stati d’animo a volte quasi disagevoli, ci porta a domandarci in cosa consiste la bellezza, quali le sue declinazioni. Proviamo cominciando a domandarci seriamente sul perché sentiamo nascere qualcosa dentro di noi alla vista di un tramonto, di un paesaggio incontaminato, o anche in una semplice passeggiata su una spiaggia in riva al mare. Proviamo a pensare da quanta bellezza siamo circondati quasi costantemente. Proviamo a chiederci cosa proviamo, quale sensazione stiamo provando quando passeggiamo in alcuni vicoli o stradine di alcuni centri storici intatti e inviolati dal passare del tempo. Proviamo a chiederci, soprattutto, se la bellezza sta proprio in quello che stiamo vedendo o nella sensazione che ci sta procurando.
La bellezza quindi, quel concetto che può coincidere con un’idea di rarità e di benessere, con il carattere della singolarità, con un’interiorizzazione che diventa nobile evasione, con l’attenzione che prestiamo a ciò che ci circonda, o in quella sublime e meravigliosa indifferenza rispetto a tutto ciò che è superfluo.
Certamente possiamo trovare bellezza anche nel caos o nella “confusione”, quando questo stesso caos non è inconsapevole e superficiale, ma riesce a trattenere valori che anche nel caos possono esistere. La bellezza può coincidere anche con le domande che ci facciamo, pensiamo solo a quante parole, quanti pensieri espressi sulla bellezza.
Proviamo quindi da qui, da adesso, a immaginare un nuovo modo di concepire la bellezza, un concetto che può coincidere ad uno stile o ad uno scopo di vita, un’esistenza che trova la sua estetica nella ricerca continua di conoscenza, nella lettura di un libro o di una poesia che ci porta dove non siamo stati mai, in una passeggiata dentro la memoria di luoghi incontaminati o nel rispetto con cui ci rapportiamo oltre che con noi stessi anche con tutti coloro che ci circondano. Anime nobili, anime romantiche quelle che pensano alla bellezza. No? L’uomo dei tempi di Leopardi poteva interiorizzare ancora la natura e l’umanità nella loro purezza, l’uomo di oggi, mediamente, può interiorizzare al massimo un cellulare o un frigorifero. Forse è questo il messaggio che voleva lanciarci Pasolini, o forse questa è la mia interpretazione.

Foto di Lilithy, Pixabay

Salvatore Desari

Salvatore Desari, nasce a Vittoria, nel 1978. Frequenta il Liceo Scientifico a Vittoria e l'Università di Giurisprudenza a Catania. Da sempre libero appassionato di lettura e scrittura.

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