Agosto 2009

SULLA LAICITÀ dello stato

Il laicismo: un impegno a vivere come un dovere la libertà...


Giuseppe Raia

Voltaire amava ripetere: “Non condivido le tue opinioni, ma darei la vita per difenderle”. La libertà d’opinione, il laicismo, non sono in questa espressione volteriana un semplice proclama anarchico ma un impegno a vivere come un dovere la libertà, che è prima di tutto degli altri e a maggior ragione se diversi da noi. Un principio quello volteriano, capace di fondare da solo la convivenza civile e di creare, partendo dalle divergenze e dalle differenze, ricchezza sociale. Di laicismo si straparla, come del resto di libertà, tanto da allontanare da queste categorie ogni interesse a capirle, figuriamoci se a viverle. E forse, non sappiamo se scientificamente, se ne stra-parla proprio per questo. Sul caso Englaro, per esempio, è stato detto che il signor Peppino, il papà, ha fatto quello che ha fatto perché non cristiano. Sembrerebbe una mera constatazione, solo che non è posta come premessa di un ragionare rispettoso delle diversità in questo caso culturali di cui la società è ricca (o di cui comunque dovrebbe arricchirsi) ma come conclusione, come giudizio gravido di significato moralmente negativo, dove positivo è invece “il” valore della vita dato da una specifica cultura a cui una parte cospicua di società fa riferimento. Una conclusione troppo superficiale perché intanto quella cultura non è così univoca come si vorrebbe far credere e un distinguo doveroso sarebbe quello di precisare meglio a quale tipo di cristianità ci si riferisce, visto che all’interno di essa convivono oltre che diversi modi di sentire e vivere le stesse verità, anche diverse … verità. La cultura cristiana cioè non è solo cattolica ma anche calvinista, luterana, ortodossa, valdese … che fanno più o meno riferimento al libero arbitrio o al contrario al “nulla può l’uomo” perché meschinamente limitato e comunque dissentono fra di loro sulle questioni anche fondamentali del credere e del vivere credendo. Ma questo non basta, visto che all’interno dello stesso sentire cattolico ci si è arricchiti e ci si arricchisce sempre da sfumature diverse e/o divergenti da ciò che sembra univoco, tanto che qualcuno ha avuto l’ardire di citare reggenti vaticani (Paolo IV) per avvalorare argomentazioni contro l’accanimento terapeutico. La scienza stessa su questo specifico aspetto diverge, dimostrando altrettanto validamente che nel caso specifico (Eluana) non si trattava di trattamento terapeutico ma di semplice aiuto al sostentamento della paziente invalidando di fatto le argomentazioni di cui prima. Anche “il” valore della vita tout court è del resto “relativo” e relativizzabile: se è vero che un tipo di sentire culturale e religioso individua l’inizio e la fine della vita come due punti fissi e inderogabili, ritrovandoli da una parte nel concepimento (asservendo ad esso l’atto sessuale stesso) e dall’altra nell’ultima traccia anche se vegetativa dell’organismo, altrettanto vero è che un altro tipo di sentire, altrettanto convinto di essere nel giusto, pensa alla vita non come un cominciare e un finire assoluto ma come un’evoluzione graduale alla vita e un’evoluzione graduale alla morte, per cui non si nasce in un solo attimo (il primo, spesso inconsapevole) e non si muore in un solo attimo (l’ultimo, spesso incosciente). Ne consegue che, per esempio, l’atto sessuale può essere vissuto come valore in sé e senza sensi di colpa, e il concepimento come un cominciare consapevole alla vita, e che, per esempio, diventa sensato pensare, almeno nella sfera privata e comunque individuale, a determinate condizioni di vita come già (in coscienza) di non-vita e come tali rifiutarle proprio nel rispetto della vita stessa. Questo sentire fonda “un” valore della vita dal quale possiamo dissentire ma non negare, anzi, volterianamente, non possiamo non difendere. E lo Stato che fa? Prende posizione! Nella fattispecie, il governo dimentica che prima di essere rappresentante di una parte (in maggioranza) della società è Stato e come tale deve comportarsi rispettando l’autodeterminazione e la libertà individuale di tutti i cittadini, volterianamente difendendo anche ciò che non è il presunto sentire del proprio elettorato. E dire che contemporaneamente il capo del governo cita e applaude un Craxi che, monetine a parte, dello statista aveva non solo le sembianze ma anche il necessario bagaglio culturale!