La Guinea Bissau, si chiamava prima Guinea Portuguesa per distinguerla dalla confinante Guinea Conakry (che invece era la Guinea Francese) e dalla Guinea Equatoriale (nell’ordine, occupata da: portoghesi, spagnoli, britannici e poi di nuovo spagnoli). A Nord -Ovest , della Guinea Bissau, c’è l’arcipelago Capoverdiano. Il territorio guineense comprende 88 isole delle quali 20 abitate. Sono presenti una trentina (numero preciso non è definito!) di etnie, ognuna con la sua lingua. Si parla il Balanta, il Fula (parlata anche nel sud del Senegal), il Mandinga, il Papel, il Bijagò, Felupe... ce n’è un sacco. Sebbene parlato solo da circa il 20% della popolazione, il portoghese è attualmente la lingua ufficiale. La lingua utilizzata dalla maggioranza dei Guineensi è invece il Criolo, nato dal tentativo di apprendere il portoghese durante la dominazione coloniale, riorganizza termini portoghesi secondo una base grammaticale Bantu. Oggi, un bambino che ha la fortuna (piuttosto rara: il tasso di alfabetizzazione è del 67.1% maschile e 40.7% femminile) di seguire un percorso di scolarizzazione completo, parla la lingua della sua etinia a casa e in tabanka (il villaggio), criolo a scuola, portoghese nelle classi superiori. E’ insomma un funanbolo delle lingue. Si dice che per fare anche il calcolo più semplice, perfino i bilingue, debbano ritornare alla lingua madre. Ho fatto una prova con un amico portoghese ma residente a Bruxelles da una vita. Lavora in Commissione Europea e scrive e parla di continuo in Francese, parla portoghese solo con amici o quando va al ristorante a mangiare il baccalà. Dopo avergli chiesto di pensare esclusivamente in francese, gli ho posto la domanda: “7x8?”; ha dovuto riportare il calcolo in portoghese per rispondermi. Mi chiedo che tempesta possa scaternarsi nella testa di un guineense quando studia la matematica o fa i calcoli. E’ pur vero che i più fanno ricorso alle calcolatrici anche per i calcoli più semplici. Non seguo il calcio ma voglio andare a vedere la partita Guinea Bissau – Monzambico. Prendiamo i biglietti più cari: 15 CFA (circa 22 €). Ce n’è anche da 10 CFA ma sono pur sempre assai costosi considerando che un insegnante di scuola guadagna circa 30 CFA al mese. Ci godiamo la bella festa che anticipa la partita. Poi entrano le squadre e tutti cantano l’inno. L’inno della Guinea Bissau è stato scritto da Amílcar Cabral, che fondò il Partido Africano para a Independência da Guiné e Cabo Verde (PAIGC) che nel 1973, liberò la Guinea Bissau e Capo Verde dal dominio coloniale. Tutti i tifosi intorno a me conoscevano e cantavano l’inno: Sole, sudore e verde e mare, Secoli di dolore e speranza: Questa è la terra dei nostri avi! Frutto delle nostre mani, Dal fiore del nostro sangue: Questa è la nostra amata patria. Lunga vita alla gloriosa patria! La bandiera della battaglia fiorì nei cieli. Avanti, contro il giogo straniero! Stiamo andando a costruire Nella patria immortale Pace e progresso! Rami dello stesso tronco, Occhi nella stessa luce: Questa è la forza della nostra unione! Cantino il mare e la terra L'alba e il sole Che la nostra lotta ha fecondato. Il testo dell’inno guineense è stato scritto ed è in portoghese. Le empregadas svolgono le mansioni domestiche nelle case; la nostra si chiama Sabado, quelle dei vicini Candida e Bianca. Alle empregadas rimane molto tempo che di solito passano sedute fuori a chiacchierare con la vigilanza o a riposare sdraiate sul fresco pavimento. Con gli agenti della viglilanza formano una vivace comunità che tenta di passare il tempo nel migliore dei modi. Comunicano tra di loro in Criolo e la radio domina sia all’interno che all’esterno delle case. Le stazioni radio sono tutte in criolo. In quanto lingua imposta dal tentativo di comunicare con una potenza coloniale, il criolo non si è sviluppata come lingua scritta. Quindi non è utilizzabile per giornali, leggi, documenti, libri. Insomma sebbene sia la lingua che unisce i Guineensi, mancando di codice scritto, non è possibile adottarla come lingua ufficiale. Perfino gli operatori della telefonia che vogliono raggiungere più persone possibili nei loro messaggi, interpretano liberamente e differentemente i suoni per creare parole scritte. Questa complessità linguistica ha risvolti pratici tutt’altro che irrilevanti. Scuole e ospedali spesso hanno necessità di interpreti. Talvolta bisogna individuare un interprete dalla lingua locale al criolo e poi un secondo interprete da criolo a portoghese. Il criolo, rende inoltre gli italiani un po’ particolari. Infatti tra i tanti expats che girano per il paese, i portoghesi non si schiodano dal portoghese (insistono a presentarlo come una ricchezza del paese), i francesi insistono con il francese in quanto la lingua dell’Africa Occidentale (la Gunea Bissau è immersa in una regione di nazioni francofone, la moneta locale è quella delle colonie francesi: il Franc Colonies françaises d'Afrique, oggi più opportunamente ribattezzato Franc Communauté Financière Africaine), le banche richiedono ai loro impiegati la conoscenza del francese e il francese è considerato la lingua dell’élite. Gli italiani invece imparano portoghese e creolo. Sabado parla un portoghese stentato (non quanto il mio) che somiglia proprio a quello di Venerdì del Robinson Crusoé. “Sabado andare al bagno”, “questo è di Sabado”, “Sabado andare via prima”, “per Flipi (così mi chiamano da queste parti) e Sabado”. Cosa farai? Richiesi: ti piacerebbe tornare di nuovo barbaro, mangiare carne umana e ripiegare allo stato selvaggio dove eri? – Lui assunse un’aria triste, e, scuotendo la testa, rispose: - "No, no, Venerdì dire loro di vivere bene, di pregare Dio, di dire loro mangiare pane, carne di animali, latte; non mangia più uomini. Se il creolo si rifà alle parole portoghesi per parlare con i colonizzatori, il termine “uomini” e “persone” in generale sono identificate con un termine che, seppur di origine europea, non ha nulla a che vedere con le parole portoghesi pessoas, homens. I colonizzatori coniarono un nuovo termine per indicare le persone: pecadur (peccatore). Ancora oggi i guineensi sono peccatori senza una loro lingua.
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