Novembre 2018

Cara Vecchia EUROPA

Quasi un editoriale


Carlo Blangiforti

Come molti di voi, anch'io sono cresciuto con il mito di un'Europa casa comune, almeno fin quando sembrava qualcosa di irraggiungibile. Via via ci siamo illusi (tutti gli europei di buona volontà) che il sogno si stesse trasformando in realtà, ma il risveglio è stato sconvolgente: il sogno è diventato un incubo. Non solo per chi non fa parte del club dei virtuosi nordici, anzi. L'Europa, quell'Europa degli Erasmus, dell'Interrail, dello zaino in spalla, delle vacanze lavoro nella fabbrica tedesca o a raccogliere pesche in Francia, quell'Europa della sangria a Barcellona e delle avventure svedesi, non esiste e non esisterà. L'hanno ammazzata sui confini, nelle battigie delle nostre isole, nelle aule delle scuole, nelle sale d'attesa degli ospedali e delle stazioni, l'hanno ammazzata ogni volta che hanno anteposto l'interesse di alcuni all'utopia di molti. Chi è stato. La Germania? Sicario. La Francia? Spalla scema del sicario. La Gran Bretagna? Chi l'ha mai considerata Europa? Cui prodest? Non so, ma certo è che un'Europa politicamente e socialmente debole è un alleato più accettabile per gli yankee. Gli USA sarebbero il mandante?! Chi lo sa. E la Russia di Putin? E i Cinesi? Forse sono troppi i mandati e gli esecutori di questa specie di Cluedo della politica di bottega di politicanti da strapazzo. Troppi assassini e un solo cadavere, eccellente, sul terreno. Il sogno di una cara vecchia giovane Europa. Allora non c’è proprio speranza? Forse sto per scrivere una banalità, forse no. Ci sono momenti nella storia dei popoli in cui questi si sentono attori di una storia [gli amici ben istruiti direbbero "narrazione"] comune, in genere sono momenti di grande sofferenza, di dolore, di sconforto. È proprio quando una vicenda è avvertita come collettiva, che la gente comincia a sentirsi vicina. La tragedia dell’Airbus delle Germanwings di qualche anno fa, gli attentati dell’ISIS qui e lì nelle nostre capitali, il razzismo strisciante sono momenti del genere... Aldilà delle distanze tutti gli europei si sono sentiti investiti di un lutto comune. In molti si è pensato che l’Europa non è quella delle banche, né quella della Merkel o di Draghi, non è quella di Juncker o di Macron, né quella che la May ha raccontato ai suoi connnazionali, che l’Europa non è quella tratteggiata in malafede dall’accozzaglia gialloverde di SalviMaio ecc. l’Europa è quella di ogni singola storia minima, tragica o fantastica, degli europei che sono morti in maniere così assurde, l’Europa è quella di giovani, di ogni singolo, degli spagnoli, degli inglesi, dei belgi, dei tedeschi, degli italiani, dei turchi che si sono spenti contro una montagna francese, su una spiaggia dell’Egeo o del Canale di Sicilia, in una metropolitana belga nell’ora di punta, in un panificio o in una sala da concerto parigina. L’Europa è quella delle centinaia di migliaia di studenti Erasmus che hanno vissuto, bevuto assieme, che si sono amati e baciati, l’Europa è quella degli emigrati che hanno contribuito a creare una sensibilità comune... Anche per loro, per la memoria di tutte le vittime dell’azzardo, per i nostri padri che si sono scannati nelle trincee, è necessario ribadire, gridare forte oltre la retorica che l’Europa è pace, è quella della gente perbene e non quella di chi gente perbene non è.