
Nell’intricata danza dell’esistenza, ogni persona ha due volti. Una è quella che mostriamo al mondo: una maschera accuratamente modellata sulle aspettative e sulle norme sociali. L’altra, più autentica ma nascosta, è riservata a pochi… o a volte, nemmeno a noi stessi.
In questa fase di maschere in cui conviviamo quotidianamente, ci muoviamo con la maestria di un attore che interpreta il ruolo che ci si aspetta da noi. Trasmettiamo sicurezza, ostentiamo successi, condividiamo sorrisi studiati davanti allo specchio, modelliamo la nostra immagine con precisione. Ma cosa c’è dietro quella maschera? Quanto di ciò che mostriamo è reale e quanto è solo un riflesso di ciò che pensiamo che gli altri vogliano vedere?
Fin dall’infanzia, la società ci fornisce un copione che dobbiamo seguire alla lettera. Impariamo cosa è accettabile e cosa non lo è. Quali sfaccettature della nostra personalità possiamo mostrare e quali invece è meglio tenere nascoste. Ma dentro ognuno di noi vive un “io” più autentico. Lì risiedono le nostre passioni più profonde, le nostre paure più indicibili, le nostre speranze più oneste. Questa dualità genera una contraddizione interna. Il conflitto tra l’immagine che proiettiamo e chi siamo realmente può portare a insoddisfazione, distacco e persino dolore. È una battaglia silenziosa, combattuta nel profondo della nostra psiche, dove il bisogno di accettazione si scontra con il desiderio di autenticità.
I social media hanno ulteriormente ampliato questo divario. Ci è stata data l’opportunità di costruire una versione idealizzata di noi stessi, diventando curatori della nostra galleria d’arte. Modifichiamo la realtà finché non si adatta allo schema di ciò che è ammirevole e applaudito. Ma questa “maschera digitale”, seppur seducente, può rivelarsi una prigione che ci allontana dalla nostra vera identità, rafforzando la sensazione di vuoto.
E poi sorge la domanda che richiede molto tempo: come trovare l’equilibrio? Come spezzare le catene dell’apparenza e avvicinarci alla nostra essenza? La ricerca dell’autenticità diventa un desiderio vitale. Trovare spazi in cui possiamo essere noi stessi senza paura di essere giudicati è più di un lusso: è un atto di RESISTENZA.
La stessa cosa accade con le città. Quelli che, per quanto ci promuovano come “terra promessa” attraverso il turismo su Facebook e Instagram, nascondono sempre la loro realtà nel profondo dei loro quartieri. Come una maschera di Pulcinella, che mostra un sorriso ambiguo mentre nasconde ciò che realmente accade dietro. Perché, in fondo, è solo quando ci permettiamo di essere autentici che smettiamo di essere attori su un palcoscenico straniero, in una città partenopea o in un’altra, e diventiamo, finalmente, protagonisti della nostra storia.