Attendono con ansia la messa in onda, contando ossessivamente le ore che li separano dalla visione. Dialogano fittamente nei loro forum per scambiarsi opinioni e chiarire punti oscuri, fare ipotesi e cercare spiegazioni. Conservano tutte le puntate precedenti e le rivedono e consultano continuamente per meglio comprendere quello che hanno appena visto. Passano notti insonni ad interrogarsi su una frase, a volte anche su una sola parola, o un’immagine.
Chi sono? Sono gli appassionati della serie televisiva “Lost”. Conclusa negli USA la quinta stagione già da parecchie settimane (in Italia siamo alle battute finali sui canali satellitari mentre la RAI dovrebbe iniziare a trasmetterla, in chiaro, la prossima estate o al massimo il prossimo autunno), i lost-dipendenti ora devono affrontare l’ultima, lunga, traversata nel deserto: mesi e mesi senza nuove puntate (la sesta, e conclusiva, serie deve ancora essere girata) nei quali interrogarsi e sviscerare tutte le questioni ancora in sospeso e i “misteri” che questa serie televisiva porta con sé, magari aiutandosi con qualcuno dei tanti siti internet dedicati alla serie, all’interno dei quali si possono trovare dettagliatissime ricostruzioni cronologiche degli eventi, centinaia di fermo-immagine “catturati” direttamente dallo schermo, biografie dei tantissimi personaggi, paralleli tra i fatti narrati e le più avanzate teorie della fisica sub-nucleare (non è una battuta) e tanto altro ancora. Ma come mai “Lost” sta producendo tutta questa mania e tutta questa fibrillazione ? Ovviamente la più importante caratteristica di questa serie televisiva è data dalle ottime fondamenta su cui poggia (l’assoluto spessore della scrittura, l’abilissima sceneggiatura, gli ottimi attori, le riprese a livello quasi cinematografico). Ma oltre a questo ci sono alcune caratteristiche che la rendono unica. Innanzitutto la sua strettissima “continuity”. A differenza di tutte le precedenti serie televisive di dimensioni comparabili alle sue (“Lost” dovrebbe terminare con la sesta serie ed un totale di circa 115 episodi di 40 minuti l’uno) che erano fondamentalmente strutturate su episodi autoconclusivi (ovvero ogni puntata presentava un tema, lo svolgeva e lo risolveva completamente in maniera sostanzialmente indipendente dalle puntate che la precedevano o la seguivano tanto che è abbastanza ininfluente l’ordine nel quale si guardano le puntate, pensate alla classica “Star trek” o al più recente “Law and order”) qui troviamo invece un unico, gigantesco, racconto che alla fine di ogni puntata semplicemente si interrompe per poi riprendere nella puntata seguente esattamente da dove si era fermato. Abbiamo quindi una struttura molto più simile ai grandi e ponderosi romanzi ottocenteschi che non alle pillole “mordi e fuggi” tipiche della nostra società sempre molto veloce. Anche a confrontarla con serie più recenti come “Sex and the city”, dove le vicende personali delle protagoniste facevano da bordone alla narrazione di ogni singola puntata, o “X Files”, dove periodicamente venivano trasmesse delle puntate specifiche dedicate al “grande complotto” sugli alieni, in “Lost” appare chiaramente molto più alto il livello di interdipendenza tra le varie puntate che, semplicemente, non possono essere viste che nell’ordine corretto se non perdendo la quasi totalità del senso degli accadimenti (d’altra parte chi sarebbe così folle da leggere un romanzo saltando ogni tanto dei capitoli a caso ?). A questa caratteristica gli autori hanno poi sommato una gestione straordinariamente efficace del “fattore tempo” all’interno della loro narrazione giostrando con abilità tutta una ricca serie di flash-back, flash-forward e altri salti temporali in maniera tale da presentare gli eventi non in maniera lineare ma, piuttosto, componendo man mano una sorta di puzzle estremamente complesso che lentamente si riempie dei suoi tasselli e, forse, solo adesso inizia a dare un’idea abbastanza precisa del disegno complessivo. Attenzione però: l’abilità degli sceneggiatori è stata anche quella di risolvere moltissimi dei misteri presentati man mano che la serie procedeva, eventualmente inserendone di nuovi, e, in questo modo, placare la fame di risposte dei suoi appassionati, che finalmente potevano comprendere determinati aspetti delle vicende, pur lasciandoli sempre “appesi” a un fitto elenco di questioni non risolte e quindi sempre bisognosi del procedere della vicenda. Hanno inoltre approfittato di questo modo di narrare, unitamente alle dimensioni dell’opera, per realizzare un poderoso approfondimento delle psicologie dei personaggi così da renderli non solo tridimensionali ma anche molto più “reali” di quanto non solo le fiction televisive, ma anche lo stesso cinema, riescano di norma a fare. Sono poi stati molto abili nel non bruciare tutte le cartucce subito: alcuni personaggi fondamentali per la narrazione sono comparsi solo nella seconda serie, altri addirittura non prima della quarta, altri ancora sono apparsi inizialmente come personaggi di secondo piano per essere poi approfonditi in un secondo momento e diventare assolutamente centrali nella seconda metà degli episodi. Viceversa personaggi che inizialmente sembravano tra i cardini della serie sono presto defunti con grande stupore degli spettatori. Insomma, parafrasando Battiato possiamo dire che in “Lost” davvero “niente è come sembra”. Naturalmente “Lost” ha preso molte di queste tecniche di sceneggiatura e costruzione della narrazione da opere già esistenti, in particolare attingendo alle modalità e alla struttura di alcune tra le saghe moderne di maggiore successo (penso ancora ad “X Files” e ai suoi temi meglio sviluppati come ad alcune tecniche narrative tipiche della esalogia di “Guerre Stellari”), così come ha attinto dall’enorme scibile della narrazione fantascientifica dedicata ai viaggi temporali (e non solo), ma il coraggio degli autori è stato quello di volerlo applicare ad una serie televisiva senza neanche avere la certezza (economica) di riuscire a portarla fino in fondo e correndo il rischio che, in caso di mancanza di ascolti, la serie si interrompesse a metà senza poter avere una fine vera e propria. E’ opportuno anche ricordare un’altra specificità di “Lost” che non mi risulta abbia altri precedenti nel mondo della fiction televisiva: alla fine della seconda serie c’è stata una animata discussione tra sceneggiatori e produttori riguardo il destino della serie, i primi premevano per dilatarla oltre modo e poter sfruttare la gallina dalle uova d’oro più a lungo possibile, i secondi pretendevano sia di sapere esattamente quanto sarebbe durata la serie, in modo da poter dosare correttamente i ritmi della narrazione, sia di limitarla a un centinaio di puntate per non rischiare di allungare il brodo oltre misura rischiando di rendere il prodotto finale tutt’altro che avvincente. Altro fattore che ha conquistato i fan è stata l’estrema cura dei particolari e dei dettagli all’interno delle puntate: non solo c’è un continuo fare riferimento a piccoli e piccolissimi eventi accaduti molte puntate prima, non solo gli autori sembrano sempre ricordarsi le cose che hanno fatto dire e fare ai loro personaggi fin dai primissimi episodi, ma, ben sapendo che gli appassionati avrebbero controllato ai raggi x ogni frame, hanno curato maniacalmente tutto ciò che è stato ripreso e, ad esempio, se uno dei protagonisti legge qualcosa su un giornale e trasale (ma senza farci sapere cosa lo ha fatto trasalire) e la telecamera inquadra fuggevolmente questo giornale, nel momento in cui uno di questi appassionati all’ultimo stadio andasse a fare un fermo immagine e volesse ingrandire ciò che è stato filmato state sicuri che non troverebbe un titolo e articolo di giornale qualsiasi (o, peggio ancora, delle lettere a caso messe li tanto per fare scena), ma qualcosa di assolutamente inerente la storia e “credibile” all’interno della storia stessa (e di conseguenza qualche piccolo indizio ulteriore per comprendere la vicenda). Effetto inevitabile di questo modo di fare televisione è stato che da un lato chi si è fatto coinvolgere dalla serie ne è diventato dipendente (per non dire ossessionato), e dall’altro chi, per qualche ragione, ha perso la prima serie o comunque ha saltato qualche puntata, difficilmente avrà modo di farsi catturare dal racconto poiché lo troverà sostanzialmente incomprensibile, tanti e tali sono i continui riferimenti a ciò che è stato già narrato. Questo spiega come mai, man mano che la serie è andata avanti, gli ascolti siano sempre più calati, visto che era ed è fisiologico perdere alcuni dei vecchi spettatori ed è praticamente impossibile acquisirne di nuovi. Ciò nonostante gli ascolti restano comunque molto buoni (senza contare i moltissimi che seguono la serie attraverso il download dalla rete) ed è ormai pacifico che la serie arriverà a concludersi degnamente svelando tutte le sue trame (speriamo in maniera sufficientemente completa e coerente). Per molti dei lostmaniaci è così forte la mancanza della serie e il desiderio di vedere come procede l’avventura che, in una prima fase, moltissimi si sono spostati dalle trasmissioni fatte dalla RAI a quelle sul satellitare (a pagamento), anticipando così di circa 6 mesi la visione delle puntate. Anche così però moltissimi hanno trovato insopportabile il tempo che trascorre tra la messa in onda della puntata in America e la prima italiana (circa 3 mesi). Si è così sviluppata una piccola (non)organizzazione amatoriale, ma molto motivata, che funziona più o meno così: 1) non appena termina la messa in onda di una nuova puntata negli Stati Uniti qualche buonanima americana mette nei soliti circuiti peer-to-peer (Emule, BitTorrent...) la copia digitale a disposizione di tutti 2) qualche altra buonanima mette in rete anche la trascrizione dei dialoghi in inglese 3) in Italia alcuni volontari si svegliano intorno alle 4.30 del mattino per tradurre questi dialoghi dall’inglese all’italiano 4) altri volontari prendono queste traduzioni e realizzano dei file appositi contenenti i sottotitoli veri e propri e li mettono a disposizione su alcuni dei siti italiani che si occupano di queste cose 5) a questo punto all’appassionato resta solo da fare 2+2, ovvero scaricarsi il video e, se non è pratico della lingua inglese, sincronizzarlo con il file contenente i sottotitoli attraverso qualcuno dei tanti programmi che sanno unire correttamente le due parti. In buona sostanza è tanta la passione e il desiderio di queste persone che già dopo poche ore dalla trasmissione americana è già possibile godersi la nuova puntata (e va sottolineato che questa piccola organizzazione si è sviluppata spontaneamente, senza bisogno di vertici, capi o qualcuno deputato a decidere e organizzare le relazioni tra le varie componenti del sistema, piccoli miracoli della rete...). Un fenomeno quindi che da una fortissima dipendenza e dal quale è difficilissimo liberarsi, ma, alla fine della fiera, vale davvero la pena di vivere questa passione perché trattasi di uno dei migliori e originali prodotti del sistema televisivo realizzati nel nuovo millennio, decisamente superiore anche a moltissimi lavori cinematografici contemporanei e destinato a diventare un pezzo di storia della televisione mondiale. Per chi fosse interessato ad approfondire l’argomento segnalo questi siti non ufficiali (ma molto più interessanti dei siti ufficiali...): http://it.wikipedia.org/wiki/Lost [informazioni generali sulla serie e i suoi contenuti, in italiano] http://www.lostmania.com [un interessante forum dove discutere, in italiano] http://lost-media.com [foto, video e un mare di materiali disponibili] http://lostpedia.wikia.com [tutto, ma proprio tutto, quello che volete sapere sulla trama con schede approfondite e continuamente aggiornate, purtroppo in inglese] http://italiansubs.net [sito dedicato ai sottotitoli in italiano di film e telefilm]
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