Il voto è una moneta di scambio. Il termine è di per sé equivoco, ma ha una stretta relazione con lo scambio, sia nel caso delle elezioni da cui, sempre, ci si aspetta un tornaconto personale o pubblico, sia in quello del voto a scuola, che si persegue per ottenere qualcosa dai genitori che lo mettono al centro dell’apprendimento; infine il voto è una moneta di scambio che si propone a un Dio commerciante per ottenere qualcosa.

Quest’ultima forma di baratto ha trovato tante strade, tra cui la mia preferita è quella del voto di silenzio, forse perché è l’unico di cui beneficiano gli altri, quelli che per un po’ saranno dispensati dal sentire inutili chiacchiere.

Il voto di silenzio è comune e diffusa pratica dei monasteri, luoghi che spesso, perché situati in splendide ambientazioni naturali, invitano al silenzio per entrare in contatto con il divino attraverso i rumori puliti della natura.

Il silenzio è predisposizione all’ascolto ma è anche, come direbbero i teorici della comunicazione di Palo alto, un comportamento comunicativo. È un atto deliberato che trasmette l’intenzione di non voler comunicare e proprio per questo comunica.

Il silenzio comunica, ma cosa? Quando sono a casa da solo il silenzio è lo spazio della riflessione, ma non è un silenzio assoluto, è l’assenza di parole pronunciate che, eliminando ogni interferenza, permette alle parole del pensiero di fluire liberamente da associazione in associazione, di costruire collegamenti altrimenti impossibili.

Il silenzio è quello che attraverso nelle mie passeggiate lungo il mare, cadenzato dallo sciabordio delle onde, ma fluido e libero come esse quando si infrangono negli scogli.

È indispensabile farsi circondare dal silenzio e forse per questo penso che il voto del silenzio sia il più furbo dei fioretti che si possano offrire al Signore e l’unico ad avere senso. È il più furbo dei fioretti perché è un finto sacrificio, ti permette di non esprimerti nelle situazioni complicate in cui puoi imbatterti, ti dispensa dal giustificare i tuoi errori, dal chiedere scusa, dal dare ordini, dallo spettegolare e dal recitare tormentose litanie di preghiera. Hai fatto voto di silenzio e se questo è un fatto comune nel convento, per un breve periodo si evitano liti, discussioni, polemiche. Tutto si muove in ordinato silenzio.

Oggi, fuori dal convento, auto imporsi il silenzio sarebbe una salvezza, invece ci sentiamo obbligati a dire tutto su tutto, ad avere opinioni, ad esprimerci. È poi assurdo che talvolta ci esprimiamo contro la libertà di espressione, a favore di personaggi che controllano la comunicazione e che la abusano farcendola di menzogne. Perché se una persona deve dire falsità è meglio che stia zitta, che parli solamente nei contesti che è in grado di comprendere, per il resto voto di silenzio. Voto di silenzio che dovremmo fare tutti i santi giorni, silenzio anche digitale, non dire niente, non rispondere, non costruire comunicazioni intellegibili agli altri. Non pronunciarsi.

Io voto per il silenzio infine e dunque, perché è nel silenzio che risuonano più forti le balordaggini, è nel silenzio che si riesce a distinguerle e a smascherale. Zitti, ma in movimento. Silenziosi davanti a chi urla, ai prepotenti, in modo da farli apparire nudi nella loro follia.

Io voto per il silenzio, perché diventi contagioso e zittisca gli ordini di chi vuole fare guerra per profitto, e i “sissignore” di chi obbedisce per servilistico tornaconto.

Io non ti parlo e te lo comunico. Io sto in silenzio, in modo che tu, senza interlocutore, ti senta perso, o forse che tu possa ascoltare la tua voce, le tue parole, e possa vergognartene. Sto in silenzio per umiliarti, perché non sei degno di risposta, io voto il silenzio per dirti basta!

Io voto per il silenzio, faccio voto di silenzio, sto zitto, ma non scappo.

Sto in silenzio davanti a te, come Mosè davanti a Michelangelo, una statua di marmo muta, ma pienamente comunicativa.

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