Finalmente anche l’Italia sta per avere una legge che persegue il reato di tortura e, grazie ad un emendamento approvato dalla maggioranza di centrodestra, sappiamo che le violenze e le minacce alle persone, per essere definite torture, debbano essere reiterate. Se commesse una sola volta, sono violenze, sono minacce, ma non sono tortura. Se, per ipotesi, dovessimo applicare questa civilissima legge ai fatti avvenuti nelle carceri irachene, sarebbe necessario dimostrare che i singoli episodi di violenza (piramidi umane di corpi nudi sotto la minaccia di un cavo elettrico, ammanettamento di detenuti nudi alle sbarre delle celle, ustioni da cicche di sigarette e percosse fino alla morte e via discorrendo) siano stati commessi, sugli stessi individui, per più di una volta. Altrimenti, per legge, non ci troveremmo di fronte a casi di tortura. Oppure, se si verificassero episodi di violenze o torture (pardon, presunte torture) su cittadini inermi come al G8 di Genova, i responsabili dovrebbero soltanto avere l’accortezza di non reiterare il reato. Così non correrebbero il rischio di essere incriminati per tortura. Che sia meglio non averla, questa legge sulla tortura?
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