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Invictus e i suoi fratelli

Meno Occhipinti 14 marzo 2024


Cinema e sport moderno nascono nello stesso periodo, a fine Ottocento. Da un lato c’è “l’invenzione” dei fratelli Lumière, dall’altro la “rivoluzione industriale”, che cambia il rapporto tra le masse e il tempo libero. Il loro primo “incontro” sembra sia avvenuto quando un ex combattente della guerra di Secessione americana, tale Woodville Latham, ha ripreso, in un teatro di posa newyorchese, con due attori ingaggiati all’uopo, un combattimento di box avvenuto giorni prima. È quello l’inizio dello sport nel cinema, che si tratti di documentari o di fiction.
Tanti sono stati gli sport che sono finiti, in un modo o nell’altro sul grande schermo, ma chi l'ha fatta da padrone è stato il pugilato, sia per quantità di film prodotti che come boxeur professionisti chiamati a recitare.
Ma nel corso degli anni anche altri sport hanno avuto il loro momento di gloria cinematografica: il baseball, il basket, il football americano, l’automobilismo.
Discorso a parte merita il calcio, mai troppo rappresentato sul grande schermo se guardiamo alla cinematografia mondiale mentre, se ci limitiamo allo Stivale, non a caso è il nostro sport nazionale, diverse sono le pellicole che in qualche modo sono legate al mondo del pallone.
Un piccolo spazio nella cinematografia mondiale se lo è anche conquistato il rugby. Il primo film in cui si parla dello sport con la palla ovale è probabilmente Io sono un campione, con protagonista Richard Harris, che impersona un giocatore di Rugby League, il rugby a 13, sport poco diffuso in Italia. Harris per questo film è stato premiato come miglior attore al festival di Cannes nel 1963.
Tra gli italiani non si può non citare Asini, di Antonello Grimaldi, nel quale Claudio Bisio interpreta un allenatore che utilizzerà il pallone ovale per insegnare a un gruppo di ragazzi problematici non solo il gioco del rugby ma anche a vivere la vita.
Certamente, però, il film più famoso che ha il mondo del rugby al centro della sua storia è Invictus, di Clint Eastwood, uscito nelle sale nel 2009 e tratto dal romanzo di John Carlin Ama il tuo nemico (Playing the enemy: Nelson Mandela and the game that made a nation).
Ambientato nel Sud Africa che si stava liberando dall’apartheid, i due protagonisti sono Morgan Freeman, che interpreta il presidente sudafricano, e Matt Damon, nella parte del capitano della nazionale sudafricana di rugby Francois Pienaar.
Il film racconta il processo di riconciliazione tra la popolazione bianca e quella nera, intrapreso da Mandela, appena eletto presidente del Sud Africa, e avvenuto (anche) grazie al rugby.
Fino a quel momento la divisione netta tra bianchi, che avevano detenuto il potere, e neri, che invece avevano vissuto in un regime di apartheid, si vedeva anche nello sport: il rugby era lo sport degli afrikaner, il calcio quello della popolazione di colore. Proprio in una delle scene iniziali del film viene messo in evidenza questo aspetto: gli Springboks hanno appena perso una partita di preparazione al mondiale che ospiteranno nel 1995 e i soli a gioire per la sconfitta della nazionale sudafricana sono i colored.
Quando Mandela viene eletto alla presidenza è consapevole di aver “ereditato” da Frederikl de Klerk, l’ultimo presidente bianco, un paese estremamente diviso, ma è anche convinto che, per il bene di tutti, il Paese dev’essere riunito, bianchi e neri insieme.
Così sceglie di chiudere con il passato, cercando di andare oltre alle discriminazioni razziali che sono ancora vive nel cuore del suo popolo, e prova ad aprire una nuova era.
Per farlo gli occorre un simbolo, che trova nello sport. Quale migliore idea, allora, quella di sfruttare i campionati del mondo di rugby, sport odiato dalla maggioranza nera, che si terranno da lì a poco proprio in Sud Africa, per provare a riunire il Paese?

Il film racconta quindi il difficile processo di riconciliazione tra le due anime del Sud Africa, in un momento, quello dell’elezione a presidente di colui che ha trascorso 34 anni in prigione per il suo impegno anti apartheid, in cui le due parti sono, da un lato preoccupati per le possibili ripercussioni che potrebbero subire adesso che il presidente non è più uno “dei loro”, dall’altra si hanno invece aspettative di rivincita nei confronti di chi fino a quel momenti li ha discriminati.
«Il perdono», dice ad un certo punto del film Mandela, «libera l'anima, cancella la paura. Per questo è un'arma tanto potente».
Perdono e, quindi, riconciliazione. Perché, se quanto accaduto fino al quel momento non si può dimenticare, il futuro si può costruire solo superando le divisioni e le incomprensioni del passato.

Meno Occhipinti

Meno Occhipinti, giornalista e scrittore, è nato a Ragusa nel 1961. È tra i fondatori di questo mensile e ha collaborato con il quindicinale La Città e con il portale di informazione Italianotizie.it
Ha pubblicato i romanzi Le parole sono chiuse (1996) e Fragili legami (1998). È stato l’addetto stampa del Padua Rugby e ne ha raccontato la nascita nel libro Ragusa Rugby, genesi di una passione (2018). Nel 2021, insieme a ‘U Gaddru, ha pubblicato Ragusa grande di nuovo, una raccolta di articoli satirici, e nel 2023 ha pubblicato Interviste, i musicanti, i teatranti, gli altri.

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