Mani affusolate, illuminate dal rosso vermiglio, danzano nell’aria, tracciando figure eleganti e misteriose. Sono le mani di Nādaśṛī Malan, ballerina e insegnante di Bharatanatyam, la danza classica tipica dell’India meridionale; mani e movenze che catturano lo sguardo e l’anima. In ogni movimento un racconto prende vita, in ogni dito vibra un’emozione. Il Bharatanatyam è un linguaggio del corpo dove le mani non solo si muovono, ma parlano, narrano storie antiche e sentimenti universali. Ma cosa celano realmente questi gesti fluidi e precisi? In questo viaggio alla scoperta della simbologia, della tecnica e dell’espressività del Bharatanatyam, incontriamo Nādaśṛī Malan per svelare il significato profondo dei mudra, i gesti delle mani che danno voce a questa affascinante danza.

Il percorso di Nādaśṛī nel mondo del Bharatanatyam inizia quasi per caso, come spesso accade con le grandi passioni. “Ho cominciato a 12 anni, in Italia, e da allora non ho più smesso.” Ma è durante i suoi soggiorni in India che la sua comprensione e il suo legame con quest’arte si fanno più profondi. “Crescendo sono andata in India e lì il mio percorso ha preso una svolta.” Nādaśṛī sottolinea come la vera essenza del Bharatanatyam vada ben oltre la mera esecuzione tecnica. “Ovviamente è molto importante utilizzare le mani, i piedi, le posizioni, nel modo giusto, ma non è tutto lì. Dietro c’è tutta una storia, ci sono tanti racconti, c’è una gestualità che fa parte proprio della loro cultura e, quindi, soltanto vivendo lì, a contatto con quel mondo se ne può acquisire padronanza.” Dal 2004, l’India diventa una presenza costante nella vita di Nādaśṛī. “Dal 2004 ci sono andata tutti gli anni per alcuni mesi all’anno fino a decidere di restarvi in pianta stabile. Gli ultimi sei anni li ho passati lì, insegnando la danza Bharatanatyam.” Un’immersione totale che le ha permesso non solo di perfezionare la sua tecnica, ma anche di interiorizzare la ricchezza culturale e spirituale che anima questa danza millenaria, tanto da diventare lei stessa un punto di riferimento per studenti indiani e stranieri.

Ma qual è il ruolo specifico delle mani in questa forma d’arte così espressiva? “Il linguaggio delle mani ha un ruolo fondamentale nella danza classica Bharatanatyam, perché è principalmente attraverso le mani che si esprimono situazioni ed emozioni.” Nādaśṛī spiega con passione come le mani diventino un linguaggio codificato. “Sono un vero e proprio linguaggio; è un linguaggio codificato nel quale, se si conoscono le lettere dell’alfabeto, si possono costruire le parole e da queste parole si possono poi trasmettere dei messaggi.”

Consapevole della distanza culturale tra l’India e l’Occidente, Nādaśṛī si impegna a rendere questo linguaggio accessibile anche agli studenti stranieri. “Quando io danzo ci tengo sempre a spiegare, ovvero a tradurre il linguaggio delle mani nella danza classica indiana nel nostro linguaggio di occidentali, affinché ci sia una comprensione più profonda, altrimenti c’è un vero e proprio scoglio linguistico.” Prima di ogni esibizione, dedica tempo a svelare il significato dei gesti, permettendo al pubblico di andare oltre la bellezza estetica del movimento.

L’importanza delle mani è ulteriormente sottolineata dalla tradizione di dipingerle di rosso, così come i piedi. “Le mani si dipingono sempre: si dipingono di rosso le punte delle dita, le prime falangi, e anche il centro della mano e i piedi, proprio per enfatizzare questo linguaggio, affinché anche il pubblico che viene ad assistere alle rappresentazioni, se magari è un po’ distante, può comunque riuscire a vedere per bene tutti i vari movimenti.” Inoltre, spiega Nādaśṛī, la tradizione si lega al fatto che le danzatrici nei templi, in passato, erano considerate le spose delle divinità e, per tale ragione, al pari delle spose indiane nel giorno delle nozze, si dipingono mani e piedi come augurio di futura felicità matrimoniale.

Il vocabolario di questo linguaggio manuale è vastissimo. “Ci sono tantissimi mudra, così vengono chiamate le posizioni simboliche delle mani, e ad ogni mudra corrisponde un significato ben preciso corredato, tuttavia, di diversi utilizzi.” Nādaśṛī introduce la distinzione tra i gesti a una mano sola (Asamyutahasta) e quelli a due mani (Samyutahasta). Prende come esempio pataka, il primo dei 28 mudra a una mano, che letteralmente significa “bandiera” ma che può esprimere concetti diversi come un fiume, una strada, il “me”, un invito, la pioggia o una spada. Allo stesso modo, gesti a due mani possono rappresentare un fiore di loto o una divinità seduta. Esistono poi mudra specifici per indicare particolari divinità come Shiva, Saraswati, Brahma o Vishnu.

“La cosa interessante secondo me di questi mudra è che, appunto, possono raccontare delle storie, perché la danza classica Bharatanatyam è danza ma anche teatro: ci sono delle narrazioni e, attraverso questo linguaggio, si può entrare più in profondità.” Attraverso i mudra si possono narrare episodi epici, descrivere paesaggi (“nella foresta sbocciano i fiori, il sole brilla nel cielo”) ed esprimere emozioni profonde (“ho visto Krishna e l’amore è sbocciato nel mio cuore, la sua forma era incantevole e io ho dimenticato me stessa”). Il linguaggio delle mani, tuttavia, non agisce isolatamente. “È vero che il linguaggio delle mani ha un ruolo fondamentale ma deve essere accompagnato anche dall’espressione del viso e del corpo.”

Nell’insegnamento, soprattutto con studenti occidentali, Nādaśṛī adotta un approccio graduale e mnemonico. “Ci sono degli shloka ovvero delle sequenze che si recitano in sanscrito.” Cita alcuni esempi come pataka, tripataka, ardhapataka… per i mudra a una mano e anjalischa, kapotascha, karkata per quelli a due mani. “Ogni mudra poi verrà utilizzato all’interno della danza. Quindi quando io insegno cerco di introdurre pochi mudra alla volta, di modo che si imparino per bene e non si faccia confusione.” La lezione diventa un momento di condivisione e pratica collettiva, con Nādaśṛī che mostra i gesti e gli studenti che li ripetono. L’apprendimento si arricchisce con la narrazione di storie e la creazione di piccoli “indovinelli” gestuali per stimolare la fantasia.

Nādaśṛī riflette sulle differenze nell’approccio all’apprendimento tra studenti indiani e stranieri. “Per gli occidentali è tutto nuovo, non hanno molta familiarità né con i gesti, né con il significato, né con la lingua, mentre gli indiani hanno più facilità, magari, a pronunciare le parole, i nomi dei mudra, però loro danno tutto per scontato.” Questa familiarità superficiale può paradossalmente nascondere una mancanza di consapevolezza profonda e per loro è una rivelazione scoprire i veri significati dietro i gesti.” Proprio questa sua prospettiva “esterna” ha permesso a Nādaśṛī di sviluppare un metodo di insegnamento più analitico e dettagliato, colmando lacune che spesso gli insegnanti indiani, immersi nella loro cultura, non percepiscono. Questa sua dedizione e competenza hanno superato anche lo scetticismo iniziale di alcune madri indiane, che ora la considerano un’insegnante preziosa per la trasmissione della loro eredità culturale.

Attraverso le mani di Nādaśṛī, il Bharatanatyam continua a incantare e a raccontare storie millenarie, superando i confini geografici e culturali. Ogni gesto è un verso di un poema danzato, un’emozione palpabile, un ponte tra culture. E in questo linguaggio universale delle mani, risiede la vera magia di

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5 commenti

  1. Ricordo Nādaśṛī Malan, una ventina di anni fa, danzare in riva al mare al tramonto. La osservavo affascinata e lei leggiadra si muoveva come una libellula mentre il sole colorava di tinte vermiglie il cielo e il mare. Lei ha continuato questa sua passione anche in India, e la vedevo ormai raramente. Da poco è tornata in quello che chiamiamo ” Il nostro paradiso” e dall’ India ha portato esperienze e questa passione per questa danza che è diventata il suo lavoro. Magnifica danzatrice di Bharatanatyam e bellissima donna.

    Grazie a Celestina Ianni’ per questo suo articolo così scorrevole e particolareggiato che mi ha permesso di scoprire notizie e particolari circa questa danza indiana che sprizza magia e spiritualità.

  2. Complimenti 👏 👏 👏 Celestina la riflessione molto interessante, questa nuova realtà per me sconosciuta .
    Il linguaggio del corpo è fondamentale espressione della comunicazione personale non verbalizzata .
    Quando ambedue i linguaggi verbale e corporeo
    sono corrispondenti diventa un vero punto cardine di massima espressione .

  3. Bel servizio, bella lezione sulla danza classica indiana, complimenti alla professoressa Ianni e alla maestra Nadasri.

  4. Grande Celestina, è una gioia immensa leggerti

  5. Complimenti per l’articolo: scritto in modo eccellente, chiaro e accurato ma mai eccessivamente elaborato. Una lettura piacevole, sciolta e stimolante che ha incuriosito l’approfondimento di un argomento a me oscuro, vincendo il mio scetticismo su tematiche di questo tipo.

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