Voi, che siete in cima alla collina, che potete parlare della vostra vita, anche se siete usciti dalla penna di uno scrittore. Voi avete avuto la vostra opportunità. Qualcuno ha raccontato della vostra gente, aldilà del mare. L’America è grande, ma io non la conosco. Ne ho sentito parlare. E anche dell’Europa ho sentito parlare. Io volevo andare in Europa ma non sono mai arrivato. Per un lavoro, mi sarei adattato a qualsiasi cosa. Ho lasciato dietro di me la mia famiglia, mia madre e le sorelle. Da noi la terra secca sempre prima e coltivare è diventato impossibile. Ho sentito dire che in Italia si raccolgono i pomodori. Avrei fatto di tutto per mandare i soldi al villaggio. Ma non sono arrivato. Ora sono qui, in fondo al mare, dove branchi di pesci argentati nuotano tutti insieme nella stessa direzione e virano all’improvviso, silenziosamente. Accanto a me c’è un intero popolo, proprio come voi, che ha avuto il suo valore e le sue debolezze, senza potersi scegliere un destino. Persino Spoon River, il villaggio sulla collina inventato da Edgar Lee Masters, ha avuto la sua eco letteraria e ogni morto ha potuto recitare il suo epitaffio. Ogni personaggio, dal mediocre al saggio, dal superbo all’umile, dal violento al timido, è stato delineato con maestria, per declinare il profilo della provincia americana. I fantasmi che raccontano la loro vita e ne tracciano il fallimento. E intento dell’autore era di far emergere quanto solo le anime semplici possano salvarsi e dare un significato profondo all’umanità. Nella piazza della cattedrale l’oratore pronuncia nomi di persone, età presunta, sesso e provenienza: Gambia, Nigeria, Costa d’Avorio, Ghana, Mali, Etiopia, Sudan, Somalia. Le persone si accostano incuriosite, prendono dei fogli sistemati ai piedi del leggìo, alcuni si fermano ad ascoltare, altri se ne vanno indifferenti. Gipi, noto disegnatore e regista, continua la sua lettura con determinazione. Pensa a quelle esistenze invisibili sparite sul fondo del mare. Avevano un volto una voce una storia. Ora quei nomi sono inanellati in un filo di voce che si diffonde nella storica piazza di Ferrara. Una lista di 34.361 persone morte nel tentativo di raggiungere l’Europa dal 1993 ad oggi. Una lista approssimata per difetto. La lista è aggiornata annualmente dall’organizzazione United for intercultural action, un network europeo di 550 organizzazioni antirazziste di 48 paesi. Banu Cennetoğlu, un’artista turca che vive a Istanbul, ha scoperto la lista nel 2002 e da allora ha deciso di impegnarsi per la sua diffusione. Cennetoğlu vorrebbe che la forma della lista fosse sempre la stessa: una semplice griglia con il giorno, il nome della persona morta, la sua nazionalità, la causa del decesso, la fonte della notizia. Quando il nome non si sa c’è un’abbreviazione latina, N.N., nescio nomen. Finora la lista è uscita in Grecia, in Bulgaria, negli Stati Uniti, in Germania, in Svizzera, in Italia, in Turchia, nel Regno Unito, ed è stata distribuita in vari formati: manifesti affissi nelle stazioni ferroviarie o supplementi di giornali. Intervistata dal Guardian, Cennetoğlu ha spiegato che presentare la lista come un oggetto concreto è molto potente, perché tenerla in mano è più forte che scorrere le pagine su uno schermo. Il documento stampato dà l’idea che qualcuno possa trovarlo per caso anche tra molti anni. O leggerlo ad alta voce, “in tutta la sua agghiacciante ripetitività”. Si parte dalla costa libica e poi si va senza vedere altro che mare e cielo. Un delfino si avvicina. Il panico. Il barcone si riempie d’acqua e poi più nulla. Mi sono imbarcata con tutta la mia famiglia. Eravamo in undici. Il mare era mosso e il gommone si è rovesciato. Ho resistito fino ai soccorsi e il mio bambino si è salvato. Ha solo due mesi e due braccia da donna lo hanno preso a bordo di una grande nave. Io non ce l’ho fatta. Davanti a Lanzarote in fondo al mare abitano gli invisibili, spettri di pietra che non si possono più raccontare né leggere ma solo osservare immergendosi con le bombole nelle acque dell’Oceano Atlantico. Le figure sono prese da stampi di persone reali, esistenti, ed hanno occhi chiusi e pose naturali, in attesa di essere avvolte dalla vegetazione marina. Fra di esse, “la zattera di Lampedusa”, riproduzione di un gommone carico di migranti nel Mediterraneo. Il progetto è stato realizzato dallo scultore e subacqueo Jason de Caires Taylor. “Il lavoro non è inteso come un tributo o memoriale per le tante vite perdute, ma come un duro monito della responsabilità collettiva della nostra comunità ormai globale.” L’artista sa e sente. Osserva la sofferenza ed è in grado di rappresentarla, di comunicarla, in modo diretto, trasparente. Non so come avrebbe descritto le lunghe e sofferte peregrinazioni dei migranti nelle sue canzoni, ma sono sicura che De André lo avrebbe fatto, senza fare sconti a nessun esponente del potere e, come Il suonatore Jones, avrebbe cantato della libertà, vista dormire tra i campi coltivati, a cielo e denaro, a cielo ed amore, protetta da un filo spinato.
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