Buon compleanno “Operaincerta”. Un giornale telematico e tematico? Senza dubbio. Ma anche la celebrazione mensile dell'amicizia, della voglia di raccontare e di raccontarsi. Anni di incontri, di “cene di redazione” trascorse a cercare idee, a confrontarle su una tavola quasi sempre bene imbandita. Il tentativo di coniugare un discreto giornalismo alla passione per questo mestiere difficile ma gratificante. Se non sempre per le tasche, almeno per quella dose di naturale narcisismo che ci può contraddistinguere. Ma dieci anni non passano solo a scrivere. Per ognuno dei collaboratori, dai più grandicelli ai ragazzi che sono passati da queste parti, questo segmento di tempo avrà avuto significati immensi e diversi. Dovrei scrivere questo editoriale cercando di raccontare quello che per me è stato ed è lo scrivere per “Operaincerta”. Non vorrei farlo. Non amo farlo, almeno adesso. Piuttosto vorrei ringraziare tutte le persone che sono passate da queste parti. In primo luogo a chi questo muretto a secco ha pensato di edificarlo e custodirlo. Dunque a Meno Occhipinti, la vera anima del progetto editoriale insieme al nostro editore Daniele Colombo ed al nostro grafico e giornalista “vero” che risponde al nome di Carlo Blangiforti. Me lo vedo ancora, in un primo pomeriggio estivo, l'ottimo Meno che viene a casa mia (una casa diversa rispetto a quella di oggi) e mi propone la sua idea. In anticipo sui tempi che verranno, almeno per quanto riguarda il panorama editoriale locale. Da allora ho conosciuto un gruppo sempre crescente di persone, di entusiasmi e, inutile negarlo, di piccole delusioni. Succede sempre. Ma il conto, almeno per quel che mi riguarda, è del tutto positivo. Per questo vorrei avere braccia capaci di abbracciare i collaboratori di sempre, quelli occasionali, anche quelli che almeno per una volta hanno messo la loro firma in calce ad un articolo. Qualcuno è anche diventato “pubblicista” grazie al nostro piccolo contributo. E questo mi fa tornare in mente un'esperienza allucinante ma chiarificatrice. La chiave di lettura che mi piace riportare per comprendere il senso del nostro piccolo progetto editoriale, infatti, è nella risposta che mi venne naturale fornire alla severa commissione dell'Ordine dei Giornalisti che ci aveva convocato per capire se eravamo gente seria o dei semplici furbetti a caccia del tesserino professionale. Questa l'esperienza allucinante. Mi chiesero il perché di questo giornale. Disse che lo facevamo per scrivere di ciò che ci avrebbe fatto piacere leggere. Un'idea valida per un mensile a sfondo culturale, non c'è dubbio. Ma un pensiero che mi accompagna ancora oggi. Anche quando il tempo per scrivere un “Quasi editoriale” è poco, l'ispirazione non è ai massimi livelli (e quando mai?) ed anche se, nel frattempo, sono passati dieci anni. Auguri a tutti noi e perdonateci, cari lettori, se questo mese rischieremo di apparire auto referenziali. Questo mese facciamo il compleanno, è la nostra festa e siamo ancora piccolini. Con tanta voglia di crescere.
Su Operaincerta si riflette su un tema, lo si mette nero su bianco e lo si condivide su internet. Se poi ci si trova in un posto tranquillo, è più semplice raccogliere le idee e i pensieri e dare loro un senso logico. La settimana scorsa mi trovavo a Bournemouth nel sud dell’Inghilterra per approfittare dell’ultimo raggio di sole di quest’anno, visto che nel Regno Unito sarà molto difficile rivederlo prima della prossima estate (esagero? lo ammetto). Non esagero, però, se dico che di tanto in tanto si può lasciarsi dietro le spalle la vita normale, dare un’occhiata fuori e accorgersi che esiste un mondo completamente diverso. Ecco, da dieci anni esce il giornale. Rileggendone gli articoli mi sembra che siano stati trascurati alcuni punti di vista o, almeno, che questi punti di vista siano cambiati. Si sarebbero potute dire cose diverse, porre altre domande… Beh, si cambia! Si cambia opinione, modi di pensare e priorità. Ecco perché Operaincerta più che un giornale, rappresenta per me, una galleria di istantanee che aiutano a interpretare il mondo.
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