Maggio 2016

Dioniso o Bacco NELL'ARTE FIGURATIVA

Da Kleitias alla Disney, viaggio nell'iconografia del dio del vino


Ester Procopio

Dioniso per i greci, Fufluns per gli etruschi, Liber per gli italici e per i romani Bacco, il dio del vino (lo è per antonomasia nell'accezione romana), dell'ebbrezza, del piacere, della vitalità sfrenata e della naturalità, il dio dalle molte ipostasi (dio-vendicatore, dio-risorgente, dio-perseguitato, dio-civilizzatore, dio-selvaggio etc...) e con caratteristiche che lo avvicinano al frigio Sabazio, all'egizia Osiride nonchè a Gesù Cristo, non cessa tutt'oggi di affascinare gli studiosi, dopo aver per secoli ispirato gli artisti europei, da Fidia a Johannes Schilling (quest'ultimo proprio dal tema del trionfo di Bacco e Arianna trae il soggetto del complesso bronzeo posto sull'esedra della facciata del Semperoper, il Teatro dell'Opera di Desdra). Chi provi a figurarsi nella mente le umane sembianze del dio, se lo immaginerà giovane e piacente, col volto giocondo, i muscoli rilassati, il capo cinto di foglie di vite, un calice di vino nella mano destra: è infatti assai diffuso nell'immaginario collettivo il Bacco di tipo caravaggesco (Bacco, 1596); molto meno diffusa è invece la conoscenza delle variegate rappresentazioni cui Dioniso-Bacco è stato oggetto nella storia dell'arte e che fanno capo a più di un modello o archetipo. È dunque possibile affermare che tante sono state le rappresentazioni di Dioniso-Bacco quante le sue manifestazioni nel mito e nel culto antico; e, del resto, non poteva toccare diversa sorte al dio che più di ogni altro incarna la natura, con il suo eterno fluire e mutare, da stagione a stagione, ivi inclusa la vite, suo simbolo, dalla cui spremitura e morte nascono deliziosi vini, doni di natura e al contempo mezzi per trascendere la dimensione del qui e ora. La più antica rappresentazione di Dioniso pervenutaci risale al VI secolo a. C. e proviene da un vero capolavoro di pittura vascolare, il vaso François (il nome gli deriva da quello dell'archeologo che lo scoprì a Chiusi nel 1845), a firma Ergotimos-Kleitias e noto per essere il più antico cratere attico con anse a volute; naturalmente già all'epoca, da poco conclusasi quella fase di mistero archeologico e chiusura dei commerci denominata "medioevo ellenico" (fase il cui frutto più prezioso sono i poemi omerici), i greci intrattenevano con le popolazioni italiche, specialmente gli etruschi, intensi scambi commerciali: ad essere scambiata era soprattutto la ceramica di produzione ateniese (gli ateniesi, leader nel settore, avevano adottato la tecnica della ceramica a figure nere nata a Corinto). Proprio per questo tramite commerciale e artistico, ancor prima che religioso, il dio Dioniso venne presto conosciuto dagli italici, che lo ribattezzarono Liber. Nel vaso François Dioniso non ha ancora un aspetto del tutto umano e anzi, ritratto frontalmente, appare indossando la tipica maschera dagli occhi penetranti, il corpo è rigido mentre trasporta un'anfora e una lunga barba, simbolo di saggezza, gli scende sulla tunica. Dal vaso François prende avvio quella tradizione iconografica del dio (Dioniso è rappresentato come un uomo maturo e barbuto, con una certa rigidezza nel volto e nella posa del corpo) che - una volta tolta la maschera, retaggio arcaico - avrà la fortuna maggiore nell'arte romana, oltre che il primato nell'arte greca pre-classica, antecedente la rivoluzione fidiaca e prassitelea: si tratta del cosiddetto tipo di Dioniso-Sardanapalo. Perchè Dioniso-Sardanapalo? Dioniso-Sardanapalo è il nome con cui vengono indicate alcune copie di epoca romana di un originale greco andato perduto la cui attribuzione è dubbia (la vulgata lo vorrebbe di Prassitele, ma l'analisi degli elementi tematici e stilistici lo fanno collocare in epoca pre-classica, cioè alla fine del V secolo, probabilmente opera del padre di Prassitele, Cefisodoto): di queste copie è utile citarne almeno due, la prima rinvenuta nella via Appia e ora conservata al Museo nazionale romano di palazzo Massimo, la seconda rinvenuta a Monte Porzio e ora conservata nei Musei vaticani. Alla base della copia vaticana si può leggere la scritta "Sardanapallos", Sardanapalo o Assurbanipal, il celebre sovrano assiro che però nulla ha a che vedere con il soggetto ritratto, se non una certa somiglianza fisica... quali sono le ragioni di questa assimilazione di Dioniso a Sardanapalo? C'è chi addirittura ha ipotizzato si tratti dell'aggiunta successiva di un bontempone romano, forse per confondere le acque ai posteri o prendere in giro i conterranei, chissà... Comunque, il Dioniso-Sardanapalo è un uomo maturo, composto, dalla barba folta e una certa ieraticità suggerita dal volto, la sua posa è solenne, vestito di chitone e mantello, sembra quasi un Mosè pagano. Questo tipo di Dioniso, consono alla solennità e compostezza dei costumi romani, godrà di molta fortuna in epoca romana ma è assai distante dall'iconografia moderna e contemporanea del dio, più influenzata dagli sviluppi successivi dell'arte greca. È da attribuire ai classici Fidia da una parte, Prassitele dall'altra la rivoluzione artistica che seppe rinnovare profondamente l'iconografia dionisiaca, introducendo nel IV secolo a. C. pose sinuose e continuità plastica, naturalismo dei panneggi e proporzioni eleganti (sulla scorta del Canone di Policleto). Cifra caratteristica di Fidia è il cosiddetto "effetto bagnato", dal momento che i panneggi sono scolpiti con una tale maestria e precisione del dettaglio da sembrare aderenti ai corpi che rivestono; e tuttavia non è possibile ammirare tale effetto sul meraviglioso Dioniso del frontone orientale del Partenone (oggi conservato presso il British Museum), ritratto completamente nudo, a gambe aperte, e realizzato in modo da poter e dover essere fruito da varie angolazioni prospettiche. È invece proprietà di Prassitele "l'effetto pittorico": il marmo di Paro utilizzato per il celebre Hermes con Dioniso bambino permette infatti, data la sua luminosità, un gioco di raffinati passaggi chiaroscurali. L'opera trae ispirazione dal mito secondo cui Dioniso, partorito due volte (la prima dalla madre Semele, la seconda dalla coscia di Zeus), fu affidato da Zeus alle cure di Hermes, ma ha anche una ragione storica: essa sanciva la pace tra l'Elide e l'Arcadia, di cui i due dei erano rispettivamente i patroni. L'opera di Prassitele apre una terza possibilità nei tipi di rappresentazione di Dioniso: gli artisti infatti non si limitano a rappresentare Dioniso giovane (il Dioniso fidiaco di età classica) o maturo, alla Sardanapalo (il Dioniso arcaico), ma lo figurano bambino, giovanissimo (Dioniso prassiteleo), dimostrando d'interessarsi non solo alla solennità della figura divina, ma anche alla dolcezza, spontaneità, gioisità della figura umana, visitata nella prima infanzia, età pura per eccellenza. Ed è dal piccolo quadro di tenerezza familiare scolpito da Prassitele che prende spunto nel suo Sileno con in braccio Dioniso l'ormai post classico Lisippo, vissuto a cavallo tra IV e III secolo a.C. L'opera purtroppo ci è pervenuta soltanto attraverso copie di età romana, ma pure da esse è ancora possibile ammirare l'estrema dolcezza del quadro rappresentativo così concepito: gli occhi di Sileno, educatore di Dioniso secondo il mito, sono fissi sul pargolo che tiene sollevato tra le braccia, lo guarda amorevolmente come un padre verso il figlio; di questo intenso scambio di sguardi affettuosi il gruppo scultoreo pare essere un'istantanea naturale, di cui i soggetti sono inconsapevoli. Vorrei concludere ricordando una delle più moderne rappresentazioni di Bacco, nota al largo pubblico e contenuta in Fantasia, il film Disney del 1940 campione d'incassi, tra i più colti tra quelli prodotti dalla nota casa cinematografica (uno dei principali motivi per cui, al momento della sua uscita nelle sale, fece flop): precisamente nella scena detta "Pastorale", musicata da Beethoven, Bacco compare nella veste assolutamente inedita, oserei dire eversiva, di uomo grasso e ubriacone (ha il naso rosso), in sella ad un piccolo asinello-unicorno che fatica a reggerne la mole, circondato da fauni. Una simile rappresentazione non ha alcun precedente nella storia dell'arte, per quel che ho potuto constatare (il lettore interessato svolga egli stesso ricerche, se vuole). Si può certo osservare che l'asino rientra nel novero degli animali sacri al dio (oltre ad animali ben più "nobili" come la pantera, al leone, al toro etc...), ma perchè la Disney ha ritratto un Bacco adulto e grasso? L'effetto comico certo è assicurato e forse è bastante a giustificare, o meglio a spiegare, "l'infrazione". C'è però da aggiungere - e qui mi pare il discorso si faccia interessante - che, in effetti, un precedente nell'arte esiste, e forse è da lì che deriva l'archetipo del Bacco disneyano. Sto parlando del quadro La scoperta del miele (1505-1510) di Piero di Cosimo, conservato presso il Worcester Art Museum: nel quadro, in alto a destra, è facilmente individuabile il singolare gruppo di un uomo grasso in grossa ad un asino, palesemente ubriaco, attorniato da fanciulli festanti. La somiglianza è notevole: vedere per credere! Peccato però che l'uomo dipinto sull'asino non sia Bacco ma il ben più selvaggio (e lascivo) Sileno: che gli autori Disney vi abbiano tratto ispirazione confondendo Bacco con Sileno? Ai posteri l'ardua sentenza.