I figli sono della madre, di mamma ce n’è una sola, moglie e buoi dei paesi tuoi, dietro un grande uomo c’è sempre una grande moglie. È chiarissimo, la saggezza popolare non sbaglia mai.
Già i romani, d’altra parte, avevano fatto derivare il termine matrimonio dall’unione di due parole latine: mater ("madre", "genitrice") e munus ("compito", "dovere"). Il matrimonium era quindi, già nel diritto romano, un "compito della madre", un dovere per la moglie, un obbligo unilaterale che non riguardava il maschio. Possiamo pensare che anche i nostri grandi progenitori latini si sbagliavano?
Il fascismo, poi - che di donne se ne intendeva - definiva la moglie “angelo del focolare” e “regina della casa” che vive per il marito ed accudisce per sua “essenza” in casa. Legittimava perfino lo ius corrigendi del marito e, sebbene a “solo scopo rieducativo”, ammetteva il diritto del marito di percuotere la moglie. Non è assurdo allora criticare la virile ideologia fascista che oggi vive una seconda giovinezza?
Perfino la Chiesa tra i doveri delle spose elencati in un famoso numero di Famiglia Cristina enunciava espressamente l’obbligo di rispettare il marito come capo, di obbedirgli come superiore e di rispondergli con grande mansuetudine. Vogliamo ardire di criticare anche la Sacra Romana Chiesa?
E l’ordinamento giudiziario dell’Italia repubblicana, allora? Non è forse vero che fino al 1981 si ammetteva ancora il delitto d’onore e il matrimonio riparatore dopo uno stupro? Davvero si può pensare che anche la declamata Repubblica è stata retrograda?
Perfino la nostra Presidente del consiglio oggi viene spesso definita una “donna con gli attributi”. Lei stessa non sembra turbata dall’appellativo ed anzi, a volte, pare anche compiacersene e godere nel definirsi pro famiglia assumendo le caratteristiche del marito. Appare in pubblico più coi pantaloni che con la gonna. Ci sarà un motivo, no?
Ed allora, rassegnatevi donne. Rassegniamoci tutti.
Non si può cambiare il corso della storia o il fluire naturale delle cose. I novelli Vannacci hanno ragione, il moderno potrà anche tendere ad abolire la differenza tra i sessi ma la coppia moderna paradigmatica sarà comunque sempre formata da due individui di sesso diverso, gerarchicamente organizzati in un’unione in cui uno sarà al servizio dell’altro. Non c’è alternativa. Non c’è spazio per unioni diverse dal matrimonium che si basino su rapporti paritetici tra individui.
Lo ha lasciato intendere anche Bandecchi, il virile sindaco di Terni, quando ha intimato a una deputata di stare zitta perché parlava lui. Lo ha sostenuto il cattolicissimo senatore Pillon quando ha definito le mogli più portate all’accudimento della casa e i mariti più vocati per le materie tecniche. Perfino Vespa, nel suo immortale salotto televisivo, ha ritenuto di dovere affidare ad una platea di soli maschi un seguitissimo dibattito sull’aborto escludendo ogni femmina dalla discussione.
La donna, d’altra parte, ha da essere Madonna a casa e Eva nel bordello. Niente di più.
Tina Anselmi e Nilde Iotti sono state degli incidenti di percorso. Femmine “con le palle” che hanno solo fatto perdere tempo al vento del progresso, ma non l’hanno fermato.
Alalà!
Sergio Guastella è nato e vive a Ragusa dove, da sveglio, esercita per passione la professione forense e, quando dovrebbe dormire, sfrutta l’insonnia per immaginare altre vite.
Ha pubblicato Il Capitano (2014).
Il suo racconto Cose dell’altro mondo è stato pubblicato (2021) nel volume I racconti dell’ultimo bicchiere edito da LC Publishing Group.
Altro racconto Aspettando Totò è stato pubblicato (2023) nella raccolta di Autori Vari Racconti di Donnafugata edita da Kreativamente Editrice.
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