Ci sono personaggi “televisivi”, nati, cresciuti, e alcune volte “ammuffiti” dentro la discussa scatola. E ce ne sono degli altri che la televisione l’hanno resa strumento di approfondimento culturale entrando nelle case con incisiva delicatezza. Tra di essi sicuramente Gianni Minà, esempio di Giornalismo con la g maiuscola al quale accostava un modo personalissimo di approcciarsi alle storie dei singoli per farle diventare racconto sociale di livello altissimo. Gianni Minà non era solo un segugio da notizia, uno di quei cani da combattimento che, pur di avere lo scoop, sarebbero disposti a vendere la madre al miglior offerente. Lo stile di quest’uomo andava oltre. Lui non cercava il gossip ma la verità. Ed entrava con così tanto rispetto ed empatia nell’intimità dell’intervistato che subentrava un sentimento di sincera amicizia. Fu così, ad esempio, che riuscì a carpire le emozioni di Panatta durante una pausa della finale degli Internazionali di tennis di Roma del 1976. “Se fosse stato un altro gli avrei tirato la racchetta in testa”, disse Adriano. Per Diego Armando Maradona fu una sorta di confessore laico a cui affidare la propria anima sofferente e dilaniata da errori personali ma anche da complotti, falsi moralismi e bieche, ipocrite dita puntate. Per Mohammed Ali fu un amico sincero a cui affidare i propri testamenti spirituali ed ideologici. Massimo Troisi, in uno dei suoi esilaranti monologhi, invidiava la sua agenda perché vi si trovavano nomi che facevano venire il capogiro. “L’aggressività del giornalismo moderno è un’aggressività cretina perché non ne ricavi niente”. Così si esprimeva Minà in un’intervista a Fanpage.it del 2007 (visibile su youtube). “Ho fatto questo mestiere mettendo un gettone nel telefono, chiamando la gente e parlandoci”. Non c’erano i mezzi di oggi; eppure la tenacia, la passione, il rispetto lo portarono a risultati incredibili. Già, il rispetto: “ho assistito e filmato gli incontri di Maradona con i psicoanalisti quando finalmente aveva deciso di uscire dal tunnel della droga. Ma non ho mai utilizzato quelle immagini perché non avrebbe portato a nient’altro che alla morbosità”.
La trasmissione “Blitz”, forse più di altre, fece da megafono a quegli incontri così speciali e così “normali” con personaggi che proprio normali non erano. Sport, musica, cinema, politica, le sue passioni erano sconfinate.
Nella seconda parte della sua vita puntò il suo sguardo ed il suo lavoro particolarmente sulle lotte e le istanze del cosiddetto sud del mondo. E lo fece in modo partigiano e militante perdendo probabilmente un po’ di leggerezza. Perché forse è inevitabile, quando conosci e incontri le ingiustizie ti incazzi perché quelle ingiustizie cominciano ad avere nomi e cognomi. E così la partecipazione al Forum Sociale di Porto Alegre, la realizzazione della rivista trimestrale “Latinoamerica e tutti i sud del mondo”, la frequentazione del subcomandante Marcos in Chiapas, le interviste a Fidel Castro, la fratellanza con Eduardo Galeano, Rigoberta Menchu (premio Nobel per la pace 1992), Luis Sepulveda ecc. Il cronista era ormai parte di quel mondo che raccontava. “Ho sognato i sogni che volevo sognare, posso ritenermi soddisfatto”.
Marcello Gurrieri è nato a Ragusa il 09/05/1973 ma risiede a Mascalucia (CT). Ha curato per 10 anni, dal 2007 al 2017, per il sito di Legambiente Catania, la rubrica "ecofilm...ecopensieri" incentrata su opere artistiche a tema ambientale; ha inoltre scritto piccole recensioni cinematografiche per vari periodici e articoli sull'attualità per "Argo Catania". Ha frequentato il corso di sceneggiatura cinematografica tenuto presso il Teatro Impulso di Catania. Ha scritto e pubblicato i seguenti libri: "Le anime libere della notte" con la casa editrice Libroitaliano; "L'ostinazione della speranza - Credere, sentire, vivere" e "Il rugby ... secondo me" con ilmiolibro.it. Ha inoltre scritto altri piccoli lavori divulgati autonomamente: "Grazie bisteccone! - Omaggio a Giampiero Galeazzi"; "I portieri più pazzi del mondo"; "Magma rock - Eravamo ragazzi nella Seattle d'Italia"; "Zagare nell'universo". Ha lavorato prevalentemente nel sociale e continua attualmente a farlo.
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