L’11 settembre del 1944 Wim Van Hanegem è un bambino olandese di appena 7 mesi che ha avuto la sfortuna di nascere in piena guerra mondiale. La madre è appena riuscita a metterlo in salvo da un furioso bombardamento nazista che, accanendosi contro lo sperduto villaggio che abitava, gli ha ucciso il padre, un fratello e due sorelle. Trenta anni dopo, nell’estate del 1974, di mondiale c’è solo un torneo di calcio che si disputa in Germania e Wim Van Hanegem vi partecipa come calciatore della nazionale olandese. È diventato famoso Van Hanegem, ed è diventato anche uno dei calciatori più amati di quella nazionale orange che meraviglierà il mondo col suo modo spettacolare di giocare. Se l’emblema di quella squadra, infatti, è il divino Crujiff (capellone, anticonformista, bello in campo e fuori) che gioca nella squadra dell’Ajax, club della raffinata borghesia di Amsterdam, Wim van Hanegem, è la sua antitesi, forse anche la sua nemesi: bandiera del Feyenoord (la maschia squadra dei portuali di Rotterdam), lento, un carattere lupesco e sarcastico, poco incline alle pubbliche relazioni, si è guadagnato il nomignolo di Storto per certi suoi movimenti ingobbiti sul terreno di gioco. Eppure Wim è invaso dal dio dell'assist che lo ha munificato di un piede al servizio di abilità illusionistiche per estrarre dal cilindro spazi impensabili ai compagni a cui resta soltanto di svelare il trucco, depositando il pallone nel fondo di una concretissima rete. All’inizio del Mondiale di calcio del 1974 Van Hanegem non sa ancora che il destino ha in serbo per lui una delle sue trovate più crudeli e beffarde. Un esito, se possibile, ancora più storto di lui. Gli appassionati di calcio sanno come andò quella competizione. L’Olanda mostra una inedita combinazione tra individualismo e collettivismo che la farà passare alla storia del calcio. Vince agevolmente il girono eliminatorio e meraviglia in quello di semifinale, regolando con 4 gol l’Argentina, affondando con un 2-0 la Germania Est e presentandosi da favorita alla partita decisiva con i campioni in carica del Brasile che subiscono una vera e propria lezione di calcio dagli olandesi, vittoriosi per due a zero nella consacrazione del calcio totale. E così la nazionale di Crujjif e Van Hanegem si presenta in finale contro i padroni di casa della Germania Ovest. Per Wim Van Hanegem, però, non è solo la partita di calcio più importante della carriera. Da quell’11 settembre di trenta anni prima, infatti, il subconscio lavora in lui con regolarità implacabile. Egli non vuole vincere la Coppa del mondo, vuole vendetta. Il boato dello stadio di Monaco dovette rievocargli il rombo degli aerei da caccia sul proprio villaggio, gli sembrò forse di rivedere nel manto erboso il luccichio del pelo di belva che gli latrava a pochi metri dal viso con denti d’acciaio e che sul punto di addentarlo lo risparmiò, portandosi via in cambio tre quarti della sua famiglia. Negli spogliatoi esorta i compagni a “schiacciare i tedeschi” e la squadra lo prende in parola. Batte il calcio di inizio, realizza una nenia di 15 passaggi consecutivi in orizzontale, consegna il pallone a Crujiff che si fionda in area di rigore e lì viene atterrato per un rigore trasformato da Neeskens. L’Olanda è in vantaggio al primo minuto di gioco e la Germania non ha nemmeno toccato palla. Ma novanta minuti sono lunghi da trascorrere anche se non si è sotto un bombardamento e il dio del pallone è una di quelle divinità minori a cui non passerebbe mai per la testa di far pagare ai figli le colpe dei padri. I giocatori della Germania si riorganizzano, ottengono un rigore, lo realizzano e sul finire del primo tempo hanno già ribaltato il risultato che non si smuoverà più e regalerà loro la Coppa del Mondo. Al termine della partita, alla premiazione degli sconfitti, tra gli olandesi mancherà un giocatore. Wim van Hanegem è rimasto negli spogliatoi a piangere le lacrime più amare, lacrime da bambino, da incubo infinito. A chi provava a consolarlo rispose: “non mi interessa se abbiamo giocato bene, loro hanno ucciso la mia famiglia, io li odio.” E che non ci fosse consolazione possibile contro i mostri della guerra, lo fece capire anche Crujiff che congedò i mondiali del calcio totale con una frase perfetta: “Noi fummo i migliori, ma loro furono ancora meglio.” Facile, quando il calcio è solo sport e non hai da vendicare, in un qualunque modo, la morte della tua famiglia. http://dentroisecondi.blogspot.com
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