Pare che come l’amore si debba sempre ravvivare, così la casa in cui si abita sia più bella se la si rinnova di continuo. Così sento dire alle persone che ho intorno, quelle che amo di più, ma faccio fatica a convincermi della valenza di tale analogia. O meglio, l’analogia può anche funzionare, ma da un lato non mi è chiaro in che modo si pretende di vivificare un rapporto di coppia, dall’altro la mia casa mi par che vada bene così com’è e il pensiero di un rinnovamento (con tanto di Mastri Muratori, Eccellenti Elettricisti e Impeccabili Imbianchini e le loro inseparabili amiche, la polvere e l’incazzatura) mi fa venire i brividi. Per cui apprendo con agitazione del desiderio di Marilena di dare “un tocco diverso” al nostro appartamento. «Mi sembra che negli ultimi dieci anni ci siamo stati abbastanza bene», cerco di argomentare apparentemente distratto e continuando a fissare lo schermo. «Certo, ci siamo stati bene, ma ora non se ne può più degli stessi mobili, gli stessi tappeti, lo stesso pavimento», insiste mia moglie sedendosi accanto a me sul divano. «Veramente mi sembra che l’arredamento sia ancora praticamente nuovo», sostengo io tirandola per le lunghe, ma con un brivido che mi scende lungo la schiena e arriva fino alla punta delle pantofole, soprattutto per aver sentito con ogni probabilità (quasi non credo alle mie orecchie) quel nome comune di cosa – concreto, numerabile, variabile, nonché primitivo – “pavimento” che ho terrore persino a nominare, perché sottintende martellamenti, picconate e macerie (nonché l’avvento di un improbabile Parsimonioso Piastrellista raccomandatoci dal Mastro Muratore) per un indeterminabile numero di giorni. Ma lei non molla: «Si, per i mobili dovremo cambiare solo qualcosa. Ma di queste piastrelle non se ne può più, la casa diventerebbe un’altra con un bel parquet, non credi?». Credo, non credo, non lo so. Lei però è preparata, mi mostra la foto di una pubblicità su una rivista. Delle magnifiche assi lignee lunghe e scure ornano una stanza arredata solo con un piccolo divano crema, mentre una donna seminuda sdraiata le accarezza. «Certo che starebbe bene», dico vago non specificando a cosa mi riferisca, «ma ci sarebbe parecchio lavoro da fare per togliere le piastrelle e rifare tutto il massetto in cemento. Immagino i costi, e chissà i tempi!». Marilena mi fa capire che però forse uno spiraglio c’è, se è vero che uno dei nostri amici ha montato il parquet senza divellere il pavimento in ceramica sottostante. Lì per lì rimango sempre molto rigido ad ogni novità (che corrisponde ad una nuova seccatura), però Marilena sa che necessito solo di tempo per abituarmi all’idea e che insistendo, finisco per acconsentire. Anzi magari divento perfino il più entusiasta tra noi due, e mi metto in moto per cercare le soluzioni pratiche alle difficoltà. E le difficoltà non mancano mai. Sembra incredibile, infatti, che ogni qualvolta c’è da decidere qualcosa riguardo alla casa, all’automobile o al giardino bisogna trasformarsi in esperti di quel particolare settore o elemento. Prendiamo ad esempio il parquet. Entriamo la prima volta in un negozio (adesso a dir la verità si fanno chiamare showroom, ma lo stesso vogliono vendere il proprio prodotto, non lo “mostrano” soltanto), e ci fanno la prima domanda spiazzante: «Lo volete flottante o incollato?». Incoraggiati dalla nostra aria indecisa, proseguono con ulteriori incomprensibili domande: «In laminato o prefinito? Massello o multistrato? E di quanti millimetri lo volete?». Noi, armati della nostra pagina di giornale, ci sentivamo a posto circa le caratteristiche del legno, quercia francese, pensavamo, con le doghe della lunghezza della stanza. Abbiamo un salone di otto metri, su questo ci eravamo preparati, ma anche a metterle per il largo, cinque metri nella parte più ampia, sarebbe andato bene lo stesso. Ci squadrano come si fa con dei matti o degli imbecilli, il commesso si gira verso il figlio del proprietario e si mettono a sghignazzare di brutto. E finalmente decidono che abbiamo bisogno di consigli. Il figlio del proprietario ci prende sotto la sua ala protettrice portandoci a vedere nel magazzino tutta una serie di campioni, liste di parquet prefinito che hanno già venduto, e inoltre ci sottopongono un numero incredibile di mazzette (pezzettini di parquet con gradazioni di colore e di legni diversi agganciati ad un anello). A dir la verità niente di quanto ci viene sottoposto somiglia a ciò che avevamo in mente, anche se ci sono parecchie alternative. Il consiglio del giovane negoziante consiste nel prendere un legno pregiato, dalla ditta più affidabile e nel formato di spessore più elevato, dato che abbiamo in mente una dimensione di listone molto grande. Non fa una grinza, a parte che il prezzo è improponibile nel listino che ci mostra. Promette sconti notevoli, ma i 240 euro a metro quadro della prima scelta («è sempre meglio per non avere sorprese», commenta lui) sono una botta e a questo punto voglio solo andarmene per riordinare le idee. Ma lui non molla, impugna la calcolatrice, fa il 30 per cento, mugugna, poi toglie ancora, arrotonda, si arrabatta, finché senza dire nulla mostra in gran segreto il display della calcolatrice. Leggo «158,00». Lui dichiara: «In pratica non ci guadagno niente». Un po’ mi dispiace per lui e quasi mi convinco a fargli un’offerta d’acquisto a 160 euro, quando Marilena mi tira per un braccio e saluta, ci vediamo presto dice. Torniamo a casa e capisco che dobbiamo assolutamente approfondire la faccenda consultando il mondo virtuale riguardo allo spessore totale, alla parte di legno nobile, quella dell’essenza del legno che si vede, che può essere lucidata o lavorata dopo l’usura, agli strati di base, due o tre, in betulla o abete, multistrato o lamellari. Più i listoni sono larghi e lunghi, più è bene che siano spessi, per la stabilità e la resistenza alla torsione. Più sono piccoli, meno si rovineranno, ma sono anche meno belli. Finitura ad olio o con vernici (naturale UV o effetto cera). Essenze, colori, ossidazione. Insomma c’è da impazzire. La domanda è: non esiste qualcuno al quale far vedere semplicemente la fotografia del parquet che vogliamo e lui si occupa di farcelo avere? Domanda numero due: perché ogni volta che c’è un problema a casa mi devo trasformare in un esperto del settore? Infine domanda numero tre (la più angosciante): finirò anch’io per pagare un marito in affitto?
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