Perché quando osserviamo, seduti comodamente su un divano, una partita di calcio, una scena di un film d’avventura o d’amore, ci immedesimiamo così profondamente nella parte, come fossimo noi stessi i protagonisti, esaltandoci per un goal segnato, oppure avvertendo quel calore di labbra morbide che si uniscono in un bacio, anche se non facciamo altro che restare fermi in quel divano a guardare il televisore? Perché un amico, raccontandoti un suo dramma esistenziale con le lacrime agli occhi, ti innesca involontariamente un’irrefrenabile tendenza al pianto? Perché quando osservi un incidente stradale hai una palpitazione cardiaca esasperata, come se fossi stato coinvolto in prima persona? Tutti questi perché (che potrebbero teoricamente essere infiniti) hanno la seguente risposta biologica: perché abbiamo i cosiddetti “neuroni specchio”. E chi lo avrebbe mai detto che siamo “portatori sani di specchi” situati all’interno del nostro cervello? Tutto nacque per caso, quando nel 1991, un gruppo di neuroscienziati italiani dell’Università di Parma, capitanati dal Prof. Giacomo Rizzolatti , studiando un gruppo di neuroni motori (cioè deputati al movimento) nella scimmia si accorsero di un fenomeno assolutamente sorprendente. Sebbene questi neuroni, come era logico aspettarsi, erano attivati quando la scimmia afferrava una nocciolina, nessuno avrebbe mai potuto immaginare che gli stessi venissero ugualmente attivati quando invece, per pura casualità, fu un ricercatore a prendere una nocciolina con le mani, mentre l’animale se ne stava fermo a guardarlo. Ciò suggerì che per quei neuroni “fare un movimento” o “vederlo fare” era praticamente la stessa cosa, almeno in termini elettrofisiologici. Per questi neuroni venne brillantemente coniato il termine di “neuroni specchio”, in quanto cellule capaci di “rispecchiare i movimenti che vedono”. Studi successivi dimostrarono l’esistenza dei neuroni specchio anche nel cervello umano, dove costituiscono una rete molto più evoluta e sofisticata rispetto a quella presente negli altri animali. Se osserviamo da vicino un alpinista nell’atto di scalare una montagna, oltre alla mera visione del suo movimento, è come se avvertissimo “su noi stessi” le sue difficoltà (quasi passo dopo passo), perché più o meno sappiamo quanta fatica costa una scalata. In altri termini i nostri neuroni specchio stanno mimando l’azione che noi stiamo semplicemente osservando. Secondo alcuni ricercatori, questi straordinari neuroni, oltre a creare ponti di legami con le azioni delle altre persone, sono probabilmente coinvolti anche nella “gestione” delle emozioni interpersonali, rappresentando la “chiave” dell’empatia. E questo gli attori di teatro o cinematografici lo sanno molto bene, quando attraverso la loro mimica facciale, rappresentano drammi o sentimenti a cui noi non possiamo fare a meno di rispondere emotivamente. E la risposta non può che essere mediata proprio dai nostri neuroni specchio. Dunque, in sintesi, i neuroni specchio sono un sottogruppo di neuroni capaci di trasformare informazioni provenienti dal mondo esterno, per esempio movimenti o stati emozionali, in atti motori dell’individuo che le sta osservando. Il lavoro continuo di questi neuroni nelle diverse aree cerebrali concorre a formare un circuito anatomo-funzionale che nei soggetti normali, per semplicità, potremmo definire “meccanismo a specchio”. E che cosa succede se questo meccanismo dovesse incepparsi? Diverse evidenze scientifiche suggeriscono che proprio questo circuito sia variabilmente alterato nei pazienti affetti da autismo, probabilmente perché le loro conoscenze motorie di base, regolate dai neuroni specchio, sono interrotte (organicamente? funzionalmente?). Ciò spiegherebbe perché gli autistici, pur essendo intelligenti, capaci di leggere e scrivere, talora anche di parlare, hanno un profondo deficit nell’interazione sociale, evitano il contatto oculare e non sono capaci né di comprendere né tantomeno di rispondere alle domande. Mi pare evidente che i neuroni specchio -in fondo- altro non sono che gli strumenti che ci consentono tutte le interazioni/socializzazioni umane. Sono questi specchi che permettono di copiarci, nel bene e nel male. A questo punto mi assale un dubbio atroce: tutti i nostri politici attuali, sia regionali che nazionali, hanno i neuroni specchio appannati o semplicemente i loro neuroni sono il riflesso del poco che noi rappresentiamo in questo preciso momento storico? Forse loro sono quello che sono, perché in fondo loro sono noi.
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