Gennaio 2018

Il viaggio più bello MI COSTÒ UN EURO

L’Odissea per me non è stata solo un libro. È stata qualcosa che si è intrecciata più volte con la mia vita


Luca Farruggio

Provo a riassumere i miei incontri con Omero e con questa sua monumentale Opera. La prima volta, per me, fu un film. Una vecchia pellicola che riassumeva l’avventura di Ulisse e gli episodi più significativi del suo viaggio. Molto interessante, un bel film, ma ne sfuggiva il carattere unico dell’opera. Per molti anni la considerai una storia come tante. Non ne colsi il carattere fondativo dell’anima e delle mente dell’uomo occidentale. Lo stesso accadde quando la studiai al Ginnasio. Leggevamo dei riassunti dell’Opera e raccontavamo come dei pappagalli le storie già apprese durante la visione del film. Nessun approfondimento e nessun entusiasmo. L’unica novità fu la cosiddetta “questione omerica”, cioè le indagini filologiche sull’opera e i dubbi sul fatto che si trattasse di un solo autore (Omero è mai esistito? L’Odissea è il frutto di un solo autore?). Durante gli studi universitari qualcosa cambiò. Non studiammo nel dettaglio il capolavoro omerico, ma Massimo Cacciari nell’introdurci al pensare filosofico (meraviglia-curiosità-interrogazione) ci parlò di Ulisse. In sintesi: la filosofia nasce dalla meraviglia, però tutto ciò che ci meraviglia e ci stupisce deve in un secondo momento incuriosirci necessariamente. Come potrebbe non interessarci e incuriosirci ciò che ci fa rimanere col fiato sospeso? Non dovrebbero essere la curiosità e la ricerca il leitmotiv di ogni esistenza? Così l’oggetto della meraviglia viene esplorato ed indagato dalla Curiosità, la stessa curiositas del viaggiatore (Ulisse) di fronte a nuovi luoghi e nuove usanze. La curiosità ci porta così a farci stranieri, a soffermarci sulle cose (pragma) del mondo per poi ripartire alla conquista di altri luoghi della sophia (in questo amare la sapienza ci facciamo stranieri, proprio come Eros nel Simposio, senza dimora, a-oikos). Ma come potrebbe lo straniero (xénos) incuriosirsi di tutto senza mettere tra parentesi (epochè) le sue certezze, i suoi dogmi e tutta la tradizione tramandata? Avrebbe ancora la curiosità di conoscere l'altro e l'oltre se già avesse trovato ristoro nel pre-giudizio? Sarebbe del tutto impossibile, ed è per questo che il filosofo (sempre Ulisse) è costretto a soffermarsi e ripartire più volte, sempre in dia-logo, se vuole avere una visione (theoria) del Kosmos, e di quel particolare e speciale ente del cosmo che è l'uomo (anthropos). Toccherà al “saggio” spiegare tutti i fenomeni che appaiono di volta in volta, e in questo uscire da se stesso per farne ritorno solo dopo un accurato esame, consiste il suo interrogare. Colui che si è stupito adesso meraviglia, perché cerca una risposta logica-razionale al suo viaggio causato essenzialmente dalla curiosità. L’epochè del filosofo-viaggiatore non sarà distruzione del tramandato, del già dato, ma pura e ferrea Interrogazione. Il filosofo sarà anti-dogmatico nella sua essenza. Dovrà quindi spiegare alla luce della razionalità l’apparire degli enti, sospendendo ogni discorso mitologico-religioso, interrogandolo sotto l’unica luce del Logos razionale. L’Odissea, il suo protagonista e gli altri attori, erano diventati qualcosa di più interessante. Ma ancora mancava qualcosa: leggere l’Opera! Per pigrizia, durante gli anni universitari, non lo feci. Però c’era sempre qualcuno o qualcosa a riportarmi lì. Infatti, nel 2006, quando Manlio Sgalambro mi regalò la prefazione al mio Bugie estatiche, scrisse anche: “L’impiccagione delle ancelle, nel ventiduesimo canto dell’Odissea, trasforma in diletto lo stesso massacro: «coi piedi scalciavano; per poco, però, non a lungo». La terribile catarsi l’ha purificato”. Insomma c’era sempre qualcuno o qualcosa a ricondurmi al viaggio di Ulisse. La pigrizia un giorno fu vinta! Era il 2017. Andando a comprare il giornale in edicola, vidi che aggiungendo solo 1 euro potevo avere con me l’Opera che tanto mi aveva perseguitato. La comprai e, dopo averle fatto prendere un po’ di polvere per qualche settimana, la lessi. Che scoperta! Una lettura sensazionale, uno stile unico, una storia antica narrata con tecniche degne del miglior scrittore del ‘900. Non mi staccai da essa per intere settimane e, quando mi accinsi alla conclusione della lettura, avrei voluto che quel libro non finisse mai. Ma è mai finito? È mai cominciato? Non sono forse nato con esso? Anche se letto tardi, non mi chiamava a sé da tantissimo tempo? Se – come disse qualcuno - tutta la filosofia è un commento a Platone, si può dire che tutta la letteratura è un commento all’Odissea. Questo è il libro che ci accompagna dalla nascita alla morte. Non è la nostra vita un continuo viaggio? Certo, secoli di cristianesimo hanno dato un senso diverso al nostro vagare. Ma non è anche il viaggio di Cristo una continua odissea verso la casa del Padre? Sicuramente Ulisse, a differenza di Gesù, non vuole salvare l’umanità intera, ma posso dire che il viaggio più bello l’ho fatto con la lettura dell’Odissea e che mi è costato solo 1 euro. Roba da fare invidia a tutte le agenzie di viaggio!