Molti di voi sicuramente conoscono il celebre “Diario di Anne Frank”, tradotto in quasi 70 lingue, e la storia delle due sorelle Frank, Margot e Anne, che assieme ai genitori furono costretti a nascondersi perché ebrei, in una soffitta ad Amsterdam per circa 2 anni (dal 14 giugno 1942 al 4 agosto 1944).

Nelle pagine del Diario, Anne riflette la luce che arriva da fuori e la trasforma in parole; si avvicina al misticismo passando per la parola, fissa il cielo con la voglia di farsi toccare da lui ancor prima di raggiungerlo. Anne lo adopera per dialogare con il suo Io più profondo e narrargli le piccole scoperte inerenti il suo mondo interiore e anche le novità sulla realtà esterna, fuori dall’Alloggio. È per questo che quelle pagine nascono, si sostengono e crescono su quel fino a quando, il fino a quando che permette ad Anne di vedere la luce oltre la notte, di non perdere la fiducia e la speranza.

Anne e Margot, assieme al resto della famiglia, verranno arrestate, secondo una recente indagine della “Casa di Anne Frank”, per puro caso( ma di questo magari ne parleremo in un’altra occasione).

Le due sorelle Frank, dopo vari trasferimenti, finirono nel campo di Bergen Belsen.

Mentre Auschwitz era un grande campo, geometricamente perfetto e ben organizzato dove vigeva ordine e c’era acqua anche per lavarsi, quello di Bergen-Belsen era privo di ordine, di sorveglianza, di cibo e di acqua. In questo luogo gli internati arrivavano, si sedevano per terra e aspettavano… di morire. Presto, le due sorelle furono impiegate nel lavoro. Dovevano staccare delle suole da scarpe vecchie e, in cambio, avevano un po’ di minestra e un pezzetto di pane. Poco dopo, però, le mani di Anne cominciarono a sanguinare e a infettarsi, quindi dovette smettere, mentre Margot resistette un po’ di più. Qualche giorno dopo scoppiarono violenti tempeste invernali e le tende si sfasciarono, crollarono e ci furono anche feriti; ovunque mucchi, persone, confusione e anche le sorelle Frank inizialmente furono date per disperse dalle compagne. Poi, però, le cose migliorarono e le due giovani furono trasferite nelle baracche. Verso la fine della stagione invernale, il campo fu colpito da un’epidemia di tifo petecchiale che cominciò a mietere migliaia di vittime; poco tempo dopo anche Anne e Margot si ammalarono. Non c’era quasi nulla da mangiare, solo un pochino d’acqua da bere. La prima a morire fu Margot che cadde sul pavimento dal tavolaccio che condividevano. Anne la seguì a breve distanza. I corpi ritrovati esanimi dalle compagne furono teneramente avvolti in una coperta e portati in una fossa comune.

Dunque, il 12 marzo 1945, nel campo di Bergen-Belsen, all’età di 15 anni, Anne morì di stenti e di tifo, portando con sé la gioia di vivere e la speranza di godere appieno della libertà e dell’amore.

Tuttavia, prima di ritrovarsi chiusa nell’alloggio segreto, la famiglia Frank vive una vita serena, fatta di quotidianità, ma anche di spensieratezza e di viaggi. Tutti gli eventi, piccoli o grandi vengono attestati dagli scatti fotografici di Otto Frank.

Quella di Otto per la fotografia è un’abile passione che ha permesso di corredare in modo accurato i racconti inerenti la sua famiglia almeno fino al 1942 quando essa è costretta a nascondersi.

Un rito borghese, il suo, che ritraeva momenti fondamentali che caratterizzavano l’essenza della vita familiare: nascite, compleanni, visite a parenti, vacanze. Le foto sono dunque un documento prezioso perché Otto non fece mai scatti banali. Esse celano anche i sogni di un’adolescente, Anne, che da inguaribile sognatrice ottimista, un po’ come tutti i suoi coetanei, si è posta un obiettivo: vivere e, soprattutto, vivere felice.

In questa foto scattata al mare, nella sterminata spiaggia di Zandvoort, nell’estate del 1938, il sole di luglio tenta di scaldare gli animi anche se i pensieri negativi e le preoccupazioni invadono la mente di Otto. Sebbene da una parte lui assista alle inquietanti mosse politiche del Führer che ha già annesso l’Austria e sta minacciando di invadere la Cecoslovacchia pretendendo il territorio dei Sudeti, dall’altra, continua a proteggere i suoi cari, provando a vivere una vita il più possibile serena e normale. La foto è enigmatica ma rappresentativa poiché Otto con la sua inseparabile Leica fa uno scatto che riprende Anne e Margot sulla sabbia umida, mentre sullo sfondo la gente raccoglie molluschi e conchiglie. Le sorelle vengono riprese di schiena con le spalle nude e inesperte; sopra il costume indossano un prendisole scozzese perfettamente uguale e alla moda. L’abito identico pare voglia diventare emblema di un destino uguale e immutabile.

Le loro ombre si allungano oblique sulla sabbia, entrambe guardano l’orizzonte lontano come se volgessero lo sguardo al futuro e noi che conosciamo fin quasi nei dettagli cosa ha riservato il destino per loro, guardiamo assieme a loro l’orizzonte infinito ma con uno struggente e immancabile nodo alla gola…

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