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La letteratura, che macello!

Vincenzo La Monica 14 giugno 2024


C’è vita dopo la morte. Almeno dopo quella di ogni animale macellato. È un oltretomba inesplorato, ignoto ai grigliatori della domenica che pure ne traggono definizione e sostanza. È un luogo del rimosso dove si svolge il lavoro sotterraneo di addetti che nel buio di magazzini, camion o celle frigorifere camuffano abilmente il cadavere e lo riportano in superficie come prelibatezza.
Questo frenetico mondo di mezzo che sta dopo l’uccisione, ma prima di Masterchef è lo sfondo su cui Dario Voltolini e Joseph Ponthus ambientano le loro storie. Il primo con il romanzo Invernale, edito da La Nave di Teseo, tra i 6 finalisti allo Strega 2024. Il secondo con il poema in versi liberi Alla Linea, caso editoriale in Francia nel 2019 e uscito per Bompiani in Italia nel 2022.
In Invernale il protagonista è il padre dell’autore, di nome Gino e di professione macellaio. Gino taglia, disossa, seziona al suo banco del mercato con la grazia di un primo ballerino alla Scala. Una coreografia di lame, corpi animali e ceppi che incanta la folla di clienti che reclamano l’uccisione di esseri innocenti per il proprio nutrimento: “loro vogliono parti di quella bestia lì, non ancora spaccate via chissà quando, chissà come conservate dietro le vetrine che espongono. Direttamente dalla bestia ancora intera al ceppo alla carta di paglia alla bilancia al sacchetto di plastica alla borsa della spesa.”
Finché un giorno Gino scivola su un asse del suo palcoscenico con il coltello tra le mani. E la lama, invece che sezionare un pezzo di carne animale, attinge un dito e introduce nel suo corpo un’infezione batterica e nel mondo della sua famiglia, supposto incorruttibile, il fantasma dell’insensatezza e dell’illegittimità.
Joseph Ponthus, alter ego di Baptiste Cornet, è invece il protagonista di Alla linea che racconta in prima persona, come in un diario che il verso libero rende epico, l'esperienza dell’autore all’interno di un mattatoio della Bretagna. Ponthus è un intellettuale, laureato in una delle migliori Università della Francia. Ha letto molti libri, cantato tutte le canzoni e marciato contro ogni ingiustizia. Abdica a una carriera di diplomatico per insegnare nelle scuole popolari e occuparsi di alunni con disabilità. Poi, per amore della propria compagna, si trasferisce in Bretagna dove lavora come interinale nell’industria di trasformazione del cibo.
Spingo carcasse/Senza fine/Non faccio altro che/Guadagnarmi da vivere/No/Guadagnare soldi/No/Vendere la mia forza lavoro/Ecco/è questo.
Entrambi i protagonisti sperimentano una singolare forma di traffico con l’animale, diversa da quella che tocca a ogni onnivoro. Il qualcosa della bestia uccisa che passa in loro non è la sostanza, la proteina, la fibra, ma la forza bruta, il sonno senza sogni, la mansuetudine, la chiaroveggenza, il destino. Il lavoro per Ponthus e la malattia per Voltolini sono strumenti di annientamento, le fauci di una Forza vorace che attende al termine di un inevitabile percorso progettato in modo tale da confonderci e distoglierci dal pensiero fatale, nonostante sentiamo i nostri simili gemere, ne respiriamo la stessa nostra paura, ne annusiamo il sangue.
Gino, ad esempio, ama il calcio, si rilassa andando a caccia e coltiva un senso dell’umorismo fulminante. Joseph si prende cura della propria famiglia, ascolta musica e si concede lunghe passeggiate in spiagge atlantiche con il suo cane.
Quando la tragedia entra nelle loro vite, Ponthus la contrasta con la compassione per i colleghi che quasi senza uno scopo che non sia quello della paga, trascorrono le loro ore da precari a pulire merda, grasso, sangue, budella, corna e immense mammelle che scoppiano liberando il loro contenuto ovunque. 
Ha abbandonato le rivendicazioni e le curiosità da intellettuale Non ci andavo per fare un reportage / Men che meno per preparare la rivoluzione / No / La fabbrica è per i soldi / Un lavoro per campare, ma questo non rende meno vera, profonda e urgente la sua denuncia.
Con il suo verso libero Ponthus circoscrive l’estensione oceanica delle fatiche e delle ossa rotte e si carica sulle spalle, oltre a carcasse di manzo, tutto il dolore del suo mondo di sfruttati. 
Non avrà il tempo di godersi il successo da 100.000 copie e premi letterari. Morirà appena 43enne nel 2021.
Gino è fermato in uno di quegli istanti che durano per sempre mentre dà le spalle al figlio ventenne. È seduto sul letto matrimoniale accanto alla moglie e legge un referto ferale. Precipita lentamente, quasi con mitezza, nel disfacimento. Suo figlio, che ha avuto generosi doni dagli dei della scrittura, ha atteso più di 40 anni per trovare la misura esatta, pudica e affettuosa del suo amore di orfano e metterla in un libro che suona come uno spartito. 
Tutto è compiuto in questi due libri tangenti: il sacrificio dell’animale, quello di Joseph e di tutti i lavoratori precari, quello di Gino. La pena a cui sono sottoposti, però, produce alcuni effetti non calcolati che assurdamente sospendono il rigetto che dovremmo avere per l’esistenza che ci conduce al macello. 
Basta, per Voltolini, la parola di saluto del padre morente riportatagli da una zia: “questo blocca immediatamente l’ordigno che stava scendendo in me e che ormai era quasi arrivato al punto e stava per deflagrare. Lo ferma lì, dove è tuttora, ma io ci sono ancora”.
Basta, per Ponthus, il pensiero struggente del compleanno della donna amata: “Mia adorata moglie/c’è questa poesia di Apollinaire nelle trincee che mi ossessiona per la sua bellezza e precisione/C’è questo regalo da scriverti/[...]C’è il mio mal di schiena e la stanchezza così come la gioia/ C’è che bisogna metterlo questo punto finale/Alla linea/” 
E basta a noi lettori per continuare a sperare, se non proprio a credere, che da qualche parte fluiscano verso di noi quantità di pietà e d’amore che anziché sangue sulle mattonelle di un mattatoio, spargono inchiostro sulle pagine di un libro. E che questa trasmissione ci giunga da un Altrove misericordioso da un Giudice compassionevole da un Dio vegetariano.

Vincenzo La Monica

Vincenzo La Monica è un operatore della Caritas di Ragusa dove si occupa di mobilità umana e dell’Osservatorio delle povertà. Ha pubblicato nel 2021 La scomparsa misteriosa e unica di Franco Battiato (La Vela editore) scritto a quattro mani con Giuseppe Piccinno. Sempre con Piccinno gestisce il blog di delicatessen letterarie ivandekerkhof.it. che ospita idee, vignette, memorie, raccontini e scorciatoie pensate e scritte a quattro mani. Nel 2022 ha pubblicato Palla a due (Abulafia editore) una dichiarazione di quasi amore per la pallacanestro e la sua città.

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