Non è un centro, non è una struttura e nemmeno uno sportello. Si chiama “Io sono con te” ed è stata pensata, creata e condotta per essere una casa. Una casa in grado di garantire a donne vittime di violenza o che si ritrovano senza dimora a causa di gravidanza, solitudine o povertà economica qualcosa che trascende il luogo fisico. Inaugurata a Comiso nel 2011 dalla diocesi di Ragusa, la Casa di accoglienza “Io sono con te” ha avuto come obiettivo primario quello di ricostruire in maniera integrale la vita delle proprie ospiti per restituire loro la fiducia, il senso di sicurezza, le capacità. Insomma l’integrità psicofisica. Essere accolte in Casa, infatti, significa ricevere attenzioni da un punto di vista fisico, relazionale, affettivo, sociale, logistico.
In questi tredici anni la Casa ha dato ospitalità, conforto, orientamento legale e nel reperimento di una casa a oltre 150 donne con i propri figli minori per un totale di quasi 20.000 giorni di accoglienza. Si tratta in gran parte di donne vittime di violenze che si sono allontanate dalla propria abitazione o ne sono state cacciate da uomini maltrattanti, il più delle volte mariti o compagni, ma anche genitori.
Nei casi più difficili, quando la donna corre un serio rischio di perdere la vita, la Casa funge da tramite per l’inserimento in Case Rifugio o in Case protette ad indirizzo segreto. In queste situazioni è di particolare importanza il lavoro di rete che si svolge con i Centri anti-violenza, i Servizi Sociali e le strutture territoriali presenti.
La prima esigenza a cui fa fronte la Casa è quella di vincere la paura. Il direttore della Caritas diocesana Domenico Leggio ricorda che «in questi 13 anni abbiamo incontrato donne giovani e meno giovani, italiane e straniere che avevano subito storie segnate da un filo rosso di violenza, abbandono e mancanza di una rete di protezione sociale o parentale. Nei loro confronti le operatrici della struttura, in gran parte volontarie, hanno messo in atto sostegno psicologico e relazionale, ascolto ed orientamento verso il futuro, sostegno genitoriale e un lavoro di rete con enti pubblici e privati che si è rivelato un vero punto di forza della struttura».
Quella della responsabile della struttura Mariuccia Fazzina è invece la riflessione di una donna che parla ad altre donne: «Chi poteva credere che una piccola casa potesse accogliere tante donne e bambini? Nell’ufficio conservo appeso alla parete un collage di foto con tante delle ospiti che sono passate di qui. E ogni giorno rivedo i momenti vissuti insieme alle volontarie della Casa per portarle all’autonomia: i visi, le lacrime, i sorrisi, le fatiche. E anche la gioia nell’accogliere e nel sostenere la vita che nasce, perché in questi anni sono stati tanti i bambini nati durante l’accoglienza. C’è stata chi è riuscita a riappropriarsi della propria vita e chi non ce l’ha fatta, ma tutte le donne hanno trovato qui un cuore accogliente, privo di giudizi. Tutte hanno assaporato amore gratuito e relazioni autentiche. Ricordo particolarmente i mesi del lockdown nel 2020, durante i quali la Casa ospitava una mamma, che aveva subito ripetute violenze dal marito, con 3 bambini tra i 18 mesi e i 7 anni, un’altra mamma con 2 bambini di 3 anni, anche lei vittima di violenze, e una ragazza all’ottavo mese di gravidanza, abbandonata dal fidanzato nei primi mesi di gestazione. Non si è trattato solo di fornire i beni di prima necessità ma continuare la relazione con loro e il percorso educativo di crescita. Un periodo di grande difficoltà è iniziato nel momento in cui, eccetto me, nessuna volontaria né le ragazze del servizio civile sono potute andare in Casa. Con tanta pazienza e amore a turno e più volte, sia il giorno che la notte, si sono organizzate con le videochiamate per non far sentire sole e abbandonate le ospiti della Casa. Importante è stato anche il contributo della nostra psicologa Rita Tedesco, che mi ha aiutato a tranquillizzare gli animi di tutti soprattutto nei momenti di maggiore sconforto. Quella esperienza ci ha insegnato e continua a insegnarci che aiutare e donarsi è sempre possibile nonostante qualsiasi difficoltà e ostacolo».
In questi tredici anni il tratto di strada compiuto insieme alle donne in difficoltà a volte è durato solo poche ore, altre volte interi anni. Sempre si è trattato di un cammino di accoglienza e di rete, ma soprattutto di grande umanità. Quell’umanità che è arrivata da decine di volontarie e volontari che gravitano intorno alla Casa. Ancora Mariuccia Fazzina sottolinea la funzione di testimonianza del servizio: «La nostra è una Casa che si trasforma in rapporto ai cambiamenti sociali e culturali del tempo in cui si trova ad operare. Le povertà umane e materiali sono sempre nuove perché il nostro operato vive di relazioni con le ospiti, con il territorio e tra noi. Mi preme ribadire che noi scommettiamo ancora sul senso più autentico del volontariato. E in questi anni, anche per decine di volontari, la nostra è diventata una Casa».
Vincenzo La Monica è un operatore della Caritas di Ragusa dove si occupa di mobilità umana e dell’Osservatorio delle povertà. Ha pubblicato nel 2021 La scomparsa misteriosa e unica di Franco Battiato (La Vela editore) scritto a quattro mani con Giuseppe Piccinno. Sempre con Piccinno gestisce il blog di delicatessen letterarie ivandekerkhof.it. che ospita idee, vignette, memorie, raccontini e scorciatoie pensate e scritte a quattro mani. Nel 2022 ha pubblicato Palla a due (Abulafia editore) una dichiarazione di quasi amore per la pallacanestro e la sua città.
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