Nel corso del XVIII secolo il filosofo e matematico Gottfried Wilhem von Leibniz si pose il problema della Teodicea, ovvero della Giustizia divina, che si può riassumere nella seguente domanda: se Dio è infinitamente buono ed onnipotente perché esiste il male?

Tralasciando le argomentazioni addotte dal filosofo, fortemente influenzate dalla sua formazione cristiana, e criticate abbondantemente da Voltaire nel “Candide, ou l’Optimisme”, cercherò di risolvere la questione interrogando il testo di riferimento dei cristiani su un particolare argomento: i fratelli, contesto su cui l’arbitrio divino sembra esercitarsi con una certa fantasia.

Ci concentriamo sulla coppia di fratelli primordiale, Caino ed Abele.

Ci troviamo in Genesi 4,1-5:Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo dal Signore». 2 Poi partorì ancora suo fratello Abele. Ora Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo.

3 Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; 4 anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, 5 ma non gradì Caino e la sua offerta”.

Il resto della storia lo conoscete e avrete sentito diverse interpretazioni che tendono a dipingere la figura di Caino come quella di un essere invidioso, crudele e meschino e quella di Dio come misericordiosa a tal punto da recitare la famosa frase: “Nessuno tocchi Caino!”.

È chiaro che in questa situazione il ruolo di Dio è quello di Padre e come tale si comporta nei confronti dei primi due figli, non creati dal fango, ma generati dal parto doloroso di Eva. In quanto Padre amministra la giustizia in un caso tipico di confronto tra fratelli.

La prima cosa che salta all’occhio è che Dio non è vegetariano e soprattutto non è meritocratico: notoriamente zappare la terra a quell’epoca doveva risultare più faticoso di pascolare animali mansueti, ma Dio gradisce il sacrificio di Abele. Ora senza entrare nel merito del merito, Dio dimostra un lato umano che lo avvicina ai genitori che, in qualche modo, sempre sembrano preferire un figlio all’altro. Questo fatto nessun genitore moderno sarebbe mai disposto ad ammetterlo, invece ai tempi della Bibbia, ma anche ai tempi dei miei nonni era normale dimostrare una preferenza, tanto da essere stabilita per legge con il diritto di primogenitura. Ma se talvolta il primogenito non era propriamente il modello che ci si aspettava, e questo era il caso di Caino, il genitore creava la situazione che potesse favorire il figlio preferito.

Ma su che base un genitore umano stabilisce una preferenza? Talvolta si preferisce chi ci somiglia di più, altre volte chi è totalmente diverso da noi, molto spesso si propende per chi viene ritenuto più debole: quali che siano le motivazioni della scelta si perdono sempre di vista le emozioni del figlio di seconda scelta.

Qui entrano in gioco due termini che si somigliano ma che in fondo sono diversi: giustizia ed equità.

I figli, come tutti i bambini e ragazzi chiedono giustizia ma in effetti vogliono equità, parità di trattamento. I genitori, dall’alto della loro saggezza reale o presunta si comportano secondo giustizia, per cui se, ad esempio, un figlio risulatasse meno bravo a scuola dell’altro, gli dedicherebbero più attenzioni affinché i due stiano ugualmente bene. Il problema è che il ragazzo, o il bambino, più bravo, non percepirà questo ma si sentirà trascurato. Solo da adulto, forse, riuscirà a rimettere tutto nel giusto ordine e magari farà lo stesso con i propri figli. Ma non esistono regole d’azione che valgono per tutti.

Tornando ora a Caino e Abele, Dio si è comportato in maniera giusta o equa?

Seguendo il ragionamento precedente, quello fatto da genitori ragionevoli con figli diversi, sembrerebbe di sì, ma leggendo bene tra le righe la scelta di Dio è assolutamente arbitraria, e vi dimostro perché, infatti i casi sono due: o Dio è onnisciente ed onnipotente e quindi conosceva il cuore di Caino e l’insincerità della sua offerta, ma insieme a questo avrebbe dovuto prevedere la sua reazione al non gradimento divino, fatale al povero Abele, oppure ha agito solo per motivazioni legate a una preferenza e in questo caso non sembrerebbe né onnisciente né onnipotente. Come vedete è la ripetizione della questione della teodicea, la cui soluzione è impossibile perchè è in contraddizione logica con le premesse, terzium non datur. E a nulla vale l’idea che questo sia il migliore dei mondi possibili, perchè è sempre una limitazione dell’onnipotenza divina, un dio onnipotente avrebbe potuto creare degli uomini liberi ma di indole buona, per un onnipotente l’impossibile è possibile.

In realtà dove voglio arrivare con questo ragionamento?

Il mio obiettivo è passare all’opinione che circa un secolo e mezzo dopo Leibniz un altro filosofo tedesco, Ludwig Feuerbach, ne “L’essenza del cristianesimo” espresse su Dio: “Come l’uomo pensa, quali sono i suoi principi, tale è il suo dio. La coscienza che l’uomo ha di Dio è la coscienza che l’uomo ha di sè”.

Non è Dio che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza ma è l’uomo che ha proiettato tutte le sue caratteristiche migliori in un essere fuori da sé e l’ha chiamato Dio.

Il Dio di Abele e Caino è un Dio dalle caratteristiche umane, come le divinità greche, con la grande differenza che i greci divinizzavano i difetti, perchè in qualche modo la pluralità di entità soprannaturali equilibrava il sistema, mentre le religioni monoteiste avendo a che fare con un solo Dio tendono a dargli tutte le perfezioni che possono immaginare, e quindi alla fine Dio è umano, troppo umano.

In conclusione possiamo dire che giustizia ed equità si confondono sempre ed è difficile trovare una giusta mediazione quando nascono questi dissidi. Spesso, però, la maturazione e la frequentazione fanno vedere le cose in maniera diversa, e l’amore, gradualmente, riesce a superare le invidie e le gelosie, e se il mondo ci appare pieno di lotte fraticide è perchè è ancora immaturo, non è uscito, e forse non lo farà mai, dalla condizione di minorità che Kant si era illuso fosse stata superata con l’illuminismo e così la sua religione rispecchia le sue qualità, che nel succedersi dei secoli sono cambiate, creando non poche difficoltà agli esegeti dei testi sacri.

Alla fine al Dio della Genesi che si pretende divino ma è umano, preferisco quello che nel Nuovo testamento si è fatto uomo e ha dato l’unico comandamento possibile e allo stesso tempo impossibile: quello dell’amore fraterno incondizionato.

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