Una delle leggi che sono state approntate e approvate con estrema velocità da parte del nostro Governo è la legge “Gasparri” che si occupa del riassetto del sistema radiotelevisivo italiano e in particolare del passaggio dalla televisione analogica (quella attuale) alla televisione digitale terrestre. Questa legge ha beneficiato della consueta corsia preferenziale adottata per tutte le leggi che, in qualche modo, vanno a toccare direttamente o indirettamente gli interessi del presidente Berlusconi. Questa legge, infatti, oltre ad essere stata scritta e approvata con grande celerità (tranne quel piccolo screzio effettuato da Ciampi che l’ha rimandata una volta alle camere prima di firmarla), ha imposto tempi altrettanto brevi per il passaggio dall’una all’altra tecnologia. Tutto ciò per salvare Rete 4 e Rai 3. La legge approvata nel 2003, difatti, stabilisce che in circa 3 anni e mezzo si installi su tutto il territorio nazionale una rete di ripetitori digitali, si effettui una fase di sperimentazione e test e si adeguino gli impianti televisivi di tutti gli utenti (si stima che in Italia ci siano 50.000.000 di televisori). L’applicazione di questa legge prevede che entro il 2006 tutti dovremmo passare alla TV digitale terrestre. Attenzione: il passaggio dall’una all’altra tecnologia diviene obbligatoria per legge perché impone che alla fine del 2006 il servizio di TV analogica verrà interrotto e sostituito da quello digitale terrestre. Quindi non ci sarà nessuna possibilità di scelta perché esisterà solo il digitale e se l’utente vorrà continuare a vedere la televisione dovrà per forza adeguare l’impianto. Ma perché il Governo sta di fatto imponendo il digitale e investendo lui stesso un mare di soldi (nostri)? Non si poteva aspettare che ad investire sul digitale terrestre fossero gli imprenditori privati? Generalmente l’introduzione e l’affermarsi di nuove tecnologie vengono stabilite dalle leggi di mercato e non da quelle di Governo che al massimo possono supportare delle tendenze di mercato con delle leggi ad hoc. Ad esempio, non si è passati dalla monofonia alla stereofonia o dal bianco e nero al colore per decreto legislativo; in questi casi è stato il mercato a richiederlo. In più, chi vuole continuare a sentire programmi in monofonia o a vedere la televisione in bianco e nero è ancora liberissimo di farlo. La causa di questa imposizione è probabilmente da ricercare in quello che è successo in Spagna e Inghilterra, paesi che prima di noi hanno avviato il digitale terrestre utilizzando capitali privati. In questi due paesi il digitale terrestre è stato un flop tanto che l’adozione dello stesso è stato al momento rimandata. Questo perché c’è stato, di fatto, il disinteresse da parte dei consumatori e la forte concorrenza della televisione satellitare. Questo è un rischio che il nostro Governo non può permettersi perché il presidente Berlusconi non può permettersi che Retequattro vada a finire sul satellite. Per questo l’Italia sta investendo molto denaro pubblico per la riconversione e ha stabilito una data imminente per il switch off cioè per la data in cui esisterà solo il digitale in modo di assicurarsi il passaggio di tutti gli utenti alla nuova tecnologia, invece di fare una cosa più graduale come sta facendo la Francia. L’argomento principale portato avanti dal Governo per giustificare l’entrata del digitale è che questo permetterà di avere più canali. Sembra che il Governo si sia accorto (forse con un po’ di ritardo) che in Italia manca la pluralità dell’informazione. Invece di limitare il numero di canali a disposizione di un singolo soggetto, il nostro Governo pensa di risolvere il problema aumentando il numero dei canali a disposizione delle emittenti televisive. Il problema è che l’aumento dei canali non comporta per forza la pluralità dell’informazione. Questo perché le emittenti televisive sono finanziate con la pubblicità e ciò, in caso di concentrazione dei media, può portare a un circolo vizioso: servono soldi per avere contenuti e programmi e quindi audience, l’audience porta pubblicità che a sua volta porta soldi chiudendo così il circolo. Quindi i più forti avranno sempre più pubblicità e sempre più introiti strozzando sul nascere la concorrenza. Non solo. Per le nuove emittenti sarà molto difficile fare concorrenza a Rai e Mediaset che hanno esperienza, strutture organizzative e capitali. E se a questo associamo che la Rai e Mediaset, con tre canali a testa, coprono praticamente quasi tutti i segmenti di mercato, differenziando il target di ogni canale, capirete bene che la multicanalità probabilmente è solo uno dei tanti slogan. Riassumiamo gli aspetti salienti del passaggio dalla tecnologia analogica a quella digitale: • Moltiplicazione dei canali: è vero, perché su ogni canale si potranno trasmettere fino a 8 canali contemporaneamente. In questo modo si sta cercando di mettere una pezza in un campo, la pluralità dell’informazione, che nel nostro paese è ridotta al lumicino. • Possibilità di interagire con i programmi televisivi: d’ora in poi sarà possibile interagire con alcuni generi di programmi come per esempio i quiz. C’è però un piccolo particolare che si sottovaluta: bisogna essere connessi via telefono per poter utilizzare i servizi interattivi quindi bisogna pagare gli scatti della telefonata ed eventualmente anche il costo aggiuntivo del servizio. • Una qualità migliore dell’immagine: il segnale digitale ha meno disturbi rispetto all’analogico. L’unico problema è che se il segnale è debole, invece di vedere la trasmissione disturbata, come accade adesso, non si vedrà affatto. È un sistema del tipo o si vede benissimo o non si vede affatto. • Contributo statale e decoder: vanto del Governo è stato che il passaggio al digitale sarà indolore per gli utenti. Cioè basta comprare una scatolina di una cinquantina di euro e senza nessuna modifica all’impianto potrete passare al digitale. La scatolina in questione si chiama decoder o set top box. Il costo di cinquanta euro è solo per i primi 700.000 utenti che pagano già il canone Rai. Piccolo particolare: si stima che i televisori in Italia siano 50.000.000 e visto che serve un decoder per ogni televisione significa che per gli altri 49.300.000 televisori non si avrà il contributo governativo ma bisognerà pagarlo a prezzo pieno. Facendo un rapido calcolo, si ottiene che il contributo del Governo copre solo l’1,4% del parco televisori in Italia. Praticamente la maggior parte degli italiani dovranno pagarsi interamente in decoder (diciamo che hanno giocato sulle cifre cosa a cui ci stiamo abituando). Inoltre esistono vari tipi di decoder. Per quelli interattivi bisogna spendere il doppio: circa 400 euro. • Costi di messa in opera: il Governo afferma che oltre al costo iniziale del decoder non serve altro. Questo pare che non sia vero. Varie associazioni affermano che quasi tutti dovranno far revisionare l’impianto d’antenna. I problemi maggiori sorgono per chi ha un impianto di antenna centralizzato tipo quello utilizzato nei condomini in cui certamente è necessario un adeguamento. • Problemi di privacy: il fatto che i decoder interattivi potranno dialogare con l’emittente forniranno a questa l’opportunità di poter monitorare le nostre abitudini controllando cosa stiamo vedendo, quando e come stiamo interagendo con la nostra TV. Una vera e propria manna dal cielo per il telemarketing. • Il permesso di registrazione dei programmi televisivi sarà controllabile a piacimento dall’emittente che potrà codificare opportunamente il segnale digitale per evitare la registrazione dei programmi • Fino a Luglio del 2005 le trasmissioni digitali sono sperimentali e quindi fino a tale data non funzionerà in modo ottimale, inoltre alcune zone sono scoperte dal servizio. • Molti dei decoder attualmente in uso potrebbero diventare obsoleti alla fine del periodo di sperimentazione, quando la tecnologia della TV digitale sarà consolidata. Penso che l’avvento del digitale terrestre sia inevitabile. Quello che contesto è il fatto che parte di questa riconversione verrà pagata con i soldi degli utenti, che non hanno mai richiesto questo servizio e che il digitale terrestre non risolverà i problemi di pluralità ma solo quello del salvataggio di Retequattro. E se tutti quanti ci rifiutassimo di aderire al digitale spegnendo i televisori, cosa succederebbe? Meditate gente, meditate.
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