Si avete letto proprio bene: comunismo informatico (cybercomunismo). Lo so, lo so, la parola è molto grossa specialmente di questi tempi in cui Berlusconi apostrofa come comunista semplicemente chi non è di destra. Ma cosa ci azzecca il comunismo con l'informatica? Ci azzecca, ci azzecca, come diceva Di Pietro. Infatti oltre all'ispirazione democratica e molte volte contestataria del comunismo, in questo contesto è inteso come possibilità di creare, condividere, modificare e scambiare software in modo completamente libero fra tutti gli utenti. Se andiamo a cercare il termine "comunismo" direttamente nel vocabolario (lo Zingarelli 2000) troviamo: Concezione, movimento o sistema che tende a realizzare l'eguaglianza sociale attraverso la totale comunione delle risorse e dei beni. Il movimento è quello dell'Open source fondato da Richard Stallman. L'obiettivo, peraltro già raggiunto, è quello di creare software di qualità, aperti a tutti e condivisibili da tutti. Per far questo ideò la General Public Licenze (GPL) a cui moltissimi sviluppatori aderiscono in tutto il mondo. Questo tipo di licenza prevede, in particolare, che un software per essere licenziato sotto licenza GPL deve rendere disponibile non solo il programma ma anche il codice sorgente dello stesso. Quindi si parla di condivisione della conoscenza sotto forma di codice sorgente (conoscenza che il software proprietario non dà. Microsoft, ad esempio, si guarda bene dal rendere pubblico il codice sorgente di Windows). Questa possibilità permette sia di modificare il codice e quindi il programma, che non è altro che il prodotto finale, secondo le nostre personali esigenze e necessità sia di studiarne il funzionamento e quindi aumentare la conoscenza della comunità degli sviluppatori. In questo modo si può dare un contributo, in prima persona, all'aggiunta di nuove funzionalità e migliorie al software stesso, reiterando questo procedimento, rendendolo di nuovo disponibile alla comunità con le nuove modifiche, si genera un processo virtuoso atto a ottenere un prodotto sempre migliore e più stabile. Per capire l'importanza dell'avere il codice sorgente libero facciamo un paragone automobilistico: supponete di essere un meccanico che acquista l'ultimo modello della FIAT. Appena comprata vuole vedere come è fatta dentro, cioè vuole aumentare la conoscenza sul suo mezzo ed eventualmente decidere di effettuare delle modifiche meccaniche. A nessuno viene in mente che non possa farlo; è un meccanico, saprà dove mettere le mani e poi la macchina è sua e potrà farci quello che vuole. Ma al momento di aprire il cofano, ecco qua la sorpresa, si accorge che è stato saldato direttamente dalla FIAT e che quindi non potrà fare nessuna modifica e nessuna riparazione. Questo è quello che succede attualmente con il software proprietario. Se ad esempio un utente scopre che Windows ha generato un errore (bug) o ha una falla sulla sicurezza deve pregare Microsoft affinché trovi la soluzione (generalmente data sotto forma di aggiornamenti). L'utente non potrà fare nulla perché non possiede il codice sorgente per poterlo sistemare. Da questa situazione frustrante è nato il movimento di Stallman che coinvolge tutta la comunità mondiale degli sviluppatori che partecipa ai progetti con licenza GPL e le sue varianti. Sotto licenza GPL sono stati sviluppati tanti ottimi programmi aderenti alla filosofia open software che non hanno nulla da invidiare a quello proprietario. Un esempio fra tutti il sistema operativo Linux, unica vera alternativa al monopolio proprietario Microsoft con i suoi vari Windows. Attenzione, la parola libero potrebbe portare all'idea errata che software libero sia uguale a gratis. Se si vanno a leggere le varie tipologie di licenze introdotte dal progetto GNU si capisce che libero non implica per forza gratis. Analizziamo, allora, i principali punti di forza del software open source: utilità, economicità, sicurezza e standard aperti. Utilità: un software sviluppato direttamente da utenti risponde sicuramente in modo migliore alle aspettative dello stesso e in ogni caso l'utente ha la possibilità di modificare il software per farlo rispondere meglio alle proprie esigenze. Economicità: sicuramente il costo del software è più accessibile rispetto a quello proprietario, quello che si paga eventualmente sono i servizi annessi e le distribuzioni. Inoltre, rompendo il monopolio di certe case produttrice di software, si contribuisce in modo più o meno indiretto a mantenere il prezzo dei software a un livello ragionevole. Molte volte l'idea di software libero, sviluppata da una comunità di programmatori senza fine di lucro, può dare l'idea di prodotti non all'altezza di quelli commerciali: sebbene questo fosse in parte vero all'inizio del progetto GNU, ormai il software libero e qualitativamente superiore o almeno paragonabile a quello commerciale, un esempio fra tutti: Linux, che si è dimostrato più stabile dei sistemi operativi Windows Anche se i paesi del terzo mondo hanno problemi più seri delle diatribe fra open source e proprietario, in futuro, anche loro avranno il diritto all'alfabetizzazione informatica e all'accesso a mezzi come internet in modo da condividere e accedere a nuove conoscenze che permettano di innescare nuovi processi di crescita e sviluppo. Avranno anche loro la necessità di utilizzare un software e non credo proprio che società private come Microsoft regalerà il proprio software agli utenti di questi paesi Sicurezza: Con l'open source tutti possono vedere il codice sorgente e vedere cosa fa il programma nei minimi dettagli. Non c'e' nulla di nascosto, a differenza di programmi quali Windows dove non ci è permesso di vedere se all'interno vi sono degli spyware (scappatoie che permettano all'insaputa dell'utente di accedere ai suoi dati, si siamo ai limiti del paranoico ma questa possibilità esiste realmente). La cosa più importante di questo processo è, evidentemente, che chiunque può vedere cosa fa il nostro programma. Microsoft, invece, oltre a non informarci tempestivamente di tutti i bachi riscontrati nel programma, non ci assicura che non ci siano backdoor (letteralmente porte di ingresso, cioè possibilità di controllare il programma da un altro computer a insaputa dell'utente) e ci dobbiamo fidare della loro parola riguardo alla sicurezza. Pensate come questo sia importante nelle pubbliche amministrazioni o in settori strategici come quello militare o industriale dove il segreto è fondamentale. Pensandoci bene, tutti i nostri dati, da quelli anagrafici a quelli di spostamento (vedi bancomat, cellulari, etc. da cui e facile risalire alla nostra posizione), sono probabilmente memorizzati in sistemi Windows che a loro volta possono essere collegati tramite rete. Da qui è facile intravedere la possibilità del grande fratello che controlla tutto e tutti. Quindi le pubbliche amministrazioni dovrebbero essere le prime ad adottare software libero e di provenienza certa con organismi che controllino e certifichino il software che gestisce le informazioni private dei cittadini. Per questi e altri motivi, molti paesi che non si fidano dell'America, come la Cina ad esempio, utilizzano appunto versioni modificate e controllate di Linux. Standard aperti: Oggi come oggi la condivisione dei dati è indispensabile, deve essere sicuramente possibile lo scambio di dati fra sistemi eterogenei e per far ciò il formato dei dati non deve essere proprietario cioè gestibile da un particolare software ma deve essere possibile elaborarli con qualsiasi programma che ne riconosce il formato. Facciamo un esempio: il formato .doc dei documenti word è un formato proprietario, posso aprirlo solo con programmi Microsoft, se voglio che altri programmi possano elaborare il documento devo salvare lo stesso in formato .rtf che è appunto uno formato e quindi uno standard aperto. Se questo non avviene saremo legati a un particolare software e quindi ai capricci del produttore stesso. In merito alla diatriba fra software libero e proprietario, in particolar modo nelle pubbliche amministrazioni, è interessante leggere la risposta data a Microsoft da parte del parlamentare peruviano Villanueva, che risponde per le rime alle accuse di avvantaggiare il software open source a scapito di quello proprietario. Questi discorsi non vogliono proporre l'abbattimento a colpi d'ascia del software proprietario ma vogliono sottolineare come vecchi modelli di business protettivi e monopolistici siano ormai superati e non più accettabili. Se tutti gli altri paesi del mondo stanno prendendo in seria considerazione l'utilizzo del software libero nelle pubbliche amministrazioni, per l'Italia sembra che esista solo il software proprietario, in particolare software Microsoft. In questo clima il punto culminante è stato l'arrivo in Italia di Bill Gates, il patron di Microsoft, che ha parlato al Senato e al nostro primo ministro Berlusconi. Di questi eventi ne hanno dato notizia tutti i giornali e telegiornali mostrandoci le due facce sorridenti che si stringevano la mano da "bravi" imprenditori quali solo loro sono. Poco dopo, su invito pressante di un senatore, la stessa cosa ha fatto Richard Stallman, padre fondatore della filosofia open source e del progetto GNU\Linux. L'unica cosa che non ha potuto fare è stato quella di parlare con Berlusconi. Evidentemente Stallman non è l'imprenditore più ricco del mondo. E questa volta i giornali e i telegiornali non hanno detto nulla o quasi dell'evento. Eppure Linux non ha nulla da invidiare a Windows, visto che è più stabile, sicuro ed economico. Evidentemente le lobby che contano sono riuscite ancora una volta nel loro intento di oscurare un progetto degli utenti nato per gli utenti, lobby che continuano a fare i propri interessi e a bloccare il pericolo free software promulgando leggi a livello di parlamento Europeo note come EUCD e le corrispettive americane DMCA. Quello che chiede Stallman è che non si facciano leggi con il solo scopo di limitare le potenzialità del software libero. A questa richiesta ci associamo anche noi e, questo mese, nello spazio forum, potrete dire la vostra su questo argomento.
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