Per lungo tempo, l’intento del nostro Stato è stato quello di garantire la stabilità della famiglia in considerazione dei compiti di rilevanza sociale che essa era chiamata a svolgere, quali la trasmissione della vita, la cura e la tutela della salute dei suoi membri, l’istruzione e l’educazione della prole, l’assistenza degli anziani. L’art. 29 della nostra Costituzione enuncia una vera e propria definizione della famiglia allorché stabilisce che la Repubblica ne riconosce e garantisce i diritti come società naturale fondata sul matrimonio. Essa richiama un passo del De Officiis di Cicerone, in cui si predica che tutti gli esseri viventi tendono per natura alla procreazione e perciò la prima forma di società si attua nel “coniugium”, la seconda nella relazione con i figli e, da ultimo, nell’unità della casa, intesa come il primo principio della città e quasi il semenzaio dello Stato. Pertanto, secondo questa concezione, la famiglia costituisce il fondamento della società. Prendendo alla lettera la disposizione costituzionale di cui sopra, appare che la Costituzione consideri la famiglia un’entità esistente in natura, quasi preesistente all’ordinamento dello Stato, alla cui base è previsto un atto giuridico che è il matrimonio. Questa lettura, che pure in passato è stata seguita, non pare più aderente al significato che oggi le norme assumono, specie nel contesto di altre regole e normative sovranazionali. Nella visione del costituente italiano, infatti, la famiglia sembrava rappresentare una formazione sociale ben identificata, alla cui base vi era il matrimonio, all’opposto, nelle normative sovranazionali che si sono sviluppate nel tempo, e recepite dal nostro ordinamento, vige il principio della valorizzazione dei profili individuali; manca una prospettiva propriamente incentrata sulla comunità familiare, facendo prevalere i diritti del singolo a scapito di quelli familiari. Basti pensare a quanto disposto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, e dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali che nel corso degli anni, ambedue, hanno ricondotto nell’alveo della nozione di vita familiare oltre al matrimonio eterosessuale, anche le convivenze, sia quelle eterosessuali che tra persone dello stesso sesso e le unioni civili tra persone dello stesso sesso, normative che hanno fatto sì che l’ordinamento tratti come familiari legami di coppia e di discendenza anche relazioni che prescindono dal matrimonio e dalla diversità di sesso. Tutto ciò rappresenta una profonda e radicale innovazione, considerato che fino ad un recente passato, l’unica famiglia che la legge disciplinava era quella matrimoniale, salvo riconoscere qualche settoriale rilevanza alla convivenza di fatto. Il matrimonio non si configura più quale necessario presupposto per dar vita a legami familiari, che ad oggi, possono sorgere indipendentemente dalla sussistenza del vincolo matrimoniale. Il numero delle coppie non coniugate, infatti, si è notevolmente incrementato e la percentuale di nascite fuori dal matrimonio, che non raggiungeva il 3% fino ai primi anni 80, si è elevata a quasi il 40% già nel 2018, il che testimonia, da un lato, la progressiva perdita di esclusività e di prestigio della famiglia fondata sul matrimonio e, dall’altro, l’accettazione sociale di modelli familiari che da esso prescindono. Tutti elementi che dovrebbero portarci, fuori da ogni ideologia e comunque sempre nel rispetto della persona umana, quanto meno a delle riflessioni sulla direzione intrapresa. Basti pensare al consolidamento della giurisprudenza in tema di affidamento e adozione in favore di coppie dello stesso sesso, provvedimenti che suscitano perplessità, considerato che al momento non sono in concreto prevedibili le conseguenze sullo sviluppo psichico del bambino collocato in un ambiente domestico in cui le figure genitoriali siano incarnate da persone dello stesso sesso. Sono favorevole a tutti i cambiamenti riguardanti la famiglia che ho cercato di sintetizzare sopra? Non credo di avere una risposta certa e assoluta. Ma i tempi cambiano e io ci rifletto.
Salvatore Desari, nasce a Vittoria, nel 1978. Frequenta il Liceo Scientifico a Vittoria e l'Università di Giurisprudenza a Catania. Da sempre libero appassionato di lettura e scrittura.
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