Novembre 2008

FINE PENA MAI

Uno sciopero della fame per l’abolizione dell’ergastolo


Daniela Domenici

È iniziato il primo dicembre in tutti i penitenziari d’Italia uno sciopero della fame a staffetta dei detenuti per portare avanti il progetti di legge per l’abolizione dell’ergastolo, altrimenti detto “FINE PENA MAI”. Per sostenere in qualche modo questa campagna, che è già arrivata a Strasburgo, e lo sciopero della fame, vogliamo ripercorrere con voi il percorso che ha fatto una notizia: quella del suicidio di un giovanissimo detenuto siciliano, condannato all’ergastolo a 19 anni. La notizia, apparsa il 6 novembre scorso, titolava “Mafioso condannato all’ergastolo suicida nel carcere di Enna” e parlava del suicidio di Rosario Trubia, un detenuto ventisettenne condannato all’ergastolo per due omicidi avvenuti nel 1999. Lo stesso giorno appare un comunicato del Garante per la tutela dei Diritti dei Detenuti, on. Salvo Fleres, che prende posizione in merito al suicidio di Rosario Trubia, sottolineando quanto siano invivibili le carceri siciliane e quanto non rispettino i diritti umani più elementari (“Questo è l’ennesimo caso di suicidio che avviene nella carceri italiane, anche se, in atto, non si conoscono le motivazioni che hanno spinto il signor Trubia a compiere questo gesto estremo. È fuor di dubbio che le condizioni di vivibilità e di rispetto dei diritti umani nelle carceri siciliane non agevolano processi psicologici utili per una detenzione rispettosa della dignità della persona e degli eventuali percorso di reinserimento sociale a prescindere dal reato commesso. Per quanto nelle mie competenze, ho già interessato gli organi preposti affinché si possa fare luce sui fatti che hanno spinto un giovane di appena ventisette anni a compiere tale gesto. Per il buon nome della Giustizia non possono esistere dubbi su quanto avviene nelle carceri del nostro Paese”). Ecco infine quello che ha scritto un conterraneo di Rosario, un siciliano detenuto attualmente nel carcere di Livorno (anche lui condannato all’ergastolo come il giovane che si è impiccato nel bagno della sua cella nel carcere di Enna) appena gli è arrivata la notizia di questo suicidio attraverso un percorso un po’ tortuoso, come lui stesso scriverà; è una reazione di infinita rabbia per il silenzio e l’indifferenza davanti a questa morte quasi ignorata, dimenticata da tutti. «Quante notizie spazzatura trasmette la TV. Evidentemente le notizie stupide fanno ascolto! E per venire a conoscenza di una notizia che ritengo cosa grave, devo essere avvisato da qualcuno che, leggendo il giornale, nella cronaca locale, si accorge che c’è un piccolo articolo, un articolo delle dimensioni di quelli che si mettono se si smarrisce un amato animale domestico. Un articolo che invece, racchiude tutta la tragedia di chi vive con il peso di una condanna all’ergastolo. Enna! Città della Sicilia 06/11/08, un ragazzo di appena 27 anni si toglie la vita dentro il bagno della sua cella. Qualcuno ne sa qualcosa? Niente! Il silenzio assoluto. L’indifferenza totale di tutte le più importanti testate giornalistiche. Non ci credo. Un ragazzo da otto anni in carcere – cioè da quando aveva solo diciannove anni – adesso è morto, appeso alla finestra di un lurido bagno di un carcere siciliano: morto nel silenzio del suo dolore e pianto poi nel dolore solo della sua famiglia. Se invece di morire avesse scelto di evadere? Allora sono sicuro che le stesse testate giornalistiche che hanno taciuto la sua morte non ritenendola “importante”, ne avrebbero parlato per giorni interi! Tutti si sarebbero chiesti: “Come è potuto succedere che un detenuto condannato all’ergastolo sia potuto evadere?” Chi si chiede, oggi, come sia potuto succedere che un detenuto così giovane si sia tolto la vita? Nessuno! La verità è che era già morto. È morto nel momento in cui fu condannato all’ergastolo. Con il suo gesto estremo non ha fatto altro che ufficializzare la propria morte. Ecco, Stato italiano! Ecco, un’altra vita sacrificata al tuo volere! Ecco un altro sacrificio umano per quella divinità che ha sete continua di sangue di detenuti. Ecco a voi popolo italiano che tanto predicate la vostra civiltà, un altro immolato sull’altare della “sicurezza”. Ecco! Un altro ragazzo perso nel nulla. Gioite ora, perché un criminale in meno si aggirerà per le vostre strade. Perché dormirete sonni più tranquilli! Soddisferò anche la morbosità di chi vuol conoscere cosa si prova a prepararsi per la morte: Sei lì, disteso sul letto a guardare il soffitto. La tua mente pensa solo una cosa. A liberarti da questo incubo! Sai qual è l’unica via di uscita. Sei sempre pronto, aspetti solo il momento giusto. Aspetti solo che la tua ultima speranza ti abbandoni. Poi, arriva il momento: sei lucido, sei convinto. Come in un rito già celebrato una moltitudine di volte, fai il nodo alla corda fatta con delle strisce di un lenzuolo o con i lacci delle scarpe – non ha importanza con cosa la fai è solo un modo per raggiungere lo scopo. Speri di cambiare idea. Ti fermi a pensare quello che stai facendo. Cerchi dentro la tua mente un solo motivo per continuare a vivere ma non lo trovi… Hai mille motivi per morire e nessuna per continuare a vivere! Questo ti fa ancora più rabbia e quindi ti convinci che è l’unica cosa da fare. Ti convinci che in questo modo persino la tua famiglia soffrirà di meno, che vederti chiuso per sempre. Sali sullo sgabello. Leghi l’altra parte della tua corda alla grata e dai uno strattone per vedere se tiene. In quel momento inizi ad avere dei dubbi. Capisci che lo stai facendo davvero, ma senti che è troppo tardi per tirarti indietro. Allo stesso tempo, aspetti che un miracolo ti salvi… Ma non ci sono miracoli. Persino Dio si gira dall’altra parte. Non ti resta che te stesso. Sali sullo sgabello. Sei maledettamente calmo. Metti la corda attorno al collo e in quel momento il cuore ti inizia a battere così forte che riesci a sentirlo. Adesso non devi fare altro che un passo. Solo un piccolo passo e tutto finirà! Tutto il tuo destino è legato solo a un maledetto passo: se lo fai, nessuno potrà più salvarti! Come so tutto questo? Provate un po’ ad indovinare! Ma io sono qui. Qui per raccontare. Sono qui per continuare a rompere e – perché no? – per farvi sentire in colpa per la vostra totale indifferenza per la morte così stupida e inutile di un ragazzo giovane e senza speranza alcuna!!!» Alfredo Sole – Carcere di Livorno – novembre 2008 (fonte www.informacarcere.it) Ogni altra parola, crediamo, sia superflua.