A Modica come a Muhanga una delle cose che accomuna le madri e le donne più in generale, è l'assoluta capacità di essere pianeta centrale attorno al quale i figli e il compagno satellitano, attirati da un'energia vitale potente. Una madre, nella norma, c'è: c'è quando nasci e ancora prima; c'è quando inizi a camminare e cadi e ti rialza; c'è quando inizi a parlare e il suo è il primo suono che diventa sostanza. C'è quando hai l'influenza e con le sue calde labbra “tasta”, sulla tua fronte, quanto forte sia la febbre. C'è quando cresci, quando ti innamori e legge nel tuo sguardo quanto sei felice o quanto non va bene per nulla. C'è quando ti sposi e quando diventi genitore a tua volta e ti aiuta nel tuo nuovo ruolo. C'è nell'eterna memoria e nell'eterno calore di lei anche quando il corpo non c'è. Questo è tanto vero per ogni madre e in Africa, a Muhanga, questo è vero ancora di più. Una madre in Africa tiene in braccio il figlio avvolto in un marsupio di stoffe e dietro trasporta il carico del momento, ma anche il carico di una vita fatta di sacrifici e miseria; e cammina...cammina per chilometri nel vento, sotto il sole o la pioggia, perchè sa che non può fermarsi, c'è l'acqua da prendere, il campo da seminare e altri figli da raggiungere. Il suo amore è immenso, grande come il Congo, grande come ogni sorriso che regala ad ognuno dei suoi cari, ma anche ad ogni persona che incontra sul suo cammino. A Muhanga, al mattino presto, una madre sistema i figli per andare a scuola, poi sistema la capanna e prova a cucinare del bugali, per fare, se è possibile, almeno un pasto. E poi va nel suo campo, spesso troppo lontano, con il figlio piccolo avvolto sul petto e la zappa in mano, per raccogliere le patate o la manioca, perché quello è ciò che riuscirà a portare a casa; e va meglio se c’è il marito che trova qualche lavoretto nel villaggio, altrimenti sa di essere sola e da lei dipende la sopravvivenza dei propri figli. Una madre c'è anche quando un padre è lontano o assente, anche se nella stanza accanto! Tutto questo le madri di Muhanga lo fanno con il timore di vedersi portato via ciò che hanno raccolto dai soldati, con il timore di poter essere aggredite, con la costante preoccupazione di vedersi sequestrato il campo, unica fonte di sostentamento, e di essere costrette a migrare in altri luoghi lontani, impervi sconosciuti, spesso anche pericolosi. Ma l’amore e l’accoglienza di una madre africana non sono confinati solo all’interno della propria famiglia perché, se un bambino proviene dal villaggio accanto e, calata la sera, non torna a casa, la sua mamma non si dispera perché sa con certezza che un’altra madre lo accoglierà nella propria capanna, senza chiedersi come farà a sfamare una bocca in più. E lo stesso accade anche quando un bambino rimane orfano. La forza e il coraggio di una madre congolese sono unici. Come l'avanzare con determinazione, dopo aver percorso molta strada a piedi verso un accampamento militare per riprendersi il figlio...quel figlio che le avevano portato via per arruolarlo come bambino-soldato. Quella determinazione e quel coraggio di madre la sostengono nel tornare verso casa con il suo bambino, e non cade per la paura né si volta indietro per vedere se la morte è alle sue spalle. Una madre...una donna...il coraggio di chi, nel silenzio delle azioni quotidiane amorevoli, urla che lei c'è oltre la propria vita.
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