A voler essere benignamente pignoli, a chi ci chiede: “parlaci della fratellanza”, dovremmo rispondere: “A cosa ti riferisci quando parli di fratellanza? … e sì; perché le fratellanze sono tante.
Cominciamo col dire che la fratellanza che sta all’origine di tutto è il legame biologico che lega due soggetti nati dagli stessi genitori o dalla stessa madre (fratelli uterini) o dallo stesso padre (fratelli consanguinei).
A questo concetto squisitamente biologico, di per sé neutro sul piano della dinamica dei comportamenti, ab immemorabilia, è stato attribuito – in virtù della medesima appartenenza al clan – un vincolo di reciproco affetto che l’esperienza ci dimostra essere, in ogni tempo e in ogni luogo, un dato diffuso, diffusissimo, ma non universale delle dinamiche di gruppo familiare.
Sicché, tanto per non perdere il conto: la prima epifania della fratellanza è quella che scaturisce dal legame di sangue, la seconda è l’insieme dei fratelli e delle sorelle di una stessa famiglia che è un concetto più largo, comprende gli adottati o i qualificati fratelli e sorelle a prescindere dal legame di sangue.
Terza è la fratellanza che scaturisce dalla relazione di affetto, di benevolenza, di amicizia reciproca che si stabilisce fra due o più persone che hanno una comunanza di ideali, concordia, solidarietà fra singoli, fra gruppi, fra classi sociali o fra popoli di comune o di diversa nazionalità.
Rientrano in questa terzo genus il giuramento con cui i cavalieri medievali sancivano il loro patto di mutuo soccorso e di reciproca fedeltà o il vincolo di solidarietà che unisce persone che hanno in comune interessi particolari (religiosi, politici, artistici, culturali, di mestiere,. etc) o che appartengono a una stessa società o allo stesso gruppo.
Per estensione si indica come fratellanza anche quella che si forma tra combriccole, gruppi formatesi in occasione di particolari eventi: gite, spettacoli, convivi di varia natura.
Comune a tutte le fratellanze è il sottinteso mezzo sillogismo: siamo fratelli, vuol dire che ci vogliamo bene, ci amiamo per definizione, un vero e proprio assioma che non necessita di dimostrazione alcuna!
Ora, non v’è chi non veda in questa espressione un esercizio di lodevole volontà piuttosto che un dato reale effettivo e universale.
Il vincolo d’affetto e il suo esercizio che scaturiscono dalla fratellanza è storicamente e socialmente un dato eventuale ancorché diffuso.
Molte specie vegetali e animali hanno sviluppato nei milioni di anni di evoluzione sistemi collettivi di autodifesa che latu sensu potremmo definire fratellanza, non fanno eccezione i primati e con essi la scimmia nuda che noi siamo.
La fratellanza etologicamente è un costume, una attitudine che consente un migliore e più efficace adattamento ad un ambiente presupposto ostile.
Ovviamente nei circa tre milioni di anni di esistenza del genere homo fino all’ultima specie esistente cui apparteniamo, questo espediente evoluzionistico, latu sensu definibile fratellanza s’è colorito e riempito di inelencabili sfaccettature, fino alle “contaminazioni” filosofiche, psicologiche, antropologiche, religiose, etiche, e chi più ne ha più ne metta, che riempiono intere sale di monumentali biblioteche.
All’osso: è la specie che ci impone la fratellanza come espediente per la propria prosecuzione nel tempo così come ha imposto la monogamia come espediente evolutivo diffuso e di successo.
Nella specie umana la fratellanza è frutto della sua intelligenza simbolica e costituisce una specificazione di un ben più ampio “valore” simbolico ch’essa ha individuato: l’Amore!
L’amore fra gli uomini, per le cose, l’ambiente, l’universo, il creato! San Francesco docet.
Il tutto in vista della conservazione di uno stato di benessere, di uno stato edenico che si intende perpetuare al fine di soddisfare il naturale “lustprinzip” che governa tutte le creature viventi.
Tuttavia la fratellanza ha il suo limite “strutturale” nei fratelli o in ciò che così viene considerato: sicché non si ha nessun sentimento fraterno verso la pianta d’insalata e il pollo che abbiamo ammazzato per delega e mangiato oggi a pranzo; così come non abbiamo sentimenti fraterni contro i diversi da noi, contro i nemici, nei confronti dei quali siamo quasi costantemente in guerra, la quale è una specificazione essenziale del nostro essere, una pulsione primaria e ambivalente della nostra specie – come pulsione, cioè, dotata di una carica libidica non inferiore a quella di altre pulsioni che la contrastano e insieme la rafforzano, quali l’amore, la solidarietà di cui la fratellanza è una specificazione.
Frantumando la retorica degli adagi progressisti – basati su una lettura caricaturale della «pace perpetua» teorizzata da Kant, bisogna prendere atto di questa scandalosa verità: più che un’incarnazione del Male, la violenza, l’aggressività, la guerra, l’assenza di fratellanza è, in ogni epoca, una costante della dimensione umana. O meglio, troppo umana.
Per gli uomini liberi e di buoni costumi, tuttavia, l’ideale di fraternità non può che essere un imperativo categorico, l’obbedienza a una legge morale che appartiene strutturalmente alla sfera del dover essere.
Tuttavia, anche tra questi uomini, la Fratellanza è al servizio del bisogno di sicurezza dei singoli e delle comunità da loro costituite.
In questo senso la fratellanza è un bisogno animico, viene – in parte – dalla nostra parte razionale, dal nostro io e – ancor più – dal nostro inconscio, dal desiderio di eternità insito in ogni singolo componente la specie Homo Sapiens.
La fratellanza come specificazione dell’Amore, si concretizza, a volte nella cosiddetta Fratellanza ideologica, quella cioè quella che scaturisce da un sistema organizzato di idee e principi di natura filosofica o religiosa e che talvolta dà luogo a comportamenti individuali residuali di dedizione totale della propria esistenza alla pratica del bene fino all’estrema consunzione della propria vita.
Se, dunque, la fratellanza è un dato eventuale del comportamento umano in ambito sociologico, essa è un dato necessario in ambito psicologico e animico.
Si deve ammettere che essa – oggettivamente – ha contribuito storicamente, e continuerà a farlo in futuro, a rendere il comportamento umano migliore e ne ha favorito il progresso verso il Bene; sicché – anche senza lasciarsi condizionare da slanci ideali – la pratica della fratellanza è “cosa buona e giusta”, sempre auspicabile, utile e conveniente.