Quattro matrimoni e un funerale fu un caso cinematografico a livello mondiale. Le aspettative iniziali erano limitate, così come il budget, talmente ridotto da costringere talvolta il regista a delle riprese frettolose. Addirittura Mike Newell chiese scusa al pubblico per una scena, realizzata riunendo in un’unica inquadratura gran parte dei protagonisti all’interno di una porta. Se ne vergognò tanto ma era in quel momento l’unico modo per essere in linea con tempi e costi.
Eppure questo film all’epoca rappresentò l’incasso più clamoroso mai registrato da una produzione britannica. Il suo segreto? Secondo me la freschezza generale, l’affiatamento degli attori ed un’ottima scrittura (Nomination agli Oscar quale miglior sceneggiatura originale per Richard Curtis). È un film che rispetta, sia pure con toni a volte irriverenti, i canoni di una tradizionale commedia sentimentale. Fa tanto ridere e fa anche commuovere. Merita un plauso anche chi ha curato la versione italiana. Le esclamazioni di Hugh Grant (“Cazzo! Cazzissimo! Cazzo!!!” a commentare i suoi ritardi patologici; le imprecazioni in sagrestia contro se stesso prima del suo matrimonio) e le gaffes del novello sacerdote (il Rowan Atkinson di “Mr Bean” che benedice nel nome del Padre, del Figlio e dello “spiritoso” Santo) sono così divertenti che i cinema esplodevano in fragorose risate. E poi c’è, a librarsi probabilmente sopra tutti gli altri (comunque bravissimi), Simon Callow, splendido interprete di Gareth, un omosessuale pieno di humour, empatia e gioia di vivere. Secondo me si tratta del miglior disegno di un personaggio gay mai espresso da una pellicola. Forse neanche Pedro Almodòvar ha raggiunto un risultato così coinvolgente e ricco di realistica sensibilità. L’omosessualità era ancora marchiata dalla tragedia AIDS nonché dai consueti pregiudizi e dalla cattiveria persistente. Ma dopo Quattro matrimoni e un funerale qualcosa cambiò. L’impatto emotivo della poesia di Wystan Auden recitata nel film, la bellezza del personaggio di Gareth e vari flash di semplice e “normale” quotidianità della sua convivenza con Matthew offrirono un quadro di realismo e di rispetto rappresentando un enorme salto di qualità nell’approfondimento del tema, seppur in una commedia dai toni leggeri. Tra un sorriso e un altro ti veniva detto: spettatore, sappi che c’è anche questo tipo di amore e può essere vero, profondo, stabile. Una rivoluzione nel 1994.
La trama: Charles (Hugh Grant) vede trascorrere il tempo, gli altri si sposano e lui no. Così comincia ad avvertire un senso di disagio, confusione, inadeguatezza. Le sue relazioni sembrano non arrivare mai a nulla di concreto. Preso dallo sconforto cede all’idea nefasta di sposarsi con una donna che non ha mai amato. Gli esiti ovviamente sono disastrosi. Finché non capisce che soffre semplicemente di una irreversibile allergia ai matrimoni, si rende conto del sentimento sincero che prova per Carrie (Andie McDowell) e decide di farle una dichiarazione d’amore del tutto fuori dagli schemi: “Vuoi tu NON sposarmi?” British humour geniale che percorre tutto il film e che, anche in un finale originale e sincero, spara i suoi fuochi d’artificio.
Marcello Gurrieri è nato a Ragusa il 09/05/1973 ma risiede a Mascalucia (CT). Ha curato per 10 anni, dal 2007 al 2017, per il sito di Legambiente Catania, la rubrica "ecofilm...ecopensieri" incentrata su opere artistiche a tema ambientale; ha inoltre scritto piccole recensioni cinematografiche per vari periodici e articoli sull'attualità per "Argo Catania". Ha frequentato il corso di sceneggiatura cinematografica tenuto presso il Teatro Impulso di Catania. Ha scritto e pubblicato i seguenti libri: "Le anime libere della notte" con la casa editrice Libroitaliano; "L'ostinazione della speranza - Credere, sentire, vivere" e "Il rugby ... secondo me" con ilmiolibro.it. Ha inoltre scritto altri piccoli lavori divulgati autonomamente: "Grazie bisteccone! - Omaggio a Giampiero Galeazzi"; "I portieri più pazzi del mondo"; "Magma rock - Eravamo ragazzi nella Seattle d'Italia"; "Zagare nell'universo". Ha lavorato prevalentemente nel sociale e continua attualmente a farlo.
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