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Ma qual è casa mia?

Antonella Sturiale 14 aprile 2024


Immaginiamo un'immensa casa che è il mondo in cui viviamo, e poi immaginiamo miliardi di stanze colorate di nero, bianco, giallo, rosso. Un sogno, il mio sogno. La casa è il nido salvifico, il luogo ove ci si sente protetti dai pericoli della vita. La sentiamo nostra, unica, speciale, intoccabile, dove vorremmo esalare l'ultimo respiro. E quando, per un motivo specifico, improvvisamente la perdiamo, ci sentiamo nudi davanti al mondo intero, perdiamo la nostra identità: improvvisamente i nostri punti fermi crollano miseramente ed inevitabilmente. Ma quanto siamo disposti a dividere e condividere il nostro “nido” con chi si trova in difficoltà e non è del nostro stesso colore, della nostra stessa nazionalità? Oggi capita pure che le case vengano occupate: si forzano le porte e vi si collocano le proprie cose e vi si vive gratuitamente invadendo spazi non propri. Disperazione? Crimine? Dispetto? Saranno tanti i motivi e non ci sono denunce che tengano. Quando perdi la tua casa, perdi l'identità. Penso a chi l'ha persa di conseguenza ad una catastrofe naturale, un terremoto per esempio. Vi posso raccontare una storia “particolare”, a tal proposito: la conseguenza di ciò, fino ad oggi, mi fa soffrire della “sindrome del terremotato”. Per anni subivo l'indifferenza della mia vicina di casa che abitava un piano sopra al mio. Il mio tetto era zuppo a causa di infiltrazioni d'acqua per una probabile lesione della tubatura della signora sorda del secondo piano. Assorbi oggi, assorbi domani, il mio tetto crollò trascinando nel mio appartamento l'inquilina che stava lavando le mani nel lavandino del suo bagno. Fortunatamente rimase illesa, ma non la mia anima e neppure la mia psiche. Fui allontanata di forza dai miei affetti riuscendo soltanto a prendere l'indispensabile, gatto ferito compreso. Per anni mi sveglio la notte con quell'immagine di un mucchio di macerie ammonticchiate in cucina e la visione dei miei ricordi ormai persi, sequestrati dalla Protezione Civile e dai Vigili del Fuoco. Sono diventata maniaca compulsiva: ripeto gesti un milione di volte per insicurezza, per paura che possa accadermi l'irreparabile. La mia casa fu sequestrata e conservo ancora l'articolo di giornale con tanto di indirizzo e numero civico dell'ex casa mia. Chi perde il suo nido salvifico, perde il proprio punto di riferimento, la propria dignità di esistere. Sembra un'esagerazione, ma così non è. Non ci dovremmo attaccare troppo a quei muri, anche se portano il nostro profumo, anche se potrebbero raccontare, parola per parola, tutti i nostri tormenti, le nostre storie, e le nostre manie. Adesso vivo la mia abitazione con un assurdo quanto insensato senso di precarietà: casa mia è casa di tutti e mi abituo a pensarla col “non attack” tipico degli americani come se, da un momento all'altro, mi crollasse tutto addosso. “Casa dolce casa”, si dice ma con le valigie sempre pronte. Questa è la mia storia e di tutti coloro che hanno vissuto traumi simili. “Casa” è dove possiamo essere chi siamo.

Antonella Sturiale

Antonella Sturiale è nata a Catania nel 1970.
È autrice di testi teatrali e di cabaret. Con il monologo “Nevica fuoco” ha vinto il premio “Marina Metri” e con il testo “Sei mia” ha vinto il premio “Antonella Labisi”.
Nel 2013, per la casa editrice “Arco” ha pubblicato la raccolta di poesie
“Spiritus Mundi – Schegge d’infinito”.
Nel 2018, per Operaincerta editore, ha pubblicato la raccolta di testi teatrali “Si può fare!”, dedicata all’attore ragusano Marcello Perracchio e vincitore del “Premio nazionale Akademon 2019”.

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