Dicembre 2009

BIG BROTHER È CON NOI

Il Grande Fratello Berlusconi


Massimo Romano

Nell'ormai lontano 1948, George Orwell pubblica uno dei romanzi più famosi del secolo scorso: 1984. È l'angosciante affresco di una società totalitaria, in cui ogni individualità di pensiero e di coscienza viene annichilita sistematicamente e assoggettata ai dettami di Big Brother, del Grande Fratello, e del suo apparato. Non a torto è stato spesso rilevato come 1984 non fosse in fondo un testo visionario quanto piuttosto una dissezione critica dei vari „ismi“ che hanno caratterizzato la storia del novecento. Dopo la caduta del muro di Berlino, 1984 sembrava dunque un'opera in qualche modo superata e smentita dagli avvenimenti: Il futuro che si intravvedeva all'orizzonte non era affatto un mondo cupo e totalitario, bensì il trionfo della democrazia e di una concezione liberale della società. Alcuni come Francis Fukuyama si spinsero perfino a decretare la fine della storia, nel senso di un'affermazione irreversibile dei valori liberali. L'opera e il pessimismo di Orwell sembravano destinati al confinamento in seno al canone letterario, mentre in parallelo la figura di „Big Brother“ perdeva tutte le sue connotazioni losche e assurgeva a nuova icona della programmazione catodica di stampo commerciale. Ma se è vero che la canonizzazione di un'opera spesso è una sorta di anticamera dell'oblio, allora 1984 merita tutt'altro. George Orwell vi ha infatti descritto con estrema lucidità alcune delle strategie essenziali a tutte le forme di autoritarismo, a prescindere dal contesto storico in cui si sviluppano. Un'attenta rilettura di 1984 riesce a darci spunti riflessivi per interrogarci su diversi fenomeni in atto nel presente e in particolare sull'ascesa al potere dell'attuale premier Silvio Berlusconi. “L'ignoranza è potere” - la mistificazione ideologica Winston, il protagonista di 1984, è un membro del partito di Big Brother e lavora al ministero della verità. Ci troviamo in un mondo denominato Oceania. All'entrata del ministero si legge: WAR IS PEACE FREEDOM IS SLAVERY IGNORANCE IS STRENGTH Gli impiegati del ministero della verità si occupano della redazione di comunicati che vengono trasmessi attraverso le emittenti di Big Brother. L'informazione trasmessa riguarda in genere lo stato dell'economia oltreché i bollettini di una guerra in atto contro i nemici dell'Oceania. I nemici dell'Oceania cambiano periodicamente: talvolta rispondono al nome di Eurasia, poi di Eustasia. Non si sa quando è cominciata la guerra, si sa solo che ciclicamente il nemico ha un altro nome. Non si conoscono le ragioni che determinano questi cicli. I comunicati del ministero riportano solo successi: battaglie vinte, dati economici in continuo e inarrestabile miglioramento, indici di prosperità dell'Oceania. Non si sa se i bollettini emessi hanno un qualche fondamento. Nel mondo di Big Brother non esiste evidenza, non deve esistere evidenza al di fuori della parola di Big Brother e del suo apparato: The Party told you to reject the evidence of your eyes and ears. It was their final, most essential command. (Winston, 1984, 1, 7) In questo consiste il lavoro di Winston: Distruggere ogni riferimento a una realtà che non sia congruente con le enunciazioni dettate dal potere. Non esiste un mondo interpretabile, in quanto l'universo dei significati possibili non può estendersi oltre i confini dei significati realizzati e dettati dal potere. Per limitare lo spazio di manovra del pensiero, il sistema di Big Brother non esita a intervenire sulla lingua. Syme, un collega di Winston al ministero della verità, è incaricato di creare un nuovo linguaggio e spiega lo scopo di tale operazione al collega: Don't you see that the whole aim of Newspeak is to narrow the range of thought? In the end we shall make thoughtcrime literally impossible, because there will be no words in which to express it. Every concept that can ever be needed, will be expressed by exactly one word, with its meaning rigidly defined and all its subsidiary meanings rubbed out and forgotten. (Syme, 1984, 1, 5) Solo così la pace può essere guerra, la menzogna sistematica può divenire verità. Per affermarsi e riprodursi, il potere deve creare un sistema di idee, un'ideologia, che delimiti con precisione ciò che può essere compreso nel sistema da ciò che va invece esecrato e sanzionato. Tutto ciò che sarà inglobato nell'ideologia sarà vero a prescindere dall'evidenza. Lo stesso significato di “verità” non sarà che una tautologia del sistema stesso. Tra gli enunciati “è la verità perché lo dice Big Brother” e “Big Brother lo dice perché è la verità” non vi sarà alcuna differenza. Il gesto autoritario è implicito in ogni tipo di ideologia, perché l'ideologia si costituisce a partire da una negazione parziale o totale dell'evidenza e mira ad affermarsi a prescindere o addirittura in opposizione alla medesima. Soffermiamoci su un esempio di stretta attualità per illustrare questa logica autoreferenziale del pensiero autoritario. Al tempo della sua “discesa in campo” politica, l'attuale premier Berlusconi formulò alcuni capisaldi del suo agire. È risaputo che egli motivò il suo impegno con la necessità di promuovere una forza politica “anti-ideologica”, un movimento con cui potessero identificarsi tutte le forze del “fare” per avviare un profondo rinnovamento dell'Italia. Proviamo a interrogarci sui principi su cui si fondano le fortune politiche dell'attuale premier. La libertà è schiavitù – la discesa in campo dell'imbonitore Nel suo famoso “primo discorso” del 1994 Berlusconi dice: I principi in cui noi crediamo non sono principi astrusi, non sono ideologie complicate; no, sono i valori fondamentali di tutte le grandi democrazie occidentali. Noi crediamo nella libertà, in tutte le sue forme, molteplici e vitali: libertà di pensiero e di opinione, libertà di espressione, libertà di culto, di tutti i culti, libertà di associazione; crediamo nella libertà di impresa, nella libertà di mercato, regolata da norme certe, chiare e uguali per tutti. Ma la libertà non è graziosamente «concessa» dallo Stato, perché è ad esso anteriore, viene prima dello Stato. È un diritto naturale, che ci appartiene in quanto esseri umani e che semmai, essa sì, fonda lo Stato. E lo Stato deve riconoscerla e difenderla – in tutte le sue forme – proprio per essere uno Stato legittimo, libero e democratico e non un tiranno arbitrario. Crediamo che lo Stato debba essere al servizio dei cittadini, e non i cittadini al servizio dello Stato. A leggerlo superficialmente, il passo sembrerebbe sì intriso di una certa retorica liberista ma del tutto assente di riferimenti che potrebbero essere letti in chiave autoritaria. Al contrario: vi si parla esplicitamente di libertà di pensiero, di opinione, espressione ecc. Quindi dove si scorgerebbe un'intenzione ideologica? Volendo si potrebbe precisare il contesto, spiegare che il discorso di Berlusconi si proponeva a detta dello stesso “una specie di chiamata alle armi” contro una non specificata “minoranza” che la platea conosceva bene e che avrebbe inflitto “un futuro soffocante e illiberale” agli italiani. E si potrebbe senz'altro aggiungere che mette in soggezione se un tycoon della comunicazione, il cui potere mediale non ha molto da invidiare a quello di Big Brother, si mette a fare le chiamate alle armi. Ma non è questo il punto: la mistificazione ideologica sta tutta nel paragrafo che abbiamo evidenziato e si sviluppa a partire da alcuni concetti che vengono messi in opposizione: /i principi in cui NOI crediamo/ vs. /ideologie astruse/ /diritto naturale/ vs. /leggi dello stato, ovvero “libertà graziosamente «concessa»”/ /libertà originaria dell'uomo/ vs. /tirannia arbitraria dello stato/ /sovranità dell'individuo/ vs. /sovranità dello stato/ Traduciamo: il testo suggerisce che esiste da un lato un NOI, ovvero il partito che viene posto in essere da Berlusconi, che crede in una libertà e sovranità naturale dell'individuo antecedente a tutte le convezioni e leggi dello stato e la cui sovranità è da anteporre a qualsiasi altro interesse; su questa concezione della libertà sarebbero fondate tutte le grandi democrazie; dall'altro lato si pone un insieme di ideologie “astruse” da addebitare agli altri, agli illiberali che hanno instaurato o agognano uno stato oppressore e tiranno. Non si può certo dire che i capisaldi sui cui si fonda il partito politico di Berlusconi non siano di un imbarazzante manicheismo. E già questo basterebbe per rigettarle. Vi è poi una metafisica dell'individuo talmente semplicistica da non trovare nessun riscontro nella tradizione del pensiero politico occidentale (né probabilmente di altre tradizioni). Per confutarla non occorre scomodare né Hobbes né Rousseau. Il punto saliente è, però, un altro. Se l'ideologia – come ci ha mostrato Orwell – si costituisce a partire dalla negazione dell'evidenza, allora la mistificazione di Berlusconi consiste in ciò che il suo sistema di opposizioni omette. Lo stato liberticida di cui egli fa menzione non può che essere quello italiano. Pertanto il riferimento riguarda uno stato che si è al contrario dato una costituzione e una ragione di essere proprio in opposizione a qualsiasi totalitarismo e a tutela di tutti i cittadini, a prescindere dal loro orientamento politico o religioso. La costituzione è la Carta di TUTTI gli italiani e garantisce esattamente quei valori di garanzia delle libertà individuali avocati a sé da Berlusconi. Se si utilizzano i valori condivisi della costituzione per farne uno spartiacque politico e strumentalizzare quegli stessi valori contro una parte dei cittadini (la famosa “minoranza” del paese), allora si compie un atto di disonestà intellettuale e di negazione dell'evidenza storica. Il gesto di Berlusconi è esattamente quello di Big Brother: Ti dico che 2+2 è uguale 5 e quindi 2+2 è uguale 5, perché te lo dico io. Vale la pena non dimenticare mai le parole di Winston: Freedom is the freedom to say that two plus two make four. If that is granted, all else follows. (Winston, 1984, 1,7) La guerra è pace – il partito dell'amore Il già citato discorso di Berlusconi ha un passo solenne se non marziale, dove spiega i motivi che lo hanno indotto a fondare un partito: C’è un pericolo per il Paese Io credo che questa decisione noi, tutti noi, l’abbiamo assunta certo guardando ai pericoli che si venivano profilando – li avete ricordati qui questa mattina –, ma la ragione forse ci avrebbe invitato a continuare a preoccuparci del nostro particolare, della nostra famiglia, delle nostre aziende, del nostro mestiere, delle nostre professioni. Abbiamo deciso invece di dare una risposta diversa, perché abbiamo sentito che si profilava un pericolo: una nuova legge elettorale, dei politicanti incapaci di mettersi d’accordo, la possibilità che il nostro Paese fosse governato da una minoranza, da una minoranza che conosciamo bene, che ci avrebbe inflitto un futuro soffocante e illiberale. Apprendiamo, dunque, che non è il proprio senso civico o la voglia di mettersi al servizio del prossimo che spingono Berlusconi alla politica. Entrare in politica è un sacrificio: molto meglio sarebbe potere restare al focolare o al lavoro. Ma purtroppo c'è un pericolo incombente e questo pericolo si chiama “minoranza” illiberale. È lei il nemico che bisogna fronteggiare con una “specie di chiamata alle armi”. In Oceania, nel paese di Big Brother, il nemico ha un nome variabile: può trattarsi dell'Eurasia o dell'Eustasia. Ciò non ha importanza. L'essenziale è invece che ci sia un nemico, poiché è la minaccia esterna che rende coeso l'apparato di Big Brother. È la paura e l'odio generati dal nemico che rendono necessaria l'esistenza del grande fratello e protettore. Se l'ideologia scaturisce dalla negazione dell'evidenza, il corpo politico che la assume si costituisce attraverso l'esecrazione di chi non fa riferimento alla medesima ideologia. Il mondo è fatto di buoni e di cattivi, di uomini e donne di buona volontà e di pericolose “minoranze”. E in questa logica non c'è alternativa: Se io sono il buono, il paladino della libertà e dell'amore, l'altro non può che essere il cattivo, l'espressione della tirannia e dell'odio. Una tale apoteosi manichea non può che sboccare in una visione mistica della politica. Ecco la conclusione del discorso di Berlusconi: E ora vi invito a cantare tutti insieme. Non ci dobbiamo vergognare di cantare, di restare giovani, la giovinezza non è un dato anagrafico, è uno stato dell’anima, è una condizione dello spirito, e quindi facciamolo di buon grado, di alzarci, di unirci, e cantare insieme il nostro inno che ha parole semplici ma vere, il nostro inno che dice «Forza Italia, è tempo di credere...», è tempo di osare, è tempo di accendere dentro il nostro cuore un grande fuoco, quello della passione per la libertà. Con una grande passione noi potremo raggiungere i traguardi più ambiziosi, potremo costruire un’Italia più giusta, un’Italia più generosa e sollecita verso chi soffre e chi ha bisogno, un’Italia più moderna ed efficiente, un’Italia più prospera e serena, un’Italia più ordinata e sicura, un’Italia che sappia imporsi all’ammirazione degli altri, non soltanto per il suo grande passato, ma per un suo nuovo, magico presente. Quindi «Forza Italia», «Forza Italia» come dicono le parole della nostra canzone, Forza Italia per fare, Forza Italia per crescere, Forza Italia per essere liberi, Forza Italia per costruire, tutti insieme, un grande, un nuovo, uno straordinario miracolo italiano! E tutti quelli che non credono ai miracoli o che non amano coloro che li promettono non dimentichino: il luogo più terribile nel mondo di Big Brother era il MINISTERO DELL'AMORE. Era il luogo in cui tutti coloro che commettevano reati ideologici venivano rinchiusi e torturati per il loro bene. La tortura, comminata anche Winston, mirava ad abbattere la forza di volontà del prigioniero e ad annichilire ogni moto dell'animo che non fosse in sintonia con Big Brother. Alla fine anche Winston non potrà che dire: But it was all right, everything was all right, the struggle was finished. He had won the victory over himself. He loved Big Brother. (Winston, 1984, 3, 6) Se c'è infatti una cosa che nessun Big Brother di questo mondo sopporta è che il suo amore non sia corrisposto. ___________________ Fonti citate: George Orwell, 1984, The Complete Works of George Orwell, http://www.george-orwell.org Silvio Berlusconi, Il primo discorso, Roma, Palafiera - 6 febbraio 1994, http://www.ilpopolodellaliberta.it/silvioberlusconi/