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Come liberarsi del marito

Rita Luciani 14 settembre 2024


Prima dell’introduzione del divorzio come ci si comportava? Se ai maschi erano tollerati tradimenti, figli illegittimi e una condotta di vita libertina, le donne non avevano vie d’uscita costrette dalla dipendenza economica maschile e dalla morale famigliare e religiosa in una società fortemente patriarcale. Quindi quando si innamoravano di un altro uomo o volevano lasciare il marito si poneva un bel problema.
Alle donne che vivevano a Palermo verso le fine del Settecento venne in aiuto una maliarda denominata successivamente la vecchia dell’aceto.
È il 30 luglio del 1789, siamo a Palermo, in Piazza Vigliena, i Quattro Canti, dove è stato allestito un patibolo come non se ne vedevano dall’ultima vittima dell’Inquisizione del 1723. La condannata è Giovanna Bonanno, l’avvelenatrice di Palermo che vendeva lozioni contro i pidocchi, il che non costituiva reato, se non fosse perché questo rimedio lo utilizzavano anche le donne esauste e infelici per sbarazzarsi dei mariti. La fattucchiera Bonanno, dopo aver scoperto per caso che la lozione a base di arsenico era letale anche per uomini e animali, pensò di suggerire questa soluzione rapida ed efficace alle donne che si recavano da lei per affatturare i mariti. Le mogli palermitane vessate dal coniuge o desiderose di un futuro migliore, portavano così a casa per pochi spiccioli la bottiglietta contenente la miscela al gusto d’aceto con la quale condivano pietanze da servire ai mariti che nel giro di pochi giorni, con dolori addominali e vomito, ma senza lasciar traccia dell’avvelenamento sul corpo, liberavano le consorti dai vincoli matrimoniali. Il commercio dell’aceto proseguì per due anni, poi arrivarono indagini e arresti per sei omicidi, ma il numero esatto delle vittime mai si saprà.
I documenti processuali riportano che le uxoricide vennero condannate a pene leggere semplicemente perché ritenevano che l’aceto agisse per vie soprannaturali, mentre Giovanna Bonanno fu impiccata per stregoneria e veneficio. Pare che lei avesse provato a giustificarsi adducendo come scusante quanto l’omicidio del coniuge fosse in fondo il male minore, infatti se il marito avesse scoperto il tradimento, anziché una, sarebbero morte due persone: la moglie e l’amante.

La legge del divorzio fu introdotta in Italia nel 1970, ma non cambiò immediatamente costumi e abitudini, non sconfisse in breve tempo morale religiosa e stereotipi patriarcali, se pur voluta e auspicata da moltissimi italiani. Il 29 dicembre del 1970 fu il Tribunale di Modena ad applicare per primo la legge sul divorzio, permettendo a Luisa Benassi di sciogliere il suo matrimonio. Il primo divorzio fu richiesto quindi da una donna coraggiosa, una pioniera che sfidò giudizi e infamie di una società ancora bigotta, infatti qualcuno la definì una donnaccia soloper essersi svincolata dai doveri coniugali.
La resistenza dei moralisti e conservatori portò nel 1974 al referendum per abrogare la legge, promosso dalla Dc e dal Movimento Sociale Italiano col supporto del Vaticano. Durante un comizio a favore del divorzio nella campagna referendaria in Sicilia, Leonardo Sciascia racconta di un oratore che cerca di convincere l’uditorio della necessità del divorzio, e lo fa portando degli esempi indiscutibili, ma viene sempre interrotto da una signora anziana “asciutta, ferrigna, un’aria aggressiva”, la quale ha una sua invariabile soluzione, che rende superfluo il divorzio: “Si ammazza”. Ogni argomentazione dell’oratore risulta inutile, e Sciascia così chiude il suo resoconto dell’episodio: “Il comiziante si serba, come ultimo colpo, come ultima speranza, il caso dell’incesto. Quando l’espone, si rivolge infine alla vecchia – E in questo caso che si fa, si ammazza? – E la vecchia, prontissima – Prima si fa una grande festa in casa, per non far capire niente alla gente: e poi si ammazza”.

Nonostante reminiscenze o reincarnazioni di Giovanna Bonanno e delle sue clienti, strascichi di una cultura che preferisce farsi giustizia da sé per nascondere misfatti e drammi famigliari, la Sicilia votò a favore del divorzio, contravvenendo a quanti erano convinti che le donne si sarebbero schierate sul fronte reazionario, perché temevano di perdere la protezione finanziaria degli uomini o che i siciliani avrebbero seguito i dettami del Vaticano e dei politici ad esso fedeli.

 

Foto: Mezzo busto Giovanna Bonanno detta Vecchia dell’aceto, Palermo XIX sec.
Museo Etnografico Giuseppe Pitrè- Palermo


Rita Luciani

Rita Luciani nasce a Roma nel 1968, dopo la Maturità Classica si trasferisce a Modena, lavora e si laurea in Sociologia. Dal 2019 è residente a Scicli (RG), da pensionata e grata alla vita, si dedica alle sue passioni e ai suoi hobby.

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