Novembre 2007

DUE RUOTE DI PASSIONE

Una sorta di malattia che si presenta sotto svariate forme


Enzo Vizzini

Di sicuro molti fra i lettori usano la moto per una questione di comodità. Infatti non c’è niente di meglio per spostarsi nel traffico cittadino e per risolvere il problema del parcheggio. Ma esiste una categoria di motociclisti sempre più numerosa che sceglie le due ruote per i motivi più vari, ma che non hanno niente in comune con le esigenze urbane. Forse vi sarà capitato di incontrare il vostro medico con la borsa dello stetoscopio in mano o un illustre avvocato con il suo inappuntabile abito grigio, o ancora l’imbianchino che due mesi fa vi aveva promesso di tinteggiavi il soggiorno entro due giorni. Chiunque fosse tra questi la persona da voi incontrata, mentre vi sta parlando, d’un tratto la vedete ammutolire e tendere l’orecchio come se avesse percepito il canto di una sirena, e un attimo dopo siete voi a dover coprire le vostre orecchie perché un rombo assordante riempie ogni cosa intorno. Questo strano fenomeno, che colpisce indiscriminatamente tutte le categorie, e che confesso ha colpito anche me tanti anni fa, non ha una spiegazione logica e forse per questo si chiama Passione. Capiamoci, il mio era solo un esempio di questa malattia che si presenta sotto svariate forme, e il rumore non è tutto, anzi personalmente preferisco la tecnologia al chiasso dei tubi di scarico, ma non si può negare che se mi trovo in un circuito a seguire una corsa, quel rombo è esaltante e mi parla al cuore. Come dicevo questa malattia non si manifesta in un solo modo, anzi gli appassionati si diversificano in diverse categorie. Noi italiani poi siamo dilaniati dalla scelta tra due miti nazionali. Ducati e Guzzi. Dopo l’ultimo Campionato Mondiale di motociclismo, vinto dalla Ducati Desmosedici, il numero di seguaci della Rossa è aumentato, complice anche la similitudine cromatica con la Ferrari. Ma guai a ridicolizzare il suono scampanate del Pompone, come affettuosamente i ducatisti chiamano la loro diletta. Pazienza se bisogna spesso andare dal meccanico per fare registrare le molle della frizione, fra l’altro a prezzi piuttosto salati, ma alla propria diletta non si nega nulla. E che dire dei Guzzisti? Una schiera di centauri votati al sacrificio secondo alcuni, cosa vera se consideriamo che hanno aspettato per decenni dei mezzi all’altezza del nome e della storia che la Guzzi ha rapresentato e ancora rappresenta del cuore degli appassionati. Dopo infinite peripezie e cambi di proprietà sembra che finalmente la casa produttrice abbia davanti a se un futuro promettente anche se motori veramente nuovi ancora non ce ne sono, ma almeno i mezzi di oggi non hanno tutte quelle perdite di benzina o quei trafilaggi di olio che caratterizzavano la produzione. Non tutti gli appassionati delle due ruote soffrono di questa febbre italica. Molti e forse i più prediligono prodotti stranieri e gli appassionati di moto antiche sono in aumento, così il numero di motoclub dedicati a mezzi con i fari a mandorla o a moto d’epoca lievita. In Sicilia il mercato dell’usato d’epoca non ha preso piede, ma in alta Italia le fiere e i raduni dedicati ai nostalgici degli anni ‘70 sono praticamente settimanali. Già da molti anni vengono organizzati dei revival dedicati alle corse in pista e non è raro vedere e sentire il rombo di veri pezzi da museo. La Gilera Ottobulloni e la Mitiga Guzzi 500 a otto cilindri tornano a fare rizzare i peli delle braccia insieme alle MV Agusta, alle Norton o alle Triumph, talvolta guidate ancora dai campioni dell’epoca. In questi ultimi anni la cosa si è allargata anche al fuoristrada e così in barba ai consumi di carburante si organizzano gare di regolarità che emozionano chi come me ricorda quando un motore per poter andare forte doveva essere guidato da un manico che non avesse paura di tenere il gas a manetta. Le moto di oggi hanno le sospensioni progressive, la fasatura variabile, la centralina elettronica per migliorare il tiro ai bassi e tante altre diavolerie, ci manca solo il pilota automatico e il navigatore satellitare. Il massimo degli interventi tecnici di allora era sullo spillo del carburatore o montare una candela più fredda. Dannata passionaccia. Due parole su coloro che sono legati più al marchio, alla griffe se volete, che al vivere la moto. Per costoro non si tratta di una filosofia di vita, bensì di ostentazione, di status simbol. Di solito svettano sulle loro costose BMW, o sono dispersi su ingombranti Honda Goldwing, oppure cavalcano delle chiassose Harley Davidson. Ciò che conta è il look. L’idea di affrontare un trasferimento che oltrepassi i trenta chilometri è pura follia. Per fortuna i prorpietari di questi gioielli non sono tutti così e nei raduni mono-marca si incontrano personaggi che attraversano l’Europa solo per condividere un ideale. Ora che la passione messa in queste righe ha portato la mia temperatura ai limiti dell’ebollizione, mi perdonerete se dico un’ovvietà, la stessa con cui mi giustifico quando qualcuno mi chiede che cosa provo ad andare su due ruote quando quattro sono senza dubbio più sicure: che volete farci. È una passione.