Il matrimonio di Peleo e Teti
Maria Giovanna Fanelli
14 agosto 2024
Desiderato, deprecato, sacro o profano che sia, il matrimonio resta una delle più grandi invenzioni del genere umano. È la più romantica delle convenzioni sociali, è il persemprefinchédura, è un atto civile a cui vogliamo conferire un pizzico di solennità, ciascuno a modo proprio.
Tutti dovrebbero sposarsi almeno una volta nella vita, anche solo per vedere l'effetto che fa. Ma per ogni umano che non vuole vincoli, ce ne sono almeno due che ci prendono gusto e si sposano più e più volte.
Il matrimonio piace, non neghiamolo. Certo, ci piace un po' meno quando è d'estate, in Sicilia e con quaranta gradi all'ombra; ma anche lì perdoniamo velocemente: cibo, vino, gran sudata, e passa la paura.
Cibo e vino, perché non c'è cerimonia nuziale, per quanto semplice possa essere, che non indulga in un brindisi con spizzulìo, come minimo. Poi ci sono i banchetti luculliani, sfarzosi e costosissimi, per i quali conviene digiunare due giorni prima e due giorni dopo; di solito, surclassano i cenoni di Natale in un battito di ciglia, con il non sottovalutabile svantaggio che il cenone è spesso casalingo e quindi pantofolato, il matrimonio invece è in ghingheri; salvo poi, certe esplosioni di panciotti e corsetti (lo so, non si usano, ma converrete con me che danno la perfetta idea degli abiti eleganti maschili e femminili) e lanci inconsulti di tacchi a spillo.
Da che mondo è mondo, questo contratto è andato a braccetto con il festeggiamento. E se gli uomini festeggiano le nozze, figuriamoci gli Dei! Molte sono le nozze celebri del pantheon olimpico, ma quello di Peleo e Teti fu, senza dubbio, il matrimonio dei matrimoni, prima, durante e dopo.
Intanto, l'eccezionalità dell'unione: Peleo è un mortale, e pure un po' sfigato; Teti, invece, è una nereide, ninfa bellissima figlia di Nereo e Doride, divinità del mare. Poi, e scusate se è poco, la forzatura dell'unione: matrimonio combinato fu, e molto sgradito alla sposa, a primo acchito.
Teti, dicevamo, era una ninfa del mare, della cui bellezza si innamoravano uomini e Dei. Ma non Dei da due spicci, bensì Dei di quelli importanti: se la contendevano Zeus e Poseidone.
Succede che una prozia per parte di madre, Temi, spifferò una profezia: dalle nozze di Teti, chiunque fosse stato il marito, sarebbe nato un figlio così potente da spodestare il padre. Temi non era una che parlava tanto per dare fiato alla bocca, stiamo parlando di una titanide attendibile, nonché moglie di Zeus.
Piccolo inciso: Zeus rientra nella categoria di quelli a cui i matrimoni piacciono un sacco, soprattutto i suoi, quindi ne colleziona diversi, che restano comunque nulla a confronto delle innumerevoli amanti.
Temi, forse per gelosia chissà, sussurrò la profezia all'orecchio di Prometeo, che entrò subito in allerta: un figlio più potente del padre non è una cosa buona se il padre è il sovrano dell'Olimpo o il re del mare. Qua bisogna scegliere un altro marito, disse Prometeo ai due signori. Consapevoli tutti delle conseguenze disastrose, scelsero di sbolognare il problema agli umani, individuando in Peleo il marito ideale per Teti.
Peleo era perfetto per essere superato da un figlio: passava da un esilio all'altro perché, per colpa o per sfiga, si macchiava sempre di robe gravissime. Quando era ancora figlio di famiglia, insieme al fratello Telamone aveva ucciso il fratellastro Foco. Il movente? L'invidia. Foco era il prediletto del padre perché era bello e bravo; dalla rosicata al fratricidio fu un attimo. Peleo trovò conforto a Ftia, dove il re Attore e i suoi figli lo accolsero a braccia aperte, anzi uno di questi lo purificò dal delitto tant'è che poté sposarne una (o più, vai a capire bene come fu il fatto) sorella e diventare in seguito re. Euritione era il nome del figlio di re, purificatore del nostro, e Antigone (no, non è quella famosa, è un'altra ) è il nome della sorella datagli in sposa, quella più accreditata dalle fonti. Tutto filava liscio per Peleo... Non va a colpire accidentalmente e mortalmente Euritione durante la caccia al cinghiale caledonio? La fuga era la migliore delle scelte, a questo punto.
Un altro paio di disavventure al cardiopalma, e finalmente il suo destino si compie: gli dei avevano deciso che doveva essere proprio lui a subire una progenie importante, quindi gli misero davanti al muso la strepitosa Teti, obbligando entrambi a contrarre matrimonio.
Peleo, nemmeno a dirlo, felicissimo. Teti, molto meno, le cose giuste; la ninfa andò su tutte le furie e inanellò una lunga serie di trasformazioni spaventose e pericolose per mostrare il suo dissenso. Al volere degli dei, però, difficilmente si sfugge: gira vota e furria, il matrimonio s'ha da fare, e pure in grande stile. Ché, poi, Teti cominciava ad apprezzare l'umano, perché questi l'amava anche trasformata in fiamma o tigre. Dove lo trovo un altro così amuruso, si sarà detta.
E me lo immagino, Peleo, dopo una vita di umane tribolazioni: ora sta per imparentarsi con l'Olimpo, e poco gli importa della profezia che lo vede già padre del celeberrimo Achille, tanto più che per le nozze non scucirà sicuramente un soldo, dato che ci pensano i parenti della sposa. Il matrimonio non solo s'ha da fare, ma deve essere appunto l'apoteosi dello sfarzo, più scintillante di una festicciola dei Casamonica, più corrusco del Castello delle Cerimonie.
I piccioncini scelsero la location: il monte Pélio, vicino all'Olimpo, era di sicuro il posto migliore a cui potessero aspirare. I preparativi entrarono nel clou, ma non prima dell'invio delle partecipazioni. Tutte le dee e tutti gli Dei dell'Olimpo, inclusi quelli differiti in mare e sottoterra, ricevettero il cartoncino in pergamena vergato d'oro.
Tutti. Meno due.
Uno era Elio, secondo alcune fonti: doveva far sì che i suoi raggi splendessero sul convivio, non poteva certo lasciare il ponte di comando. Mezza pena, pare disse il dio caldo e luminoso, mi sono risparmiato un regalone.
Un'altra era Eris, per gli amici Discordia: dopo un breve consulto, i futuri coniugi decisero che era meglio non coinvolgerla. Troppo rissosa, rancorosa, cupa. Il gioco non sarebbe valso la candela, tanto più che la signora era nota per fare regali da braccino corto.
Finalmente arrivò il giorno atteso e tutto era pronto: ori e porcellane, broccati e merletti, ogni cosa era sfarzosa e anche di più. Gli ospiti, commossi e sorridenti, entrarono nelle sale della cerimonia portando regali sontuosi e divini. I due sposi si guardavano gongolanti a ogni dono ricevuto, mentre gli ospiti si lanciavano sugli aperitivi.
Si aprirono le danze ancor prima del banchetto, e nessuna dea volle rinunciare a un paio di volteggi fra le braccia di eleganti accompagnatori. L'ambrosia immortale scorreva a fiumi e tutti, ebbri di liquori e celebrità, sorvegliavano il via vai dei servi: il banchetto era imminente, la lunga tavolata era quasi pronta.
Peleo e Teti, dopo un lento sulle note dell'arpa di Apollo, chiamarono a raccolta gli ospiti e li scortarono fino alla tavola. Qui campeggiava ogni ben di dio, esattamente come Zeus in persona aveva previsto.
A un tratto, i denti degli ospiti conficcati in succulenti cosciotti, la porta del salone si spalancò lasciando che un alito gelido imperlasse di sudore le divine schiene. A bocca chiusa e denti stretti, Eris fece il suo ingresso. Si guardò intorno, smorfiò all'indirizzo di Teti, infilò la mano destra sotto il mantello funereo e tirò fuori qualcosa che lanciò lungo la tavola.
Tintinnìo, rotolìo, luccichìo, e tutti muti.
Gli sposini si guardarono. Era un regalo? Nemmeno il tempo di dare voce alle occhiate, che Artemide aveva già allungato la mano per afferrare l'oggetto. Era un pomo d'oro con un'incisione in calligrafia. Artemide lesse a voce alta: alla più bella.
Sulle note della numero 5 di Beethoven – per dare il giusto suono al panico negli occhi dei presenti, congediamo queste nozze con la consapevolezza della catena di eventi appena innescata.
Ma questa, come molte e molte altre, è un'altra storia.
Maria, all'anagrafe, tutti mi conoscono come Mariagiovanna.
Sono nata a Ragusa, da papà pugliese e mamma camarinense. Ho vissuto nel siracusano, a Ragusa e a Catania. Adesso, vivo al mare.
Mi occupo di servizi editoriali (editing, affiancamento all'autore, copy writing per i social, ghost writing e correzione bozze), quindi leggo e scrivo molto per lavoro. Una robusta fetta del mio lavoro è costituita da piccoli e sfiziosi laboratori di scrittura narrativa, sia per adulti che per ragazzi.
Scrivo molto anche per diletto. Mi piace raccontare storie, storie di ogni tipo, dalla storia d'amore al mito greco. Appassionata di mitologia sin da bambina, mi diverto a sfrondare i miti da pesantezze accademiche, in modo che tutti possano apprezzarli. Sul web, fra varie piattaforme e blog, c'è sostanziosa testimonianza della mia scrittura.
Posso ritenermi una forte lettrice, perché uno dei miei principali hobby, da sempre, è la lettura. Ad essa accompagno la musica e la politica. Da qualche anno, ho imparato ad apprezzare lo yoga per il benessere psicofisico che esso comporta. Non amo granché, invece, le biografie, infatti confesso di essere in serie difficoltà.
Negli anni, mi è capitato molte volte di partecipare a raccolte di racconti;
due su tutte: Cartoline dalla Sicilia, L'erudita edizioni, alla quale ho partecipato con un racconto brevissimo, Il pranzo al mare; e La Fornaia, nella raccolta Racconti a Donnafugata, edita da Kreativamente edizioni.
Al momento, sono immersa nella stesura del mio primo romanzo: dopo averne accompagnati diversi fino alla pubblicazione, m'è venuta voglia di scriverne uno anch'io. Non è facile né scontato come potrebbe sembrare.