Ottobre 2011

Bianco latte

Racconto


Giuseppe Saponaro

La odiavo. Quella tazza colma di latte, di un bianco brillante, che mi attendeva ogni mattina. Lei, la mia mamma, cercava di renderla più piacevole agli occhi e al palato: bianco latte e biscotti freschi da inzuppare con la speranza, non troppo velata, di convincermi. Nulla da fare. Allora era il momento di versare un po’ di caffè nero bollente: a quel punto il liquido marroncino e fumante diveniva ancor meno invitante. Tutto inutile. Non si arrendeva e la sua strategia cambiava. Dai gesti si passava all’approccio verbale: “Mangia che ti fa bene!”. “Dirò tutto a tuo padre”. “La colazione è importante”. “Così non crescerai mai”. Per una volta, non ha avuto ragione lei. Sono cresciuto. Anche senza la sua famosa colazione, ho 35 anni e riesco a vederla come non la vedevo da fanciullo: prima era grande, autoritaria, invincibile. Oggi è piccola, materna, da proteggere. Prima, la sera, mi addormentavo con l’incubo di risvegliarmi trovandola combattiva e pronta a sfidarmi con la tavola già apparecchiata per il famoso pasto del mattino. Ora la sera mi addormento e spero che lei stia facendo sogni sereni: come quelli che faccio io. La sua battaglia non l’ha mai davvero vinta: non sono uno da buone abitudini mattutine. Una tazzina di caffè e via ad affrontare le fatiche quotidiane. Ma, lei, non si è mai davvero rassegnata. Anche vivendo lontani, il suo monitoraggio è presente, alla sua regola non si sfugge. “Dove, come, cosa, perché e quando… hai mangiato?”. Vuole tenersi sempre in allenamento o, più semplicemente, le piace l’idea di preoccuparsi ancora per me? Alla fine credo che sia dentro di lei: essere mamma significa capire e “tastare il polso” dei propri figli, sempre e comunque. In tal senso, lei è mamma a 360 gradi. Senza se e senza ma. Onestamente, mi mancano un po’ quelle mattine in cui dovevo sforzarmi a bere almeno un po’ per farla contenta. O meglio, dovevo bere almeno un po’ perché, altrimenti, non mi sarei alzato da quella tavola! Ma lei era quella “di polso” e alla sua regola non si sfuggiva. La cosa più divertente è che, oggi, dopo anni, mi sono accorto che, in fondo, non è cambiata. Solo la scorsa settimana le ho raccontato di una mia caduta dalla bicicletta: “nulla di grave mamma”, ho precisato, “ho solo strappato un giubbotto, puoi cucirmelo?” . Con la più autoritaria delle voci, prima si è assicurata, chiedendomelo tre volte, che non mi fossi fatto nulla e poi ha sentenziato dicendomi che era colpa mia, che faccio sempre tutto di fretta e che non bado alle cose importanti ad un bene prezioso come la salute. Allora ho sorriso e ho capito che, nonostante io sia un uomo, lei quel ruolo, di protezione e cura, non lo hai mai davvero abbandonato. E lotta per rivendicarlo: oggi più di ieri. Continua a lottare mamma. Ieri per una tazza di latte, oggi per qualcosa di più importante che è più grande di te e anche di me. Ma tu lo devi fare con la stessa grinta di sempre, perché del tuo calore io ho ancora bisogno.