Questo pettine ha tre funzioni: prima funzione è quella di far passare attraverso i denti l’orditura del telaio, la seconda funzione è mangereccia, serve per fare i cuddureddi, terza funzione serviva per combinare un matrimonio. In una vanedda, si è sposata una mia parente, proprio con questo pettine a cui è legato un nastro rosso portafortuna.
In una famiglia nobile era sempre il papà che decideva sull’avvenire dei figli, mentre in una famiglia normale era la mamma. Il padre era all’oscuro dell’andamento della famiglia.
La famiglia della mia parente abitava vicino ad una altra famiglia, dove c’era un picciutieddu,‘a màtri ro picciutieddu ci piacìa ca sa figghiu s’accasàsse c’a figghia ra ma parenti, perché la figlia della mia parente era na brava picciotta, era garbata, sapeva tessere, perché una brava sposa doveva farsi il corredo e poi fare il corredo per gli altri per contribuire all’economia della famiglia.
A ddì tièmpi, c’era‘n vìzziu, ca c’è macàri ora: chìddu ri mintìrisi r’arrièri a pirsiàna e taliàri, vìru e nun vìru, sùlu ppì sapìri i fatti i l’àutri.
Allùra, ìu ca sugnu a matri ro’ picciuòttu, viègnu nnì tìa ca sì a matri ra’ picciòtta,
io non ti dico niente, però portandoti questo pettine tu sai cosa significa. Ti dico solo che questo pettine non funziona e ti chiedo di controllarlo e che ritornerò dopo una settimana. Perché una settimana? Perché tu devi parlare con tuo marito di temi abbastanza importanti: chi ci rùgnu a ma fìgghia, se c’avìmu i sòrdi e se nun c’iavìmu. Duòppu ‘na simàna, ìu viègnu e tuppulìu:“cummàre cuom’è, funziona u pèttini?”
La madre della ragazza, prende in mano il pettine e il nastro ad esse legato e contando i denti davanti all’altra comare ferma il nastro secondo la decisione che ha preso col marito. Se contando si ferma al nono dente, NOvi, vuol dire che l’accordo non si è fatto. Però non mi posso offendere, perché io non ti ho chiesto di accasare i nostri figli, quindi rispondo arrivederci e amici come prima. Se invece il nastrino rosso è posto dopo sedici denti, Sirici, allora accetti la mia proposta, ed è stato questo l’esito che ha portato al matrimonio della mia parente. Certo, a questo buon fine non si poteva esultare, quindi rispondo: “va bbèni cummàri, una ri sti sìri vinìmu a casa vostra a bere un bicchiere di vino”, perché da questo momento i mariti avranno tempo tre mesi pi parràri re turrìna e ra ddòti, noiatre cumari a da parlare d’autro e i figli di cosa devono parlare? Di niente, perché non sanno niente di tutto ciò, si devono solo guardare da lontano.
E raccussì fu! Duòppo tri mìsi s’a spusàrru! Non è che SI sposarono, LI sposarono. Ma sòggira mi ricìa: a cunuscenza avvina a giugno e u matrimòniu a sittèmbri!
Trascrizione di un racconto della dott.sa Giovanna Giallongo, co-direttrice del Museo del Costume di Scicli, registrato in occasione di un incontro della rassegna Poetica iblea, stagione 2023-2024.
Ringrazio l’autrice per la gentile concessione e per la consulenza dialettale.
Rita Luciani nasce a Roma nel 1968, dopo la Maturità Classica si trasferisce a Modena, lavora e si laurea in Sociologia. Dal 2019 è residente a Scicli (RG), da pensionata e grata alla vita, si dedica alle sue passioni e ai suoi hobby.
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