Gennaio 2008

LA COSCIENZA DI SAFFO

Le donne omosessuali unite ed impegnate nella conquista della loro identità


Silvia Girasa

Quando una figlia o un figlio dichiara alla famiglia di essere omosessuale, nella maggior parte dei casi i sentimenti dei genitori sono di sconforto, rabbia, disorientamento, rifiuto, timore dell’opinione sociale e desiderio di riparazione. Ma l’omosessualità non è una malattia, anche se, per molto tempo, questo termine è stato utilizzato per indicare persone con comportamenti devianti dal punto di vista della salute fisica o mentale, non ha bisogno di cure e non può essere modificata. Nel ventesimo secolo, con l’avvento del fascismo e del nazismo, con l’esaltazione del ruolo moglie-madre come funzione naturale della donna e le limitazioni al lavoro delle donne, si generò un generale arretramento delle libertà civili di quest’ultime. Migliaia di donne lesbiche vennero barbaramente perseguitate, imprigionate in campi di concentramento e uccise. La visibilità riaffiorerà nel dopoguerra congiuntamente al movimento femminista, che porta avanti una serrata battaglia per il riconoscimento di svariati diritti civili. Il lesbismo coscientemente praticato e politicamente influente è un fenomeno assai recente. Solo negli ultimi decenni assistiamo a notevoli cambiamenti storico-culturali: in tutto il mondo occidentale, ed anche in Italia, l’omosessualità femminile diventa protagonista di libri, film, campagne pubblicitarie. Hanno cominciato a riconoscere la dimensione pubblica della propria identità, a rendersi sempre più visibili ed affermare il proprio orientamento sessuale. Pur non avendo raggiunto ancora un totale riconoscimento, e dovendo in molti casi lottare contro stereotipi e pregiudizi, a partire dagli anni ottanta sono diventate soggetto politico e di costume. Le donne omosessuali si costituiscono come gruppo di minoranza e si battono per l’acquisizione dei seguenti diritti: riconoscimento del divieto di discriminazione per orientamento sessuale, riconoscimento e tutela delle coppie di fatto eterosessuali e omosessuali, poter scegliere se contrarre matrimonio o no con la propria compagna, poter essere madre del figlio della propria compagna o poter adottare insieme a lei, accesso delle persone singole a tutte le norme in materia di genitorialità. Donne famose nel campo della musica, dello sport, dello spettacolo, della letteratura e della politica si sono dichiarate, rendendo pubblico il proprio orientamento sessuale, senza che questo fosse interpretato come violazione della privacy o come fatto puramente sessuale, ma una questione di dignità personale. Martina Navrátilová, ex tennista statunitense, di origine cecoslovacche, nel 1981, compì il coraggioso passo di rivelare il suo orientamento sessuale diventando una delle prime stelle dello sport ad annunciare di essere lesbica. Amélie Mauresmo, giovane tennista francese, nel 1999 diede una conferenza stampa internazionale per annunciare che era lesbica. Jeannette Winterson è la più grande ed intensa scrittrice inglese della letteratura lesbica contemporanea. Melissa Lou Etheridge, cantante e musicista statunitense, rappresenta un’icona per la comunità lesbica di tutto il mondo. E non possiamo dimenticare la famosissima Greta Grabo, attrice svedese fra le più celebri e prestigiose di tutti i tempi, e Marlene Dietrich, una delle più belle icone del mondo cinematografico della prima metà del Novecento, un vero e proprio mito che ha lasciato un’impronta immortale attraverso le sue immagini, l’interpretazione delle canzoni, e la sua recitazione. Quest’ultima e Greta Garbo conducevano una guerra a distanza non solo nel mondo del cinema, ma anche in privato dato che per un certo lasso di tempo condivisero persino la stessa amante. L’omosessualità femminile è presente dalla notte dei tempi. Come è noto, il termine lesbismo ha avuto origine dalla poetessa greca Saffo, la più grande poetessa dell’antichità, se non addirittura la voce poetica femminile più affascinante ed eccezionale di tutti i tempi, nativa dell’isola di Lesbo, che nel VI secolo a.C. cantò l’amore tra le donne. Nell’antica Grecia i rapporti omosessuali tra donne rappresentavano un rito d’iniziazione sessuale. Le ragazze in età da marito si riunivano nei tiasi, comunità femminili, dove si imparava la musica, la danza, il canto, e aspettavano così il matrimonio, legandosi tra loro in rapporti omosessuali. L’opinione pubblica descrive quasi sempre queste donne con stereotipi negativi o come persone non equilibrate, attribuendo loro tipiche caratteristiche dell’altro sesso: le lesbiche sono grasse, giocano a calcio, non si truccano, non si curano, hanno i capelli corti, non sono materne, non manifestano femminilità. Al contrario, riguardo agli uomini, si crede che abbiano caratteristiche tipiche femminili. Inoltre, l’orientamento sessuale è molto spesso associato a particolari scelte professionali. Nessuna di queste teorie ha ricevuto dimostrazione da un punto di vista scientifico. Il lesbismo presenta diverse sfaccettature. Non è possibile determinare specifiche categorie perchè ognuna di loro si identifica con la propria sessualità in modo diverso e soggettivo rispetto ad ogni altra donna. I pregiudizi ed i luoghi comuni fanno si che si è ostili agli omosessuali (sia uomini che donne) senza conoscerli, perché la paura dell’omosessualità è principalmente la paura del diverso. La questione omosessuale prima ancora che una questione legislativa è una questione culturale.