La odiavo. Quella tazza colma di latte, di un bianco brillante, che mi attendeva ogni mattina. Lei, la mia mamma, cercava di renderla più piacevole agli occhi e al palato: bianco latte e biscotti freschi da inzuppare con la speranza, non troppo velata, di convincermi. Nulla da fare. Allora era il momento di versare un po’ di caffè nero bollente: a quel punto il liquido marroncino e fumante diveniva ancor meno invitante. Tutto inutile. Non si arrendeva e la sua strategia cambiava. Dai gesti si passava all’approccio verbale: “Mangia che ti fa bene!”. “Dirò tutto a tuo padre”. “La colazione è importante”. “Così non crescerai mai”. Per una volta, non ha avuto ragione lei. Sono cresciuto. Anche senza la sua famosa colazione, ho 35 anni e riesco a vederla come non la vedevo da fanciullo: prima era grande, autoritaria, invincibile. Oggi è piccola, materna, da proteggere. Prima, la sera, mi addormentavo con l’incubo di risvegliarmi trovandola combattiva e pronta a sfidarmi con la tavola già apparecchiata per il famoso pasto del mattino. Ora la sera mi addormento e spero che lei stia facendo sogni sereni: come quelli che faccio io. La sua battaglia non l’ha mai davvero vinta: non sono uno da buone abitudini mattutine. Una tazzina di caffè e via ad affrontare le fatiche quotidiane. Ma, lei, non si è mai davvero rassegnata. Anche vivendo lontani, il suo monitoraggio è presente, alla sua regola non si sfugge. “Dove, come, cosa, perché e quando… hai mangiato?”. Vuole tenersi sempre in allenamento o, più semplicemente, le piace l’idea di preoccuparsi ancora per me? Alla fine credo che sia dentro di lei: essere mamma significa capire e “tastare il polso” dei propri figli, sempre e comunque. In tal senso, lei è mamma a 360 gradi. Senza se e senza ma. Onestamente, mi mancano un po’ quelle mattine in cui dovevo sforzarmi a bere almeno un po’ per farla contenta. O meglio, dovevo bere almeno un po’ perché, altrimenti, non mi sarei alzato da quella tavola! Ma lei era quella “di polso” e alla sua regola non si sfuggiva. La cosa più divertente è che, oggi, dopo anni, mi sono accorto che, in fondo, non è cambiata. Solo la scorsa settimana le ho raccontato di una mia caduta dalla bicicletta: “nulla di grave mamma”, ho precisato, “ho solo strappato un giubbotto, puoi cucirmelo?” . Con la più autoritaria delle voci, prima si è assicurata, chiedendomelo tre volte, che non mi fossi fatto nulla e poi ha sentenziato dicendomi che era colpa mia, che faccio sempre tutto di fretta e che non bado alle cose importanti ad un bene prezioso come la salute. Allora ho sorriso e ho capito che, nonostante io sia un uomo, lei quel ruolo, di protezione e cura, non lo hai mai davvero abbandonato. E lotta per rivendicarlo: oggi più di ieri. Continua a lottare mamma. Ieri per una tazza di latte, oggi per qualcosa di più importante che è più grande di te e anche di me. Ma tu lo devi fare con la stessa grinta di sempre, perché del tuo calore io ho ancora bisogno.
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