Il matrimonio non è per gente normale, appartiene all’amore, cioè all’eros, che non obbedisce alla ragione ma all’irrazionale, alla follia. Il trasporto dell’amore non si spiega, non appartiene alla ragione: “quella persona non fa per te, ragiona”: no, l’amore non ragiona. È cieco, no? Lo dicono tutti e invece io dico che ci vede benissimo e vede ciò che cerca, cioè il completamento della propria anima, che va al di là delle parole, delle ragioni economiche, di interesse, di convenienza etc. L’amore cerca l’altra metà, come si dice, la dolce metà, ecco proprio quella di cui si fida ciecamente e alla quale si affida ciecamente, perché tira fuori il suo bello, il suo senso pieno. Noi siamo completi solo con l’altra metà dalla quale siamo stati separati, non importa il sesso di questa altra metà, può essere uguale al nostro o diverso, l’importante è che sia la metà giusta.
Come il nay, il flauto che accompagna le danze dei dervisci rotanti che, come dice Jalal al-Din Rumi, suona triste perché è stato separato dalla canna che lo ha generato, che ricorda con grande nostalgia e con cui vorrebbe ricongiungersi, così facciamo noi che nell’amplesso compiamo il nostro senso pieno, totale e celebriamo il nostro ricongiungimento con l’anima gemella che ci siamo persi. Non parliamo di sesso ma di anima, e quindi neanche di incontri occasionali, piuttosto, di un’occasione unica, che non si ripeterà mai più, perché l’altra metà della nostra anima non si replica, è quella e basta.
Gli artisti tirano fuori la bellezza, che esprime ciò a cui non manca nulla, la completezza, il senso compiuto e spesso rimangono prigionieri di questa bellezza folle, divina, come Van Gogh e come tanti altri, perché la bellezza non appartiene alla ragione, ma al divino che non ragiona e il matrimonio è la stessa cosa. Ci vuole coraggio per perdersi in un terreno in cui ci mancano i punti di riferimento, in cui dobbiamo fidarci dell’altro, che non abbiamo mai percorso, in cui rischiamo di perderci per sempre, perché completi non saremo più come siamo adesso. Ma noi tutto questo lo saltiamo e riduciamo il matrimonio alla ragione.
Forse, come ha detto qualcuno, dovremmo chiamarlo “matricomio” e non matrimonio, così sarebbe più chiaro che si tratta di un passo verso la follia. Di un inoltrarsi in un sentiero tanto sconosciuto quanto seducente, per percorrere il quale ci vuole il coraggio della pazzia, non la prudenza della ragione.
Guglielmo Tasca è nato a Scicli (RG) nel 1962. Si è laureato al Dams e negli anni ha approfondito lo studio delle musiche e delle tradizioni popolari siciliane.
Nel 1996 ha vinto, insieme a Rinaldo Donati, il premio Recanati per la canzone d’autore con il brano Beddu nostru Signuri. Ha inciso numerosi dischi e si è esibito su palcoscenici.
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