Agosto 2008

LA RICERCA DELLA FELICITÀ

Sconfiggere la paura per essere felici


Anna Feliziani

La paura è una delle emozioni più diffuse, accompagna la vita dell’uomo (e non solo) fin dai primordi. Essa costituisce una naturale reazione, legata ai pericoli concreti e reali della vita, strettamente connessa l’istinto di sopravvivenza. Ma accanto alla paura istintuale ed individuale esiste, nei gruppi umani, anche una paura socializzata, talvolta potenziata, nell'immaginario collettivo, da chi detiene il potere. Questo oggi può assumere dimensioni macroscopiche, dato che si può esercitare il potere sulla massa anche servendosi dei mezzi di comunicazione di cui si dispone, strumenti atti ad uniformare, livellare, spegnere il pensiero critico non adeguatamente supportato, facendo leva anche sulla paura. Sovente la paura è considerata la più grande causa di infelicità. Specialmente nei periodi di crisi, di disgregamento dei valori forti, la politica fa ricorso alla paura come strumento per ottenere il consenso e la legittimazione. In questi stessi periodi, in cui l’uomo è inquieto e con pochi punti di riferimento, il pensiero filosofico si preoccupa di fugare le paure e di indicare la via che può rendere l’uomo felice. È quello che accadde nell’età ellenistica in cui proliferarono scuole quali l’epicureismo, lo stoicismo, scetticismo. La paura, secondo Epicuro, uno dei maggiori filosofi dell’età ellenistica, è la maggiore causa dell’ infelicità. Dunque per essere felici bisogna liberare l’uomo dalle paure. Alcuni secoli prima la nascita di Cristo gli uomini avevano paura principalmente delle seguenti cose: della morte, degli dei, del dolore. Ma è sciocco aver paura della morte, disse Epicuro, perché quando noi viviamo la morte non c’è e quando arriva la morte noi non ci siamo più Inutile è pure la preoccupazione che ci proviene dal temere gli dei, perché essi vivono felici, tra i vari mondi di cui è costituito l’universo, e non si occupano degli affanni dell’uomo. Anche la paura del dolore si può affrontare, con una semplice constatazione: il dolore se è leggero si può sopportare, se è violento dura poco o arriva la morte e ce ne libera. Con questi semplici ragionamenti e con una vita sana, lontana dagli eccessi, Epicuro indicava ai suoi contemporanei la via per essere felici. Il tentativo di Epicuro di aiutare l’uomo, deve avere caratteristiche universali, se ancora oggi la Lettera a Meneceo, in cui il filosofo espone il suo pensiero, continua ad essere letta, magari venduta a pochi euro col titolo di Lettera sulla felicità. Altro filosofo che ha cercato di liberare l’uomo dalla paura, in altra epoca, in un periodo di pieno razionalismo come il Seicento, è Benedetto Spinoza. Filosofo olandese, ebreo, ben presto cacciato dalla sinagoga per le sue idee, Spinoza, colloca la paura tra i gli stati d’animo che fanno decrescere la vitalità. Come altri nel pensiero filosofico egli è considerato un maledetto, perché rifiuta l’etica del sacrificio: per lui il bene coincide con ciò ci rafforza, il male con ciò che ci indebolisce. Ogni uomo deve perseguire quelle passioni che sono utili alla vita e fuggire da quelle che la deprimono. Nell’ etica delle passioni il filosofo olandese esorta a sconfiggere, ad esempio, la paura di quella morte che la fantasia ci anticipa e a stare alla larga da ogni sentimento di caducità (e la paura è un sentimento di caducità, come la speranza di cui è lo stato d’animo speculare), sconfiggendo così la tristezza. La paura si collega ad una cosa futura, temuta o auspicata, una cosa del cui accadere dubitiamo, per questo dobbiamo starne alla larga. “Non c'è speranza senza paura, né paura senza speranza” dice il filosofo, invitando a potenziare se stessi, tramite la conoscenza. Bisogna governare la paura con la ragione. Vedere le cose nell’ottica del tutto, di un panteismo in cui Deus sive natura e in cui tutto trova la sua ragione in Dio. Anche per Spinoza la paura è un sentimento molto forte, di cui si avvalgono i governi e i capi di stato. Nel breve periodo, facendo leva sulla paura, i sovrani ottengono ordine e obbedienza. Ma il popolo che viene governato con la paura sarà sempre, almeno alla lunga, spinto alla rivolta. Pure Spinoza, come Epicuro, attualmente potrebbe essere proficuamente seguito nel suo pensiero, se non avesse scritto in maniera tanto ostica, deducendo matematicamente i ragionamenti, tra scoli, corollari e dimostrazioni… oggi che l’etica del sacrificio appare sempre più superata. Oltretutto, la nostra, è un’età in cui la paura è molto diffusa, per via dell’incrociarsi di razze, etnie, usi, costumi, culture, in conseguenza della globalizzazione. Giovanni Reale ha definito il nostro secolo "un’epoca in cui regna la paura di ciò che è altro, paura dei difficili e complessi rapporti interpersonali e della responsabilità morale e materiale che questi comportano”. In poche parole si ha paura di essere uomini. Anche la nostra epoca è, inoltre, come tante epoche passate, un’ età critica, in cui è facile che il potere ottenga consensi tramite la paura. Le persone impaurite accettano di essere controllate in cambio di maggiore sicurezza e diventano un terreno fertile in cui possono attecchire messaggi di ogni genere, talora anche quelli più assurdi, infondati e irrazionali, che portano ad accettare soluzioni quali la guerra preventiva, la ghettizzazione, la cacciata dello straniero o il controllo della propria privacy. Pure oggi, come nelle epoche di Epicuro o di Spinoza, non resta che cercare di sconfiggere la paura con la conoscenza, potenziando noi stessi per non cadere nella rete, di chi vorrebbe strumentalizzarci per i suoi interessi, uccidendo il nostro pensiero critico e alimentando le nostre più irrazionali paure. Sconfiggere la paura per essere più genuinamente se stessi ed essere naturalmente felici (dunque senza l’ausilio di innaturali farmaci e droghe) è oggi fondamentale, visti i potenti mezzi di cui il mondo contemporaneo dispone.