Nel mondo ci sono attualmente circa 28 conflitti in corso. Quando ho letto questo dato sul sito di Peace Reporter ho provato ad elencare le guerre di cui avevo conoscenza, non sono arrivata neppure alla decina. Grave, mi sono detta, molto grave. Perché ci sono guerre di serie A di cui l’informazione si occupa quotidianamente e guerre di serie B dimenticate dai media? Perché i mezzi d’informazione non ci raccontano nulla o quasi del Sudan / Darfur, del Ruanda, della Costa d’Avorio, della Cecenia, per citarne solo alcune? Come si può parlare di pace e della sua diffusione se non si ha nemmeno l’esatta portata del fenomeno guerra nel nostro pianeta? Altro importante fattore da valutare è stabilire quali siano le cause di una guerra. Non è una domanda retorica per poter parlare di povertà, di minoranze, di mancanza di diritti fondamentali. Un esempio per tutti: la guerra in Iraq è stata una guerra contro il terrorismo o una guerra per il petrolio? Giustamente mi si potrebbe obiettare che ha poca importanza e che la guerra, qualunque sia il motivo vero o presunto per cui nasce, vada sempre rigettata come soluzione. Vero, ma le implicazioni ideologiche a seconda della risposta cambiano e non vanno sottovalutate; se Bush, dopo l’attentato alle torri gemelle, non avesse enfatizzato che il terrorismo andava combattuto con ogni mezzo inclusa la forza, sfruttando la paura e lo smarrimento in cui si trovava tutto il mondo, preparando così il terreno all’invasione dell’Iraq, forse non avrebbe avuto dalla sua parte l’appoggio incondizionato dell’opinione pubblica americana e forse gli altri paesi che si sono alleati in quest’impresa sarebbero stati più reticenti e più cauti ad affiancarlo. E forse si sarebbero potute valutare delle soluzioni alternative e più efficaci e, aggiungo, si sarebbe evitata l’ennesima guerra. Solo di recente sia l’opinione pubblica americana, sia quella degli altri paesi della coalizione multinazionale cominciano a capire che la guerra in Iraq nascondeva ben altri obiettivi, per raggiungere i quali non ci si è fatto scrupolo di usare gli stessi mezzi contro i quali si era intrapresa. Mi riferisco ovviamente all’uso americano del fosforo bianco. Ma non si era attaccato l’Iraq perché Saddam Hussein in segreto andava costruendo armi di distruzione di massa? Così in segreto che di queste armi a tutt’oggi non si è trovata alcuna traccia. In compenso si è deciso di usare armi di questo tipo sulla popolazione civile. Questo è un esempio lampante di come la guerra non ha alcun senso e non fa altro che aggiungere orrore all’orrore, disperazione alla disperazione. Ho citato l’esempio dell’Iraq perché si è combattuta questa guerra sotto l’egida della democrazia e contro l’oppressione di un popolo e ricordo che inizialmente chi esprimeva dei dubbi al riguardo veniva tacciato di menefreghismo e insensibilità verso gli iracheni e più in generale verso la sicurezza mondiale dal nuovo male che si era delineato con prepotenza l’undici settembre: il terrorismo. Vorrei che fosse chiaro che chi come me si professa pacifista non ignora e dimentica che in tanti paesi del mondo ci sono dittature e violazioni dei diritti umani, ma ritiene che la soluzione a questi problemi vada perseguita con mezzi diversi dalla guerra. La guerra non risolve nulla, anzi peggiora le cose. In Iraq e in Afganistan dove la guerra è ufficialmente conclusa, le condizioni della popolazione sono cambiate? In Afganistan i talebani sono ancora influenti, il paese è in mano ai narcotrafficanti e i diritti delle donne continuano ad essere calpestati. In Iraq la situazione è per certi aspetti peggiore: non passa giorno che non ci sia una strage di civili e soldati; il paese è nel caos. Non capisco come l’occidente possa ancora dichiarare a gran voce che queste guerre erano inevitabili e spero solo che si restituiscano al più presto questi paesi alle rispettive popolazioni e che una volta per tutte si ci prenda la responsabilità dei propri errori ed orrori. Mi auguro inoltre che l’occidente faccia tesoro per il futuro di queste disastrose esperienze al fine di non ripetere gli stessi sbagli qualora l’America decida di invadere qualche altro paese in nome della democrazia. Penso ai cosiddetti “stati canaglia”, Siria e Iran in testa, da tempo obiettivo dell’amministrazione Bush; si deve evitare che lo scenario iracheno si ripeta in altri posti. Se si rifiuta la guerra, quali sono gli strumenti della pace? Innanzi tutto la conoscenza della verità: cerchiamo di non di ignorare quali e quanti sono i conflitti del mondo e i motivi che li alimentano. Molte delle guerre sconosciute si consumano in Africa, dove spesso si combatte e si muore per un pezzo di terra e un po’ d’acqua. Eppure l’Africa è un continente ricchissimo di risorse; perché allora si muore di fame o di malattie da tempo debellate in occidente? Se i gioielli o le materie prime africane arrivano all’occidente, chi si occupa del loro sfruttamento e se ne arricchisce al posto dei legittimi proprietari? Chi ha interesse che in Africa la gente continui a scannarsi per la sopravvivenza con la complicità di governi o dittatori più o meno corrotti? Da dove arrivano le armi che i vari guerriglieri utilizzano per ammazzarsi a vicenda? Perché nessuno grida allo scandalo sapendo che ci sono circa 300.000 bambini soldato nel mondo di cui almeno 120.000 solo in Africa? Quando il mondo occidentale si renderà conto che si deve seriamente pensare ad una più equa distribuzione delle ricchezze e delle risorse mondiali? È risaputo che se oggi tutto il pianeta consumasse ciò che consuma l’occidente e gli Stati Uniti, già da un pezzo saremmo senza acqua, senza cibo e senza carburanti. Solo se riusciremo a prendere coscienza che sopravviviamo sfruttando gli altri e a rispondere a questi interrogativi senza mentire a noi stessi avremo intrapreso la vera via della pace. (fonte: Peace Reporter e Emergency)
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