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Didone ed Enea

Maria Giovanna Fanelli 14 luglio 2024


Immaginate la scena. Enea, splendido splendente, va da Didone affaccendata ad accatastare legni – ognuno coi suoi hobby – e Amore mio, vado a fondare una città e torno, dice. E lei, vabbuò, ma torna presto però, ché io muoio senza di te.
Un momento, riprendiamo dall'inizio.
Innanzitutto, Enea. Immaginiamolo insieme, questo principe troiano. Bello, sicuro, perché i principi sono sempre belli soprattutto se sono figli di Afrodite e di uno che da giovane era proprio un gran bel tocco di troiano, come il nostro. Forzuto, pure: finita la guerra, nella quale ha fatto la sua porca figura, parte con moglie e figlioletto al seguito, e il padre sulle terga! Cioè, per quanto Anchise fosse vecchietto ormai e forse smunto, sempre il suo peso doveva averlo. Quindi, bello, forzuto, intelligente, innamorato della moglie (e qua...) e leale (sì, certo).
Enea fugge da Troia in fiamme. Cammin cammin, si perde Creusa per strada. Proprio così: si gira e, ops, ho perso mia moglie. Povero, non si dà pace, torna indietro a cercarla. Un'ombra dalle sembianze di Creusa lo rassicura dicendogli di esser stata scelta – vedi tu, che fortuna! - per servire la dea Cibele. Non pare granché triste lei, forse perché meglio morta che tutta quella strada a piedi e in nave. Non la biasimo, avrei fatto uguale. Ma lui... Oh, lui... Un uomo distrutto, devastato dal dolore per la separazione. O forse perché adesso si doveva accollare da solo un bambino, Ascanio, e un vecchio, Anchise appunto, senza il supporto della donna di casa. Ma non lo sapremo mai, diciamo che ai posteri è stato tramandato lo strazio inconsolabile – almeno per le prossime trenta battute – del principe Enea. Inconsolabile, dicevo. E riprende il suo cammino. Gira e gira con la sua flotta, e passa dalla Sicilia. Nei pressi di Trapani, Anchise muore. Si rivedranno, ma questa è un'altra storia.
Approda, il nostro, a Cartagine. C'è da dire che tutto lo sbattimento marittimo è dovuto a Giunone, che pare mangi pane e rancore per i Troiani, quindi non risparmia loro tempeste e naufragi.
A Cartagine, però, saranno i cuori ad andare in tempesta; la faccio breve: Enea e la regina Didone, nonostante non potrebbero per un putiferio di motivi, si innamorano alla follia.
Didone è bella, è regina, è fiera. Ed è anche un pochino triste. Ma permettetemi una digressione, giusto per mostrare quanto fosse adamantina l'intelligenza di questa donna.
Didone, nota anche come Elissa, era una nobildonna fenicia, figlia del re di Tiro e, per un po', regina consorte della stessa città insieme al suo adorato Sicheo. Elissa però aveva un fratello intriso di invidia e sete di potere, tale Pigmalione, quindi presto si ritrovò vedova proprio per mano del suo stesso sangue. Per evitare una guerra civile, santa donna, prese baracche, burattini e qualche seguace e cercò ventura altrove.
Approdata sulle coste libiche, incontra il re Iarba. Prendo un poco di terra per me e per i miei amici, gli dice. E lui, siccome era una femmina, ridacchiando sotto i baffi gliene concede molto volentieri tanta quanta poteva starcene dentro una pelle di bue.
Me la vedo, Didone/Elissa, a fare la parte della femmina arresa: abbassa il capo, ringrazia, arretra... Poi prende una pelle di bue, la fa a striscette sottili sottili che nemmeno i capellini d'angelo per il brodo, e ci cinge tanta di quella terra da fondare una città coi fiocchi: Cartagine.
Quindi, di nuovo regnante, Didone si può dedicare al suo sconforto: la vedovanza le brucia l'anima, perché grande era l'amore per Sicheo. Una delle molte leggende parallele la vuole sposa in seconde nozze a uno del posto, un tale Barca, da cui di barchetta in barchetta – era una vita che sognavo di scriverlo! - discese il famoso Annibale, acerrimo nemico dei Romani.
Ma a noi interessa il punto in cui Didone, regina intelligente bella e fiera della sua Cartagine, si imbatte nel secondo grande amore della sua vita: il bricconcello di Enea. Lei lo sa, quell'amore non s'ha da fare, se lo sente in ogni fibra del suo corpo. Anche quando si confida con la sorella, dicendole appunto di aver perso la testa per il bel Troiano, vorrebbe sfuggire a quell'amore.
Non si fugge dal proprio destino, ci insegnano gli antichi. Didone non può non innamorarsi e, nel contempo, non può scappare dalle conseguenze di questo amore.
E però l'amore è amore, irresistibile. Durante una battuta di caccia, la regina e il suo ospite si trovano avvinghiati in un patto mortal amoroso, complici un brutto temporale e una grotta pronta a dare riparo. Cioè, copulano. E con grande felicità, pure! Ora, da che mondo è mondo, la felicità ha la sua acme, per poi sprofondare nell'esatto opposto, tanto più se a metterci lo zampino è l'invidia altrui. È proprio l'invidia di Iarba, furioso con Enea che gli stava rubando la concupita e la di lei terra – sì, Iarba mirava a riprendersi il territorio di Cartagine, passando dalle grazie di Didone – a sgretolare il sogno d'amore dei due. Iarba è figlio a Giove Ammone, e che fa, non glielo chiede un favore a papà? Detto, fatto.
Mentre i due amanti sono fidanzati ufficialmente, agognanti nozze che forse nemmeno i Casamonica, Iarba chiede e ottiene un trasferimento d'ufficio del suo rivale.
Giove manda Mercurio a Cartagine perché intimi a Enea di partire subito subito: ha una missione da compiere, fondare una città.
E immagino il dialogo.
Didò, devo partire, dice lui.
Te lo sogni, risponde lei.
Eddai, lo ha deciso Giove! Chiedi a Mercurio, se non mi credi.
No no, non se ne parla. Io già mi sono compromessa, che figura ci faccio?
Ti prometto che torno.
Ma se non ci credi nemmeno tu... Non partire, e basta.
Didonuccia, devo andare, giuro che non è colpa mia.
Guarda che ti maledico, eh! Te e tutta la tua discendenza, fino alla settima generazione, e che le nostre discendenze si massacrino a vicenda!
E fallo...
Già l'ho fatto!
Ah. E allora, me ne vado. Eravamo solo fidanzati, in fondo.
Vai, vai! Ma chi ti vuole?!
Sarà andata più o meno così, con Didone che si allontana - calma fuori e furiosa dentro - ed Enea più basito che persuaso. Lei sceglierà una fine drastica, tanta la rabbia di aver infranto l'amore eterno per Sicheo per il primo Enea di passaggio. Lui ci rimarrà malissimo, tant'è che nell'oltretomba proverà a parlarle. Ma Didone è femmina, quindi sa che la migliore vendetta è il silenzio gelido: non lo guarda nemmeno e si ricongiunge al suo amato Sicheo.
Enea piange.
Pazienza.

Maria Giovanna Fanelli

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