“Cari fratelli dell’altra sponda, cantammo in coro giù sulla terra, amammo in cento l’identica donna, partimmo in mille per la stessa guerra”….
Dubito fortemente che le migliaia di persone che ogni anno sfidano la morte per tentare di salvarsi la vita, abbiano mai conosciuto queste parole di De Andrè rese eterne nel testo della canzone Il Testamento.
Dubito ancora di più che i tanti che non ce l’hanno fatta siano stati consolati dal ricordo della condivisione del drammatico viaggio della vita. Perché “quando si muore, si muore soli.”
Sono soli, i nostri fratelli dell’altra sponda, quando li lasciamo affamati. Sono soli, quando sono oppressi e i loro corpi sono abbandonati ai carnefici di turno. Sono soli quando affrontano le onde in balia di un mare in tempesta e per trovare un approdo che li respinge. Sono soli quando tendono la mano per trovare un appiglio che si ritrae alla loro vista. Sono soli quando li lasciamo annegare per negare a noi stessi la loro esistenza.
Quando li lasciamo affogare, non uccidiamo genti, popoli o razze. Uccidiamo persone. Singoli uomini ed esseri viventi che la risacca del mare ripulisce alla nostra vista.
Nel 2023 sono state 8.565 le persone accertate come morte lungo le rotte migratorie in tutto il mondo. Non poco più di 8.000 o poco meno di 9.000. Proprio 8.565. Esattamente 8.565, non uno di più, né uno di meno.
Ognuno con un proprio nome, un proprio viso. Con sogni e speranze andate perdute, famiglie abbandonate, ricordi svaniti. Ognuno che si è affacciato ad un mondo che lo ha respinto.
Io non ho soluzioni da offrire a questo dramma. Non possiedo capacità o cognizioni che mi permettano di sostenere ragioni o proporre rimedi. Ma voglio chiedere scusa. Io, personalmente, a ciascuno dei miei 8.656 fratelli che non ci sono più.
Chiedo scusa per le volte che mi sono assolto pensando che non potevo essere io a cambiare il mondo. Chiedo scusa se ho pensato che il mio agire, al più, avrebbe solo potuto ridurre i morti a 8.655. Chiedo scusa per le volte che ho tirato dritto davanti ad un naufrago che mi tendeva la mano per chiedere aiuto nel marciapiedi dove camminavo. Chiedo scusa se non sono riuscito a impedire che l’umanità a cui appartengo diventasse inumana. Chiedo scusa se la sera riesco a dormire senza pensare a ciascuno dei miei 8.656 fratelli che non ci sono più.
Ti chiedo scusa, “mio fratello che guardi il mondo e il mondo non somiglia a te”, Ti chiedo scusa“mio fratello che guardi il cielo e il cielo non ti guarda”. Come ha scritto Ivano Fossati “se c’è una strada sotto il mare prima o poi ci troverà, se non c’è strada dentro il cuore degli altri prima o poi si traccerà”.